Le munizioniA Malta ci sono schiavi nordcoreani e il governo finge di non saperlo

Nell’antologia degli scritti della giornalista maltese uccisa nel 2017, curata da Roberto Saviano per Bompiani, si trovano gli articoli più scottanti, che le hanno attirato l’odio dei criminali dell’isola, ma anche discussioni più solari su cucina e giardinaggio

Matthew Mirabelli / AFP

Un’altra medaglia al valore per la Malta di Muscat: inserita nella lista dei Paesi che sfruttano la manodopera nordcoreana in condizioni di schiavitù

Running Commentary, 4 settembre 2016, ore 10.59

La relazione strategica del Dipartimento di stato americano per il senato degli Stati Uniti e per la camera dei rappresentanti ha classificato Malta come un paese che usa manodopera nordcoreana in condizioni di schiavitù.

L’albo d’oro completo delle nazioni del mondo intero che hanno preso accordi con il regime dittatoriale per importare operai schiavizzati dalla Corea del Nord è esattamente come ce lo aspetteremmo: Angola, Birmania, Cambogia, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, Indonesia, Kuwait, Laos, Polonia, Malesia, Malta, Mongolia, Mozambico, Namibia, Nepal, Nigeria, Qatar, Russia, Senegal, Singapore, Tailandia, ed Emirati Arabi Uniti.

Perché mi aspetto di trovarci la Polonia? Be’, il candidato che hanno proposto per la Corte dei conti europea, che è stato intervistato proprio prima del nostro Toni Abela, era un ex giudice dell’era sovietica attivo nei tribunali irregolari dell’urss. Non ce l’ha fatta nemmeno lui. E per quanto riguarda gli altri paesi della lista… be’.

Malta ha cominciato a rilasciare visti per gli schiavi nordcoreani nel 2013, dopo l’elezione al governo del partito di Muscat. Lavorano nel campo dell’edilizia e nella fabbrica di vestiti Leisure Clothing, di proprietà del governo cinese. La vicenda in realtà è venuta a galla solo quando è esploso lo scandalo della schiavitù sotto contratto della Leisure Clothing, ormai quasi due anni fa, quando al Malta Independent fu concesso di intervistare gli operai all’interno della fabbrica per quello che la direzione della Leisure Clothing sperava fosse un colloquio per le pubbliche relazioni. Ma poiché l’intervista fu organizzata da Adrian Grech Cumbo, un uomo di un’ignoranza irrecuperabile, che con tutta probabilità non ha idea di cosa succeda in Corea del Nord, uno dei “lavoratori felici” selezionati per il colloquio fu una giovane donna che, alla domanda sul suo paese di origine, rispose spensierata: “Corea del Nord.”

Da quel momento in avanti si attivarono tutti gli organi di controllo, eccezion fatta ovviamente per la polizia. Lo scandalo fu seguito anche dai giornali maltesi, ripreso dalla stampa internazionale, esaminato nel parlamento di Malta, riproposto al parlamento europeo nel febbraio di quest’anno, e qualche mese fa è diventato il soggetto di uno dei più discussi documentari della televisione nazionale tedesca.

La Corea del Nord è stata tagliata fuori dal commercio mondiale e ha trovato un modo creativo e ripugnante per acquisire valuta estera: esportare in paesi corrotti i suoi cittadini come schiavi e sequestrare i loro guadagni. L’articolo che segue spiega come e perché questo accade.

da Dì la verità anche se la tua voce trema, di Daphne Caruana Galizia (raccolta), Bompiani (2019)

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