LiberalizzazioniEcco come la pornografia è diventata banale normalità

Grazie a Internet e ai cellulari, possiamo guardare un porno anche in metropolitana. Attori e attrici porno scrivono libri, intervengono sui giornali, vengono citati dagli scrittori. Quello che sembrava proibito ora è stato ormai sdoganato

Al Torino Film Festival è stato presentato il film The Last Porno Show, che parla in maniera collaterale, ma esplicita, della pornografia degli anni Settanta, anche se in realtà è una pellicola sui traumi e le riconciliazioni. E un cinema a luci rosse diventa il fulcro della narrazione: un luogo che un tempo era proibito e ambito, dove si combatteva la vergogna e si superava la timidezza per vedere qualcosa che ora è fruibile in modi molto più semplici e immediati. Un’immagine sarcastica e divertente di quello che rappresentavano un tempo si può leggere nel racconto Il Pornosabato dello Splendor di Stefano Benni, dove nel cinema del paese c’era la proiezione del film vietato ai minori Giochi proibiti di ragazze per bene. Il racconto termina con la battuta: «Coppi è bestiale. Pensa, nel primo tempo scopa per un’ora di fila, poi salta in bicicletta e vince». Perché a metà della proiezione del film viene messo per errore un cinegiornale che parlava del ciclista. Leggendolo, si percepiscono tutte le sfumature grottesche di quello che rappresentava un cinema porno in quegli anni.

Ho visto un camion con la targa della Repubblica Ceca che aveva un adesivo sul resto con scritto “I love Porno” e ho pensato a come ci sia stato uno sdoganamento di tutta l’industria a luci rosse diventata per alcuni l’ultimo barlume di libertà individuale adulta nell’epoca del politicamente corretto a tutti i costi (anche se è nato anche il porno etico). La percezione è che nel corso degli anni l’evoluzione multimediale abbia aperto chiaramente le porte a un massivo e consumistico utilizzo della pornografia, ma anche a una liberalizzazione concettuale sul tema, normalizzando una cosa ritenuta proibita fino a qualche decennio fa.

Una volta, in metropolitana, c’era un adolescente che guardava un video sul suo cellulare e aveva sulle orecchie due cuffie rosse, di quelle molto grandi di solito utilizzate per ascoltare la musica. Mentre guardavo fuori dal finestrino cercando di ingannare il tempo il mio sguardo è finito sul video del mio vicino di posto e ho intravisto cosa stava guardando: era un porno. Il ragazzo lo osservava con la faccia impassibile e senza il minimo segno di vergogna o di imbarazzo, ma neppure di eccitazione.

La pornografia, a prescindere dal grosso cambiamento sociale in atto, si è evoluta in maniera impressionante diventando quasi normale. Per vederne un po’ basta andare su uno qualsiasi dei siti dedicati (diventati dei veri e propri brand) ottenendo una quantità infinita di video raggruppati per tema trattato. Cumshot, Brunette, Anal, Bondage e molte altre. Queste categorie sono così conosciute che alcune sono entrate prepotentemente nel nostro vocabolario. Il termine Milf, ad esempio, è ampiamente utilizzato per descrivere una madre di bell’aspetto, e per alcune donne è diventato persino motivo di vanto, ma la “f” finale sta per fuck ed è chiaro che non sia una parola che ha origini greche o latine.

E grazie ad internet e ai cellulari c’è la possibilità di guardare un porno ovunque, persino sulla metropolitana, e la facilità con cui si può condividere sulle chat ha creato uno strato sotterraneo (ma neanche troppo) di abitudine al porno. Negli anni Novanta c’era chi (me compreso) aspettava le pubblicità dei sexy shop che andavano in onda sui canali regionali a tarda notte, tra una televendita e una pubblicità di mobili su misura. Oppure c’era chi aveva il padre che nascondeva una cassetta Vhs dentro l’armadio della stanza da letto e quei film si guardavano così tante volte che si conoscevano a memoria i dialoghi (non che ce ne fossero tanti in realtà) e persino i dettagli, come la collocazione dei nei presenti sui corpi delle attrici.

Cumshot, Brunette, Anal, Bondage e molte altre. Queste categorie sono così conosciute che alcune sono entrate prepotentemente nel nostro vocabolario

Corpi che erano assai diversi da quello delle attuali pornostar che, in alcuni casi, sembrano modelle. I film di produzione estera avevano un pessimo sonoro ed erano doppiati malamente con le parole che uscivano sfasate dal movimento dell’attore o attrice che le pronunciava. “Ohhhhhhhhh!”, “Ahhhhhhhhhh!” gridate durante gli orgasmi erano quasi comici.

