Nonostante la fusione Fca Psa si sia svolta nel totale disinteresse del governo e della politica italiana, con pochissime eccezioni, l’operazione può dirsi soddisfacente sul piano delle garanzie per tutti gli stabilimenti e la prosecuzione dei piani industriali già avviati ed è di fondamentale importanza per l’industria europea. Non solo il closing previsto per il 2021 darà vita al quarto costruttore automobilistico al mondo in termini di volumi e il terzo in base al fatturato, con vendite annuali di 8,7 milioni di veicoli e ricavi congiunti di quasi 170 miliardi di euro ma l’accordo paritetico tra i due gruppi sancirà anche la nascita finalmente di un campione industriale europeo capace di competere con l’Asia, dopo la delusione dovuta al fallimento dell’accordo con Renault. La scommessa partita a Pomigliano e Mirafiori nel 2010, dunque, continua e ci auguriamo che il Governo italiano si occupi di questa fusione che è una delle operazioni di politica industriale più grande degli ultimi 20 anni.
Il “combination agreement” tra Fca e la multinazionale Groupe Psa porterà in circa 12, 15 mesi alla fusione tra i due gruppi. Nell’incontro che si è tenuto a Torino il Ceo Emea di Fca, Pietro Gorlier ha illustrato i contenuti di un memorandum che prevede una fusione al 50-50 con un primo board composto da 10 consiglieri tra cui 2 rappresentanti dei lavoratori uno, per Psa ed uno per Fca. La presenza dei rappresentanti dei lavoratori dentro il consiglio di amministrazione, presenza necessaria soprattutto durante questo processo di aggregazione, costituisce una svolta epocale. Psa aveva già rappresentanti nell’advisory board e la scelta di Fca di rispondere in modo simmetrico ma dentro il Cda ha una portata straordinaria.
La partecipazione può rappresentare anche la svolta per le relazioni industriali italiane e dai francesi c’è da trarre spunto. I sistemi di governance partecipativa generano valore per tutti. Speriamo che sempre più aziende italiane seguano questa strada. Chi vi parteciperà non è un problema, potrebbe essere un americano, l’importante è che sia un sindacalista competente, sono già troppe le organizzazioni in cui si alza la mano senza sapere per cosa si vota e perché.
L’assetto azionario sarà stabile per 7 anni ad eccezione della possibilità della famiglia Peugeot di salire e DongFeng di scendere. La fusione offre molte opportunità per i due gruppi come il rafforzamento in mercati diversi dove in Europa Psa è molto radicato e in USA dove Fca ha il 66% del suo fatturato. La sfida per entrambi i gruppi sarà aggredire il mercato asiatico dove entrambe hanno una incidenza poco rilevante.
Una ulteriore notizia importante per l’Italia è che anche dopo il closing della fusione, il piano di Fca per gli stabilimenti italiani continua con gli investimenti già annunciati, ovvero 5 miliardi entro il 2022, su elettrificazione e ibridazione dei nuovi modelli. Ulteriori sinergie con Psa potranno avvenire dopo la firma definitiva che non avverrà prima della fine del 2020. Se saremo in grado di integrare la grandissima innovazione dell’organizzazione del lavoro di Fca, che descrivo e racconto insieme al giornalista Diodato Pirone in Fabbrica Futuro (Egea, 2019) attraverso i cinque stabilimenti di Melfi, Mirafiori, Pomigliano, Cassino, Sevel con le piattaforme modulari di cui dispone Psa le prospettive saranno davvero interessanti.
Un utilizzo sinergico di piattaforme condivise per lo sviluppo e la produzione di nuove vetture sia ibride plug-in che full elettric possono creare le condizioni di sviluppo, di volumi e riduzione dei costi per l’aumento delle economie di scala ma il tutto deve essere accompagnato da forti investimenti sulla ricerca e sviluppo di prodotto e di processo per affrontare la transizione verso l’elettrico, che non può più attendere. Nel corso dell’incontro con i vertici di Fca a Torino, come Fim Cisl abbiamo ribadito che questa grande operazione di fusione industriale non può e non deve assolutamente snaturare gli stabilimenti italiani che sono i primi al mondo soprattutto per quanto concerne l’organizzazione del lavoro. Il gruppo che ne risulta è molto forte in Usa e America Latina (Fca) e in area Emea (Psa) e sul lusso (Maserati) e nei Suv (Jeep) ma ancora debole in Asia e soprattutto in Cina.
Ma è altrettanto necessario che entro il closing previsto si facciano incontri di monitoraggio con le organizzazioni sindacali per verificare lo stato di avanzamento di una fusione che interesserà complessivamente tra le due società circa 400 mila lavoratori di cui 67 mila sono in Italia per Fca e almeno 175 mila dell’intero indotto. Abbiamo anche richiesto chiarimenti relativi all’eventual spin-off di Comau. Al momento resterà nel perimetro ma nulla è escluso per il futuro.
Visti anche gli investimenti del Governo tedesco e francese su innovazione e ricerca del settore automotive è fondamentale una maggiore attenzione del Governo italiano, fino a oggi molto distratto. Come affermiamo da tempo i grandi produttori di automotive saranno in futuro soggetti a concentrazioni e gli attori del settore potrebbero non essere più di sei al mondo. Psa-Fca ha le spalle abbastanza larghe per essere parte di questa cerchia ma ora il sindacato deve mostrarsi all’altezza del passaggio. Non stiamo creando un gruppo italo-francese e da ora in avanti la politica industriale dovrà avere una dimensione continentale e di conseguenza le strategie del sindacato.