Del cantar leggeroChe bello ascoltare Lucio Battisti in streaming, peccato manchi ancora il Battisti migliore

Le canzoni scritte con Mogol sono la grande colonna sonora nazional-popolare. Quelle con Panella, sperimentali e spiazzanti, sono il pasto raffinato di chi non si accontenta

da Wikimedia Commons

Non sarà la gioia della vita, ma di sicuro aiuta a risolvere una giornata uggiosa. Ascoltare in streaming gli album di Lucio Battisti, adesso – dopo una lunga e complicata vicenda di diritti – è possibile. L’Editore Acqua Azzurra ha affidato alla Siae il compito di curare la gestione dei diritti delle sue canzoni online, rendendo di fatto disponibili gli album scritti da Battisti insieme a Mogol. Solo quelli, però: cioè gli anni del decennio nazional-popolare (1970-1980) che per la stragrande maggioranza degli italiani arrivano a rappresentare, se non a esaurire, l’opera di Battisti.

Non è così: finito il sodalizio con Mogol nel 1980 (“chissà che sarà di noi”, si chiedeva in Con il nastro rosa), il cantante di Poggio Bustone ha proseguito la sua solitaria ricerca musicale, imboccando le vie della sperimentazione elettronica. Prima con un album scritto con la moglie, (E già, 1982) poi collaborando con Adriano Pappalardo a Immersione e Oh! Era ora, e infine, grazie proprio a questa ultima produzione, ritrovandosi nelle braccia di Pasquale Panella, nuovo paroliere, con cui pubblicherà cinque album, uno ogni due anni: Don Giovanni nel 1986, L’Apparenza nel 1988, La sposa occidentale nel 1990. E ancora: Cosa succederà alla ragazza 1992 e infine Hegel, 1994.

È tutto un mondo rimosso dalle schitarrate in spiaggia: va oltre le calzette rosse, i carretti di gelati, le motociclette 10 Hp, il tempo di morire (o di vivere, con te). Gli album fatti con Panella conoscono un percorso compositivo diverso, nei modi e nelle forme: prima viene la musica in cui «in cui il romanticismo di un tempo viene messo sotto vuoto e congelato» come diceva Edmondo Berselli in Canzoni. Storie dell’Italia leggera. Poi c’è il testo, cioè i testi: spiazzanti, illogici o a-logici o – sempre per citare Berselli – «plutonici», in cui, giusto per fare un esempio, la donna non è «né amica né amante né sposa, ma “dolcezza e liturgia, orgetta e leccornia”». Un altro pianeta, gelido erudito e distante dalle quelle emozioni che facevano singhiozzare gli italiani negli anni ’70, o li spingevano ad abbracciarsi.

Il miracolo della musica di Battisti è che ha continuato a evolversi per una quantità di tempo incredibile, più di ogni altro musicista


Mattia Feltri

Ma la complessità non spaventa: (anzi, viene apprezzata) gli estimatori di questo secondo periodo sono tanti. Uno è Filippo Sensi, ex portavoce del Presidente del Consiglio, ora deputato per il Partito Democratico. Interrogato sul merito non ha esitazione: «Preferisco in genere i frutti tardivi», cosa ancora più vera se si osserva la maniacalità del percorso musicale di Battisti: mai contento, sempre interessato a cercare forme nuove ed espressività più sue. «La collaborazione con Panella è stata un unicum nella storia della musica italiana», paragonabile forse solo a quella «tra Franco Battiato e Manlio Sgalambro».

Un altro è Mattia Feltri, editorialista della Stampa, anche lui fervido ammiratore degli ultimi dischi di Battisti. Per due ragioni, la numero uno è che «non esiste una cesura nella sua musica che individua una fase 1 o una fase 2, come se ci fosse un prima o un dopo Cristo. Si evolve. E il miracolo è che ha continuato a evolversi per una quantità di tempo incredibile, che supera ogni altro musicista».

La numero due «è che la musica di Battisti non si parla con le parole di Panella. È tutto il contrario rispetto al sodalizio di Mogol, che rimaneva all’interno del quadro di una tradizione definita. Qui, al contrario, ognuno fa quello che preferisce, scrive e pensa per ottenere dal proprio punto di vista, il massimo. E ci riescono. Musica e parole funzionano benissimo anche da sole ma, se unite, rendono migliore, non peggiore, l’insieme». Risultato, «ogni volta che si riascoltano queste canzoni si intravedono sfumature nuove, nascono intuizioni, si fanno interpretazioni sempre diverse». Sono parole libere su una musicalità elettronica raffinatissima. Che, quando uscì la prima volta, frastornò gli ascoltatori.

Oggi, però, a quasi 40 anni di distanza, di ascolto, di progresso e di «mitridatizzazione» (citazione – ancora – da Berselli), appare una ovvietà. Ma soltanto in questo.

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