Il porno internazionale e l’inizio dello sdoganamento è il risultato del successo di Gola Profonda, film del 1972 che ha rivoluzionato per sempre l’industria pornografica e non solo. I corpi delle pornostar erano morbidi e con i peli pubici gonfi. Gli attori con il petto villoso e quasi sempre magri, magari con un paio di baffi folti a caratterizzare il volto. L’icona era John Holmes che, oltre alle sue doti fisiche e volumetriche, è diventato anche famoso in Italia per la celebre canzone che gli hanno dedicato Elio e le storie tese.

Nei film italiani, invece, a quei tempi le attrici protagoniste erano quasi sempre due: Ilona Staller, in arte Cicciolina, e Moana Pozzi. In quegli anni raggiunsero un tale successo che fondarono persino un partito politico, il Partito dell’amore. E Moana è diventato un nome ingombrante, così legato alla pornostar e al personaggio, che un film Disney ha cambiato il nome della protagonista da Moana, nell’originale, a Oceania, proprio per evitare un’associazione con la Pozzi.

Incomincia, inoltre, a farsi strada un’altra icona maschile che ad oggi è diventata una celebrità anche fuori dal mondo a luci rosse: Rocco Siffredi. La cosa curiosa dell’attore italiano è che è citato sia da David Foster Wallace che da Martin Amis nei loro reportage sul porno. Rocco Siffredi è riuscito a entrare (se sorridete è perché siete maliziosi) nella rappresentazione iconografica e sociale che la pornografia ha raggiunto. Se la narrazione di Wallace sotto certi punti di vista è quasi scientifica e tecnica – utilizza spesso il temine stantuffare – quella di Amis è molto più corrosiva e decadente, mostrando il lato becero e industriale di un mondo, quello del porno, che mostra nei video solo la punta dell’iceberg di tutta una serie di problematiche che non vengono (ridete per il doppio senso?) fatte emergere: depressione, malattie, suicidi e il livello sempre più estremo e violento di ciò che si vuole mostrare.

Sasha Grey, oltre a essere famosa per i suoi film hard, è dj, attrice di film non-pornografici diretta da registi del calibro di Steven Soderbergh, e persino scrittrice. Stoya scrive su giornali del calibro del New York Times

A metà degli anni Novanta, esistevano persino dei fotoromanzi erotici (o soft-porno) vietati ai minori di 14 anni, tra cui Prime volte o Joint. La trama delle storie era semplice: due ragazzi si conoscevano e facevano sesso e per uno dei due era la prima volta. I dialoghi erano imbarazzanti al limite del ridicolo, non c’erano fotografie esplicite del rapporto ma solo un ragazzo nudo sopra una ragazza nuda, oppure dietro o sotto. Tutto era molto ingenuo, tutto era molto finto, ma l’immaginazione faceva il resto e creava i contorni di quello che non si vedeva.

L’arrivo di Internet ha rivoluzionato tutto, anche se all’inizio era così lento che si riusciva a vedere una fotografia erotica solo dopo molti, molti minuti. Poi sono comparsi i primi siti che raccoglievano materiale e video. Internet e il Porno 2.0 sono nati insieme, fratelli siamesi divisi dalla vergogna e dall’ipocrisia. I consumatori diventano produttori di video, creando così un’enorme comunità web che è cresciuta e non si appresta a diminuire. Un paradosso simile a quello avvenuto durante il Proibizionismo, dove il consumo di alcol è aumentato in maniera esponenziale al posto di diminuire, così Internet e tutti i divieti non hanno fatto che aumentare la pornografia e l’utilizzo della stessa. Il crescente esibizionismo moderno ha fatto in modo che, oltre alle produzioni strutturate, iniziassero a farsi strada anche i video amatoriali girati non da professionisti e spesso utilizzati come strumento per ricattare le persone, nasce così il Revenge porn che ha causato anche suicidi.

Jenna Jameson, una delle più famose pornostar dell’era contemporanea, ha scritto nella sua autobiografia che l’avvento dell’amatoriale ha decretato la fine dell’industria pornografica. Ma non è stato così, anzi. Quasi tutti sanno ormai cosa sia YouPorn, PornHub e alcune pornostar sono delle celebrità al di là del mondo a luci rosse. Ognuna ha un profilo su Facebook, Instagram e Twitter. Si sono evolute in star, e non solo del porno. Sasha Grey, oltre a essere famosa per i suoi film hard, è dj, attrice di film non-pornografici diretta da registi del calibro di Steven Soderbergh, e persino scrittrice. Stoya scrive (e anche molto bene) su giornali del calibro del New York Times. Personaggi a tutto tondo, persone intelligenti e colte che snaturano completamente lo stereotipo, sbagliato, della donna capace solo a fare sesso, facendo sembrare lontani anni luce gli anni Settanta. Ormai la pornografia è sdoganata, è diventata normalità.

Quindi il ragazzo sulla metropolitana non stava facendo nulla di male, stava solo vedendo semplicemente un video. Ma se non c’è nulla di male, se non è proibito farlo, che gusto c’è a guardarlo?

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