Ogni ora in Germania una donna viene aggredita dal proprio partner. Ogni giorno un uomo cerca di uccidere sua moglie, la sua fidanzata o la sua ex. Ogni tre giorni uno di questi tentativi ha successo. Questa, in sintesi, la conclusione cui è giunta la ministra tedesca della famiglia, Franziska Giffey, che ha presentato gli ultimi dati relativi al proprio Paese in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
Nel 2018, in Germania, 122 donne sono state uccise dal proprio partner o ex partner e uno studio europeo del 2016 rende bene l’idea di quale sia la dimensione del problema nella Repubblica Federale: la Germania è al sesto posto tra i paesi dell’UE per numero di donne uccise intenzionalmente, superata solo da Lettonia, Lituania, Ungheria, Estonia e Cipro. Uno scenario che peggiora se si fa riferimento al rapporto dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (Homicide counts and rates). In questo caso è stato preso in considerazione non il numero di omicidi in valore assoluto ma il tasso di omicidi di donne rapportato alla popolazione. Tra i grandi paesi europei la Germania è quello nella situazione peggiore con un tasso di omicidi con vittime femminili pari a 1,1 ogni 100 mila, seguita da Francia (1/100 mila) e Regno Unito (0,9/100 mila). Più distanti, con 0,5 vittime ogni 100 mila persone, Italia e Spagna.
Il femminicida-tipo, in Germania come altrove, non esiste. Gli uomini violenti provengono da tutti gli ambienti sociali, indipendentemente dall’origine etnica o dal background culturale. Lo stesso vale per le loro vittime. Nel 2018 il numero di casi è aumentato: da 113.965 a 114.393 tra omicidi, lesioni personali, stupri, aggressioni sessuali, minacce, stalking, coercizione, privazione della libertà, prostituzione forzata. Non è ancora chiaro in che misura si tratti di un effettivo aumento dei casi e in che misura dell’effetto derivante da un aumento delle segnalazioni, frutto di un cambiamento nel comportamento delle vittime. Ad ogni modo, si presume che il numero di casi effettivi sia decisamente più alto di quello che viene denunciato. Secondo precedenti dichiarazioni di Giffey, solo una vittima su cinque chiede aiuto e sulla base di studi e ricerche sul campo, non ufficiali, una donna su tre subisce violenza almeno una volta nella propria vita: in Germania si tratterebbe di dodici milioni di donne. La Ministra ha annunciato di voler contrastare il grave problema anche attraverso la creazione di nuove “case per le donne”, luoghi protetti, messi a disposizione dello Stato per consentire alle vittime di violenza di allontanarsi dai luoghi in cui spesso tali violenze vengono commesse: gli attuali 7.000 posti esistenti in 350 case non sono sufficienti a fronte dei 20.000 necessari. Tuttavia vi sono ancora controversie sulle modalità di finanziamento di tali strutture.
L’assassinio di una donna perché donna – il cosiddetto femminicidio – non è un crimine a sé stante nel Paese e, in generale, in Germania si evita di utilizzare il termine. Il governo tedesco ha più volte respinto gli sforzi del partito di sinistra DIE LINKE di introdurre nel dibattito la parola femminicidio, utilizzata anche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, affermando che essa “non è chiaramente definita”
L’assassinio di una donna perché donna – il cosiddetto femminicidio – non è un crimine a sé stante nel Paese e, in generale, in Germania si evita di utilizzare il termine. Il governo tedesco ha più volte respinto gli sforzi del partito di sinistra DIE LINKE di introdurre nel dibattito la parola femminicidio, utilizzata anche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, affermando che essa “non è chiaramente definita”. Due anni fa, dopo una lunga esitazione, la Germania ha ratificato la Convenzione di Istanbul, un accordo del Consiglio d’Europa che mira a contrastare la violenza contro le donne. Tuttavia, ancora oggi nel Paese, i femminicidi spesso non sono puniti con la severità prevista per l’omicidio volontario, in quanto giudicati come omicidi preterintenzionali. Gli assassini di donne possono quindi aspettarsi di non finire in prigione per il resto della propria vita o quasi ma per un periodo che va dai dodici mesi ai dieci anni. Questo scenario ha spinto persino le Nazioni Unite a muovere critiche alla Repubblica Federale di Germania.
Quanto la giurisprudenza tedesca sia ancora profondamente condizionata, in questo ambito, da una certa mentalità patriarcale emerge in varie sentenze, come quella del Tribunale Federale del 2008: l’importante tribunale sostenne in quella occasione la necessità di considerare che “la separazione era stata iniziata dalla vittima e l’imputato si era visto derubato di ciò che in realtà non voleva perdere”. Un ragionamento, quello della corte, che a molti è sembrato piuttosto ambiguo e pericoloso: per poter essere derubati della propria partner si deve infatti prima poterla possedere.
Anche i media tedeschi preferiscono parlare di “tragedie familiari“, “drammi della gelosia” piuttosto che di femminicidio, come denunciato, tra gli altri, da gruppi femministi. Dal punto di vista di questi ultimi, se si scrivesse femminicidio, sarebbe probabilmente più chiaro a tutti che in Germania ogni tre giorni una donna viene uccisa dal suo (ex) partner e forse ci sarebbero state anche più persone a dimostrare, il 25 novembre. Mentre centinaia di migliaia di donne in Europa hanno, infatti, manifestato contro il sessismo e la violenza, le piazze e le strade della Germania sono rimaste piuttosto vuote e silenziose.