Contrariamente alle tante pubbliche rivendicazioni di laicità, la verità è che in Italia non c’è nulla che appassioni gli intellettuali progressisti quanto le discussioni sull’anima: in cosa consista esattamente l’anima della sinistra, quando questo o quel partito l’abbia perduta, se e come la possa eventualmente ritrovare. Non c’è facoltà di teologia, scuola di catechismo o collegio cardinalizio che abbia passato tanto tempo a rompersi la testa intorno a simili interrogativi, almeno dai tempi della scolastica. Ed essendo oggi gran parte dei suddetti intellettuali più o meno apertamente grillini, o comunque molto simpatizzanti, è naturale e persino giusto che tali dibattiti, da qualche tempo in qua, vedano al centro il Movimento 5 stelle. Non per niente la domanda che dopo ogni rovescio elettorale torna ad angosciare i commentatori di tutti i principali quotidiani e talk show è sempre quella: se i cinquestelle abbiano o meno perduto l’anima, la purezza, lo spirito originario del movimento. Non trattandosi di un giallo – e comunque, di sicuro, non di un giallo che varrebbe la pena leggere – posso anticipare subito la risposta: no.
Al contrario. Giusto in questi ultimi due mesi si sta realizzando pienamente proprio il progetto originario, il fine ultimo che il fondatore, Beppe Grillo, ha più volte indicato ai suoi fedeli: quello di un Movimento destinato a «biodegradarsi», ma solo dopo avere «fertilizzato» con le sue idee l’intero campo politico. Un movimento destinato dunque a scomparire non perché sopraffatto dagli altri, ma per il motivo diametralmente opposto.
Persino la concorrenza del partito di Giorgia Meloni rappresenta solo uno spin-off di quello stesso copione che Matteo Salvini ha ripreso pari pari dai cinquestelle
Ebbene, guardiamoci intorno. Da una parte c’è un centrodestra salviniano. Anzi, si potrebbe dire, un centrodestra ormai completamente salvinizzato, dove persino la concorrenza del partito di Giorgia Meloni rappresenta solo uno spin-off, una variazione sul tema, un’interpretazione ulteriormente estremizzata di quello stesso copione che Matteo Salvini ha ripreso pari pari dai cinquestelle. Nel merito, con l’attacco frontale al governo Monti prima e ai governi del Pd poi, e in particolare, ovviamente, al nemico numero uno, Matteo Renzi. Guerra totale senza possibilità di compromesso e nemmeno di interlocuzione, da posizioni esplicitamente antieuropeiste e filoputiniane, no euro, no vax, no tav (soltanto dopo, su questo o quel punto, una volta imparato l’essenziale, l’allievo si è preso qualche libertà dai maestri). Contro l’austerità, le banche, la riforma Fornero. Contro i migranti e le Ong giudicate «taxi del mare» (copyright Luigi Di Maio). Ma più ancora del merito, è al metodo che bisogna guardare per capire il fenomeno: una perfetta sovrapposizione culturale e perfino lessicale, di cui la trasmissione dell’ex leghista poi grillino Gianluigi Paragone, la Gabbia, ha rappresentato il crogiuolo ideologico e la scuola quadri. Da lì sono usciti fior di economisti, parlamentari ed eurodeputati della Lega, da Antonio Rinaldi a Claudio Borghi, per stare solo ai nomi più noti. Da lì è venuta la prima diffusione su una televisione nazionale delle teorie della cospirazione sul cosiddetto piano Kalergi, una bufala di chiarissimo stampo antisemita incentrata sull’idea della «sostituzione etnica» dei popoli europei, alla base di tutte le campagne di demonizzazione contro George Soros nel mondo, e contro Laura Boldrini in Italia. In breve: l’intero armamentario troll-ideologico passato, per estremizzazioni successive, dal Movimento 5 stelle alla Lega e dalla Lega a Fratelli d’Italia.
E ancora: che cos’è la famigerata Bestia di Luca Morisi, se non un calco puro e semplice del modello politico-comunicativo della Casaleggio Associati?
Quello che fino a un anno fa suscitava inchieste giudiziarie e interrogazioni parlamentari, indignazione e dibattiti infuocati, è già diventato normale, prassi condivisa, comune al cento per cento delle forze politiche presenti in Parlamento
Dopo avere così abbondantemente fertilizzato delle proprie idee il campo del centrodestra, il Movimento 5 stelle è passato dunque all’altra metà del sistema. Ed è qui che, proprio negli ultimi due mesi, il cerchio si è chiuso. Per darne dimostrazione basterebbe l’elenco dei provvedimenti del governo gialloverde ripresi, rivotati e riconfermati dall’intero centrosinistra. Per stare solo agli esempi più evidenti: decreti sicurezza, taglio dei parlamentari, reddito di cittadinanza, quota cento, riforma della prescrizione, manette agli evasori. Esempi a cui si potrebbero aggiungere casi incresciosi al limite della violazione di copyright (l’app «Tu vali tu» per il militante Pd) ed episodi ancor più incresciosi, al limite della violazione della Costituzione, come l’accordo con tanto di penale sul modello Casaleggio tra Pd e candidati umbri che si impegnavano a non cambiare gruppo (vedi alla voce «vincolo di mandato»). Ma la dimostrazione più lampante della tesi appena esposta è il semplice fatto che la Ocean Viking, con i suoi cento naufraghi, tra i quali diversi bambini e donne incinte, sia stata tenuta più di dieci giorni a largo. Uno o due giorni in più di quanto – in media – era solito fare Matteo Salvini. In altre parole, quello che fino a un anno fa suscitava inchieste giudiziarie e interrogazioni parlamentari, indignazione e dibattiti infuocati, è già diventato normale, prassi condivisa, comune al cento per cento delle forze politiche presenti in Parlamento. A testimoniare il più gigantesco e brutale spostamento a destra dell’intero spettro politico dal 1945 a oggi.
Resterebbe solo da capire come tutto questo sia conciliabile con l’idea, ossessivamente ripetuta dagli intellettuali progressisti di cui sopra, secondo cui la vera anima dei cinquestelle sarebbe di sinistra (e proprio per questo l’abbraccio Pd-Cinquestelle una sorta di nuova rivoluzione d’ottobre). La soluzione dell’enigma è piuttosto semplice, ma bisogna rovesciare il nesso di causa-effetto. Se infatti la gran parte dell’intellettualità italiana – storici, sociologi, giornalisti, cabarettisti, registi, attori, scrittori, cantanti, conduttori televisivi e cuochi socialmente impegnati – non ragionasse così da anni, il problema dell’egemonia grillina sull’intera politica italiana non si sarebbe mai presentato.