La scienza agli scienziatiIl gene editing casereccio dei biohacker rischia di creare un mucchio di guai

La CRISPR permette di tagliare qualsiasi DNA in qualunque punto e aggiungere materiale genetico. Purtroppo le sue applicazioni non si fermano nei centri di ricerca. In mani inesperte costituisce un pericolo bio/ecologico

Ordinano un kit su internet grazie al quale inseririscono linee di codice nel DNA di animali e persone. Tutto nel garage di casa. Le immagini sono trasmesse su Netflix ma non sono tratte da una fiction. Girato in America, il documentario “Selezione in-naturale” racconta l’evoluzione di una moda pericolosa, condotta da una comunità di Biohacker in rotta di collisione con il monopolio delle case farmaceutiche, ma anche con le implicazioni etiche, ecologiche e legali cui va incontro.

Attraverso l’uso di una proteina, la CRISPR permette di tagliare qualsiasi DNA in qualunque punto e aggiungere materiale genetico. Purtroppo le sue applicazioni non si fermano nei centri di ricerca. In questo caso sfociano in un delirio casalingo. Profani della scienza, con una conoscenza di mutazioni genomiche da tutorial su Youtube, salvo rari casi, questi piccoli chimici inseguono i propri sogni: creare una razza di cani fluorescenti, curare qualunque ceppo dell’HIV somministrando DNA modificato a un ragazzo sieropositivo e caratterialmente fragile che faccia da cavia, farsi crescere i muscoli senza faticare.

Non sono sottoposti a nessun comitato etico, sminuiscono le possibili conseguenze del proprio operato e rimangono accecati dall’odio contro la sperequazione economica dell’accesso alle cure

Non sono sottoposti a nessun comitato etico, sminuiscono le possibili conseguenze del proprio operato e rimangono accecati dall’odio contro la sperequazione economica dell’accesso alle cure. I Biohacker in questione si propongono di generarne di nuove, avvalendosi di uno strumento non meno pericoloso che potente come il CRISPR.

«È vero che l’editing genomico è incredibilmente efficiente e possiede infinite applicazioni» come il trattamento di malattie fino a poco tempo fa incurabili. «Ma l’utilizzo di queste tecniche per modificare le cellule germinali di mammiferi, come nel caso del gene drive, garantendo così un effetto su tutta la discendenza, può rivelarsi pericoloso se non viene condotto da scienziati veri e propri». A parlare è Valeria Poli, Presidente della Società Italiana di Biofisica e Biologia Molecolare, rappresentante della FISV, Federazione Italiana Scienze della Vita, che mette insieme più di 15 società scientifiche e 7mila aderenti.

La mutazione derivante dal gene drive non sarebbe esente da rischi, visto che «non sappiamo gli effetti sull’ecosistema. Il rischio è creare più problemi di quelli che potremmo risolvere

Il gene drive viene spesso proposto per debellare alcune malattie, come la malaria. Infatti permetterebbe di estinguere, nel giro di alcune generazioni, un’intera specie, in questo caso le zanzare. Per quanto suggestiva, la mutazione non sarebbe esente da rischi, visto che «non sappiamo gli effetti sull’ecosistema. Il rischio è creare più problemi di quelli che potremmo risolvere». Un’assicurazione potrebbe essere quella di «mantenere una comunità di zanzare nelle gabbie nei centri di ricerca, dimodoché possano essere rilasciate» nel caso la loro scomparsa comporti scompensi ecologici.

La buona notizia è che il 29 luglio 2019 è passata «la prima legge americana che proibisce alle compagnie di vendere su internet i kit CRISPR per la modificazione del genoma umano, ma non vieta la vendita di quelli per gli animali». Una legge in un solo Paese non basta. Servirebbe «una regolamentazione internazionale che dica che qualsiasi di queste pratiche, fatte senza permessi, costituisce reato. Alcuni dei più famosi scienziati del mondo hanno avanzato la richiesta di una moratoria, in modo che si possa riunire una commissione di genetisti, bioeticisti e politici che fornisca delle linee guida» continua l’esperta.

La partita si gioca su una linea molto sottile: «Il problema che attanaglia noi scienziati è questo – conclude Valeria Poli – da una parte vogliamo incentivare lo sviluppo del CRISPR, che costituisce un potenziale enorme, ma allo stesso tempo vogliamo proibire il suo esercizio in sedi non idonee. Ma il rischio è che si vieti tutto».

Ancora una volta, un movimento nato dal basso che vorrebbe scalzare le istituzioni, senza condividerne le competenze e la cautele, rischia di vanificare il lavoro dei professionisti.

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