Fa uno strano effetto seguire contemporaneamente le vicende della politica americana, con l’avvio dell’impeachment contro Donald Trump, che ne contesta la legittimità in nome del suo diritto a un “giusto processo”, e quelle della politica italiana, con il caso Gregoretti, il surreale dibattito che ha generato e il non meno surreale procedimento di auto-impeachment del leader leghista in cui è sfociato lunedì il voto nella giunta per le immunità. Il mondo alla rovescia in cui siamo precipitati dal 2016 – l’anno del triplice trionfo populista: con la Brexit a giugno, l’elezione di Trump a novembre e l’esito del nostro referendum costituzionale a dicembre – ci aveva abituato a molte assurdità, ma forse nessuna straniante quanto l’ultima novità di questa fase: il garantismo populista.
Naturalmente negli Stati Uniti non c’è nessuno, tra cronisti e commentatori della stampa più autorevole, che prenda sul serio le proteste di Trump. Perlomeno da quando, a settembre, la stessa Casa Bianca ha reso pubblica la trascrizione di una telefonata in cui il presidente chiedeva di avviare indagini sui suoi avversari politici, Hillary Clinton e Joe Biden, a un capo di Stato straniero, dopo avergli sospeso di colpo e senza apparente motivo la fornitura di aiuti militari di cui aveva disperato bisogno. E nessun commentatore del New York Times, del Washington Post o della Cnn si è sognato di dire che in fondo «lock her up» («mandala al gabbio», come potremmo liberamente tradurre) era un punto fondamentale del suo programma politico, scandito dai suoi sostenitori in mille comizi, e dunque in quella telefonata Trump stava tutelando un preminente interesse dello Stato.
In Italia, al contrario, siamo strapieni di autorevolissimi osservatori che ripetono gli stessi argomenti di Salvini (precisazione a uso dei lettori meno avveduti: non ci sarebbe niente di male nel farlo, ovviamente, se solo quegli argomenti fossero sostenibili). Ma questa, lo sappiamo da tempo, è la differenza fondamentale tra l’Italia e ogni altro paese occidentale investito dal fenomeno populista: che da noi sono populiste pure le élite, a cominciare dai cosiddetti giornali (e telegiornali, e talk show, e tutto il resto) dell’establishment.