È iniziato il gioco dello scaricabarile sulla Brexit e per ora Boris Johnson sta perdendo. Si è rivelato un flop il tentativo del premier inglese di dare la colpa ad Angela Merkel per il mancato accordo sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Ieri mattina alcune fonti anonime provenienti dal numero 10 di Downing Street hanno inviato ai giornali inglesi delle indiscrezioni sul contenuto della telefonata tra Bojo e la cancelliera tedesca. Secondo la velina sovranista, Merkel avrebbe detto al premier che non ci sarà mai un accordo tra Londra e Bruxelles a meno che l’Irlanda del Nord non resti «per sempre» all’interno dell’unione doganale europea. Letta così, sembrava un giro a 180 gradi della posizione politica della cancelliera. Finora lei e i suoi alleati Ue hanno chiesto di rispettare la clausola del backstop che eviterebbe di riportare le dogane e i controlli nel confine tra Irlanda e Irlanda del Nord nel caso di un mancato accordo. Messa così, Merkel avrebbe posto un duro ultimatum tra una Brexit senza accordo o la permanenza di Londra nell’Ue, per sempre. Una posizione inaccettabile per il governo inglese. Sembrava il casus belli perfetto per titillare il sovranismo degli inglesi e giustificare un’uscita senza accordo e invece molti analisti hanno fiutato l’odor di propaganda nell’indiscrezione di Downing Street.
Basta aver visto due interviste di Angela Merkel per capire che il suo mantra politico è da sempre la prudenza. Ha costruito una carriera politica sulla capacità di temporeggiare durante le trattative. Sulla Brexit non ha mai forzato, cercando sempre in pubblico di mediare alle posizioni intrasnigenti di Londra. Che la regina dell’equilibrio politico si fosse trasformata in una piazzista alla Trump è sembrata a molti una favola sovranista. Perché adottare una posizione così dura negli stessi momenti in cui il capo negoziatore per il governo inglese David Frost in un grigio ufficio del Palazzo Berlaymont a Bruxelles stava cercando di chiudere un accordo con il suo omologo Michel Barnier della Commissione europea?
Ecco perché subito dopo un incontro veloce con Merkel, Donald Tusk, il presidente del Consiglio europeo, l’organo che riunisce i 28 leader Ue, ha smascherato Johnson con un tweet: «Qui in gioco non c’è uno stupido gioco della colpa. Non vuoi un accordo, non vuoi un’estensione, non vuoi revocare la Brexit, quo vadis?». Uno schiaffo social impensabile da un politico abituato a mediare con i capi di governo. Ma a Brexit estrema, estremi rimedi. Non c’entra niente il Quo Vado? di Checco Zalone. Tusk si riferisce al film premio Oscar del 1951, tratto dall’omonimo libro del polacco, non a caso, Henryk Sienkiewicz, scritto nel 1895, ambientato nella Roma che brucia per colpa del tiranno Nerone. Lasciamo a voi eventuali paragoni.
Che la regina dell’equilibrio politico Merkel si fosse trasformata in una piazzista alla Trump è sembrata a molti una favola sovranista
Dietro al goffo tentativo di Downing Street c’è lo spin doctor di Boris Johnson: Dominic Cummings. Parliamo dello stratega della campagna per il Leave al referendum sulla Brexit che aveva ideato la fake news impressa a caratteri cubitali in un bus a due piani in cui si prometteva in caso di addio che il Regno Unito avrebbe speso per il servizio sanitario nazionale i 350 milioni di sterline versati ogni settimana da Londra a Bruxelles. L’obiettivo di Cummings era quello di mostrare Merkel intransigente per rompere il fronte europeo. Basta un solo veto di uno dei 27 Stati Ue per impedire l’estensione della scadenza del 31 ottobre e far uscire Londra senza accordo. Da mesi sottotraccia Johnson lavora a degli incontri bilaterali per offrire accordi commerciali vantaggiosi agli Stati che decidano di aiutarlo. Ma finora il fronte è rimasto unito e dopo questa mossa, rischia per Londra di cementarsi ancor di più. Non è il primo boomerang politico innescato da Cummings. Qualche settimana fa aveva consigliato Johnson di sospendere il Parlamento inglese, salvo poi innescare proteste di piazza contro la mossa considerata tirannica e la decisione della Corte Suprema di considerare illegittimo uno stop così lungo. Non è un caso che da settimane il brexiteer più agguerrito Nigel Farage chieda a Johnson di liberarsi del suo consigliere politico.
E ora? La mossa azzardata di Johnson chiude qualsiasi possibilità di trovare un accordo durante il Consiglio europeo del 17 ottobre, in cui il premier sperava di mettere gli Stati con le spalle al muro per ottenere condizioni favorevoli. Da Lisbona a Berlino, tutti i leader hanno capito che l’obiettivo di BoJo è sempre stato quello di uscire senza un accordo e dare la colpa all’Unione europea. L’unico modo per trovare un nemico a cui intestare tutte le conseguenze negative che potrebbero succedere all’economia inglese nei prossimi mesi. E pazienza se secondo l’Institute for Fiscal Studies la Brexit senza accordo fermerebbe la crescita del Paese per almeno due anni e farebbe aumentare il debito pubblico dall’80 al 90% del Pil. Cento miliardi di sterline di debito non si vedevano dagli anni Sessanta, proprio quando il Regno Unito in pieno declino chiese di entrare nell’Ue.