Gli Stati Uniti tra i Paesi con il più alto numero di bambini privati della libertà, di cui più di 100mila sono minori migranti detenuti, tra quelli non accompagnati, separati dalle famiglie o in custodia con i genitori. Una pratica che, peraltro, viola la legge internazionale. È un report ONU, compilato dal professore di Diritto internazionale all’Università di Vienna Manfred Nowak e diffuso lunedì, a riaccendere i riflettori sulle conseguenze delle politiche di “tolleranza zero” imposte dal presidente Donald Trump in materia di immigrazione. E i dati parlano chiaro: considerando che nel mondo sono 330mila i minori trattenuti nei centri di detenzione per migranti, da soli gli Stati Uniti contribuiscono per circa un terzo a questo dato.
Secondo lo studio ONU, la privazione della libertà dei bambini dovrebbe essere considerata una extrema ratio, da attuarsi in mancanza di misure alternative e per il minor tempo possibile. Anche perché, ha puntualizzato Nowak in conferenza stampa, separare i bambini dai propri genitori, «come viene fatto dall’amministrazione Trump al confine tra Messico e USA, è assolutamente proibito dalla Convenzione sui Diritti dei Bambini. Lo definirei un trattamento inumano sia per i genitori che per gli stessi minori». L’esperto ha peraltro evidenziato come gli Stati Uniti abbiano ratificato i maggiori trattati internazionali sui diritti civili e politici e contro la tortura, ma siano l’unico Paese a non aver ratificato quello sui diritti dei bambini. Nel complesso, negli USA sono 60 ogni 100mila i minori detenuti nelle prigioni o nelle strutture per migranti, il tasso più alto al mondo, seguito da quello di Paesi come Bolivia, Botswana e Sri Lanka. In Canada sono 14-15 ogni 100mila, nei Paesi dell’Europa Occidentale circa 5. Anche il Messico, dove molti migranti provenienti dal Centro America vengono respinti al confine con gli USA, vede un dato preoccupante, con circa 18mila minori nei centri di detenzione per migranti e 7000 nelle carceri.
69.550 i minori immigrati nel Paese tenuti in custodia nel corso dell’ultimo anno, abbastanza per riempire completamente uno stadio
Lo studio giunge a pochi giorni dalla pubblicazione di un report, realizzato da The Associated Press e da Frontline e basato su dati governativi, che descrive il 2019 come un anno record per numero di bambini migranti detenuti negli USA. I dati sono impressionanti: 69.550 i minori immigrati nel Paese tenuti in custodia nel corso dell’ultimo anno, abbastanza per riempire completamente uno stadio. Di questi, alcuni sono stati deportati, altri si sono riunificati con le loro famiglie, ma almeno 4000 ad oggi sono ancora detenuti. Nessun altro Paese, prosegue il report, supera questo primato negativo. Il tutto, nonostante il Governo abbia riconosciuto che la privazione della libertà può avere conseguenze traumatiche sui bambini, causando loro danni fisici e psicologici a lungo termine.
I numeri, peraltro, sono in crescita del 42% rispetto all’anno fiscale 2018, e anche il periodo di detenzione dei minori, spesso lontani dalle proprie famiglie, è cresciuto rispetto alla media dell’anno precedente. Un elemento, questo, da tenere in seria considerazione. Gli standard nazionali fissati dall’agenzia federale per il controllo delle frontiere, la “U.S. Custom and Border Protection”, e dalla normativa in materia (i cosiddetti “Flores Agreement”) fissano infatti un massimo di 72 ore, che risulta spesso e volentieri sorpassato. Non è una novità: già a luglio un report governativo aveva rivelato che il 31% dei bambini detenuti nelle strutture considerate vi sono rimasti ben più del limite temporale consentito. Quel rapporto aveva peraltro documentato le condizioni di estrema indigenza e privazione in cui vivevano i bambini detenuti, condizioni definite «sconvolgenti» dall’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, Michelle Bachelet. «Come pediatra, ma anche come madre ed ex capo di Stato», aveva detto, «sono profondamente scioccata dal fatto che i bambini sono obbligati a dormire sul pavimento in strutture troppo affollate, senza avere accesso a cure mediche o a cibo adeguato, e in cattive condizioni igieniche». Tutto ciò, aveva poi aggiunto, avrebbero potuto configurare un «trattamento crudele, inumano o degradante», proibito dalla legge internazionale.
Con Trump, la pratica di perseguire penalmente gli immigrati illegali è divenuta sistematica
A giugno, la notizia che almeno 7 bambini erano morti in detenzione nell’ultimo anno aveva nuovamente sollevato polemiche sulle politiche migratorie di Trump. Scioccante, del resto, la testimonianza di un gruppo di avvocati che aveva visitato la struttura di Clint, in Texas. Il Presidente aveva cercato di ridimensionare la portata dello scandalo: a inizio luglio, aveva accusato i “Fake News Media”, in primis il New York Times, di falsificare e peggiorare la situazione delle strutture di detenzione. Eppure, non c’è dubbio che la sua politica di “tolleranza zero” sia stata oggetto di critiche, in patria e all’estero, soprattutto perché la sistematica criminalizzazione dell’immigrazione clandestina ha finito per separare le famiglie al confine. Durante le precedenti amministrazioni, era il singolo magistrato a decidere se perseguire o meno i migranti sorpresi a oltrepassare illegalmente la frontiera. Il più delle volte, venivano detenuti per un breve periodo e poi rilasciati con l’ordine di comparire di fronte a un tribunale dell’immigrazione. Con Trump, invece, la pratica di perseguire penalmente gli immigrati illegali è divenuta sistematica. E poiché i bambini non potevano finire in custodia dell’agenzia federale preposta al trasferimento dei detenuti (“U.S. Marshals Service”), venivano destinati ad altre strutture supervisionate dal “Department of Health and Human Services”.
Una politica fortemente contestata anche dai candidati che si contendono la nomination democratica. Alcuni di loro, tra cui Bernie Sanders, Elizabeth Warren, Kamala Harris e Cory Booker, vorrebbero riportare l’immigrazione clandestina a un’offesa civile, sostenendo che la sua trasformazione in reato penale è la base delle attuale violazioni dei diritti umani al confine. Ad ogni modo, a causa dell’ondata di indignazione nel Paese, l’amministrazione Trump ha formalmente messo fine alla pratica di separare le famiglie nel giugno 2018, ma secondo diversi esperti del settore il fenomeno continua ad essere registrato. A settembre, un giudice ha bocciato le nuove regole imposte dall’Amministrazione, che avrebbero consentito al Governo di tenere i minori nelle stesse strutture di detenzione dei genitori per un tempo indefinito, circostanza che contraddice la norma secondo cui i bambini dovrebbero essere rilasciati nel minor tempo possibile. Ma come è evidente dagli ultimi rapporti in materia, il numero di minori, soprattutto migranti, privati della libertà aumenta anziché diminuire, consegnando agli USA un record negativo a livello globale con cui questa e le prossime amministrazioni dovranno fare i conti.