Narrazioni emotiveEcco perché le narrazioni economiche si diffondono come le epidemie

Secondo uno studio del premio Nobel per l’economia Robert Shiller, il modo in cui raccontano fenomeni economici come la «grande recessione» assomigliano a un contagio. Il cervello umano genera e assorbe tutti i racconti anche se non corrispondono alla realtà

JOHANNES EISELE / AFP

Accade che alcuni fenomeni dell’economia si possano meglio osservare e interpretare grazie a una lente epidemiologica. L’argomento è piuttosto interessante, tanto più oggi che le epidemie – a causa del coronavirus – sono sulla bocca a di tutti. All’origine del ragionamento esposto si ha uno studio – diventato dopo pochi anni un libro – del premio Nobel per l’economia Robert Shiller. Il ragionamento inizia ipotizzando – ma si hanno delle verifiche empiriche – che il cervello umano sia propenso a generare e ad assorbire le narrazioni, sia che queste abbiano una base fattuale sia che non l’abbiano. Con il termine narrazione si definisce una storia molto semplice nel racconto cui è collegata una spiegazione intorno all’origine della vicenda stessa altrettanto semplice. Una narrazione con queste caratteristiche – essa è semplice nella sua apparenza e semplice nelle sue cause – compare nelle conversazioni così come nei social media. E si diffonde perché fa leva sull’interesse che gli umani provano verso le vicende umane, il che è comprensibile, soprattutto se la leva è racchiusa in un involucro che suscita emotività.

Le narrazioni maggiori in economia e la loro diffusione sono state studiate. Esse hanno una struttura simile a quella delle epidemie propriamente dette. Prima di arrivare all’economia va premesso il modello delle epidemie. Immaginate le epidemie come un modello matematico. Le epidemie tripartiscono la popolazione nei suscettibili (S), negli infettati (I), e nei recuperati (R). Laddove S è il numero di soggetti sensibili, persone che non hanno ancora avuto la malattia e sono vulnerabili. Laddove I e il numero di infettati ed infettivi, ossia le persone che hanno la malattia e la stanno diffondendo. Laddove, infine, R è il numero di guariti che non hanno più la malattia.

Come mostra il grafico di pagina 15 dello studio (in alto, ndr), all’inizio si hanno i soggetti suscettibili (S), poi da questa popolazione emergono i soggetti infettati e infettivi (I), e, infine, si hanno i guariti, che, al netto dei trapassati, corrispondono alla popolazione guarita dal virus. Come mostra il grafico, la popolazione infetta e infettiva esplode dopo poco tempo formando un picco molto alto, intorno al sessanta per cento dei suscettibili, per poi flettere fino ad annullarsi. Il modello – si tenga presente che è un andamento stilizzato – delle epidemie aiuta a comprendere la diffusione delle narrazioni in altri campi

Si prendano quelle dell’ultima crisi economica – quella iniziata nel 2008. Il grafico si trova a pagina 43 dello studio (in alto, ndr). Laddove si vede che si ha un’esplosione dell’espressione «grande recessione» nei giornali, dopo che la crisi si è manifestata. Nei libri la medesima espressione è molto meno diffusa. Dopo l’ascesa iniziale esplosiva si ha un notevole caduta della diffusione nei giornali dell’espressione «grande recessione».

Possiamo interpretare la caduta di queste ore dei corsi delle azioni – le attività finanziarie più rischiose in caso di crisi, e l’ascesa dei corsi delle obbligazioni – le attività finanziarie meno rischiose in caso di crisi, alla luce del modello. Si ha un picco di caduta delle azioni e di ascesa delle obbligazioni in sincronia con la diffusione del panico da coronavirus. Poi con la minor crescita della diffusione del virus si dovrebbe avere una prima una minor caduta delle azioni e una prima minor ascesa dello obbligazioni. Con la messa sotto controllo del virus – perché si trova il rimedio, oppure perché la popolazione che può infettarsi si è esaurita, si dovrebbe avere il ritorno alla normalità dei corsi delle attività finanziarie.

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