La giovane deputata del Bronx Alexandria Ocasio-Cortez ha deciso di sostenere alle elezioni presidenziali americane il candidato democratico, in realtà socialista, Bernie Sanders, saldando politicamente le nuove istanze della generazione millennial con le polverose ed elitarie battaglie ideologiche di vecchi arnesi come il senatore del Vermont. La domanda da farsi è se l’endorsement di AOC a Sanders sia il segnale di una nuova direzione che sta prendendo la sinistra americana, ma anche, come già successo con il clintonismo negli anni Novanta, se questa scelta possa avere un effetto oltre i confini americani e quindi anche da noi.
La risposta alla prima domanda è sì, anche perché l’avversario di Sanders alle primarie è Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts che sebbene non sia una socialista come il collega del Vermont, è comunque impegnata in difesa dei consumatori e contro lo strapotere delle corporation.
Anche la risposta alla seconda domanda è affermativa, ma a patto che questa nuova direzione della sinistra americana non venga fraintesa. La questione è semplice: la sinistra radicale americana chiede a gran voce una «rivoluzione politica» per ottenere quello che in Europa occidentale c’è da oltre mezzo secolo grazie a un modello socialdemocratico, cattolico e di sinistra, paradossalmente sostenuto proprio dagli americani, i quali mentre lo negavano in patria garantivano la sicurezza e il commercio internazionale dell’Europa, lasciando liberi gli alleati continentali di investire il denaro pubblico nel welfare (sanità, scuola e pensioni) anziché nella difesa.
Per una sinistra contemporanea è decisamente più interessante la direzione programmatica indicata da Elizabeth Warren
A Guerra fredda terminata da trent’anni, per molti americani oggi non è più sostenibile un sistema che non assicura una copertura sanitaria universale, un’università alla portata di tutti, un’aspettativa retribuita in caso di malattia e di maternità e un regime di minimo salariale. La Ocasio-Cortez è molto efficace quando dice che la rivoluzione politica di cui parlano lei e Sanders è volta a ottenere «una società che garantisca i diritti umani economici del ventunesimo secolo, cioè un tenore di vita universale, garantito e avanzato, senza condizioni, senza se e senza ma, non importa chi sei, da dove vieni, in che ambiente sei nato», perché non si può lavorare dodici ore al giorno guadagnando meno del necessario per vivere, dichiarare bancarotta in caso di malattia e indebitarsi fino al collo per prendere un diploma.
Negli Stati Uniti, in effetti, questo è un programma rivoluzionario, ma con l’ottica europea e italiana la rivoluzione di AOC e Sanders non è niente di più di quello che è stato codificato nei nostri ordinamenti alcuni decenni orsono. Certo c’è da perferzionare, da migliorare, da garantire maggiormente, ma la sinistra italiana non può prendere a modello un progetto politico che si prefigge di ottenere conquiste sociali che abbiamo già. Certo è sempre meglio che accodarsi al becero populismo a cinque stelle, fatto di più galera per tutti e di reddito universale di nullafacenza, ma per una sinistra contemporanea è decisamente più interessante la direzione programmatica indicata da Elizabeth Warren, ovvero battersi per scorporare i monopoli delle grandi corporation digitali, spezzare le posizioni dominanti che alterano le dinamiche di mercato, liberare la concorrenza, favorire l’innovazione e, in ottica redistributiva e di miglioramento del welfare, far pagare le tasse alle piattaforme che eludono le imposte fiscali dovute alla collettività perché il loro business è considerato immateriale e quindi non circoscrivibile in un territorio nazionale. È un business perfettamente circoscrivibile, invece, perché i ricavi provenienti da un servizio Amazon, Facebook, Google, Deliveroo, offerto sul territorio italiano o francese o tedesco devono essere tassati sul territorio italiano o francese o tedesco. Poco o tanto che sarà quel gettito, saranno comunque risorse che servono a evitare tagli, migliorare i servizi e diminuire le imposte sui cittadini. Una battaglia di sinistra, insomma.