Un paese di hikikomoriPiù streaming e più divano: così cambia la vita ai tempi del coronavirus

I provvedimenti delle regioni del Nord contro il contagio riducono le occasioni di incontro e di vita sociale. Giusto. Ma una volta chiusi cinema e teatri, annullati eventi e conferenze, si può solo restare a casa e attaccarsi a libri e internet. Aspettando che i rider consegnino la cena

OLIVIER MORIN / AFP

È la quarantena dei sani. Di fronte al rischio del contagio, le regioni del Nord Italia hanno messo in campo misure drastiche. Soprattutto in Lombardia, dove per evitare assembramenti di persone, si è deciso di vietare «manifestazioni e assembramenti di qualsiasi natura». Tradotto: non si potrà andare a manifestazioni (non ci sono), conferenze (saltano), presentazioni di libri, dischi e mostre (annullate). Ma non solo. Chi segue corsi e lezioni dovrà prendersi una pausa forzata. Chi pensava di andare al cinema, ci ripensi: le sale sono chiuse ed è stata rimandata a data da decidere l’uscita di alcuni film. Una sorte toccata per esempio all’ultimo film con Elio Germano, “Volevo nascondermi”, in cui l’attore impersona l’artista Antonio Liguabue, o al nuovo di Carlo Verdone, “Si vive una volta sola” (era previsto il 26 febbraio, si farà più tardi), per “Cambio tutto” di Guido Chiesa e, secondo la Stampa, anche per “Ritorno al crimine”, di Massimiliano Bruno (ma non è ancora confermato). Intanto gli incassi generali al botteghino sono crollati: -44%.

A Milano niente da fare nemmeno al teatro della Scala, dove tutto il programma è congelato, compreso il recital della soprano Aleksandra Kurzak. A nulla servirebbe una passeggiata alla Pinacoteca di Brera, visto che i portoni sono stati sbarrati. O meglio, almeno ci si terrebbe in forma: visto che le palestre sono ferme e non si può nemmeno andare allo stadio: con le partite rinviate, i tifosi di Atalanta, Verona e Inter dovranno incrociare le braccia.

«Meglio che i milanesi limitino la loro vita sociale», ha suggerito su Twitter il sindaco Beppe Sala. Difficile fare il contrario, del resto: in questo coprifuoco in tempo di pace, dove i bar, i pub e le discoteche hanno l’ordine tassativo di servire l’ultimo cliente alle 18 – ma per fortuna non i ristoranti – non c’è in circolazione nemmeno il classico e celentaniano (o contiano, nel senso di Paolo) «prete per chiacchierar»: il provvedimento ha imposto lo stop anche alle messe. Il cittadino in cerca di nutrimento spirituale dovrà ripiegare su quello, molto più materiale, di negozi e centri commerciali, anche se questi ultimi chiuderanno sabato e domenica.

La cosa più razionale allora è rimanere a casa. In mancanza di attività culturali, respingendo l’ipotesi “Decameron” (chi ha voglia di chiudersi in collina con altre nove persone? E c’è da fidarsi di questi?) l’unica opzione percorribile sono le quattro mura, attenuando le possibilità del contagio. Chiusi in camera, riducendo i contatti con il mondo esterno, i cittadini del Nord (e i lombardi in particolare) somigliano sempre di più a un esercito di hikikomori.

Ma come per tutti i mali, anche l’auto segregazione non viene solo per nuocere: chi può, ne approfitta per riprendere letture mai finite e ridurre la piramide di libri che incombe dal comodino. Può dedicarsi ai videogiochi (in Cina è già boom). Oppure, come ha dichiarato un medico di Codogno, può sempre «attaccarsi allo streaming: Netflix e Raiplay», ma anche Amazon Prime, TimVision, Sky. E pure la cara vecchia televisione generalista. La rete consente di seguire la messa e, per chi si dimostra superiore al basso istinto sinofobo in circolazione, anche la presentazione dei nuovi prodotti Huawei (annullata quella dal vivo). Tra le serie tv su Netflix spicca – ehm – “Pandemia Globale”, dal tempismo raro. Come spiega una dei produttori, la giornalista Sheri Fink, «lo abbiamo realizzato perché alcuni di noi avevano visto che il sistema, messo alla prova in casi più piccoli, aveva mostrato diversi punti deboli. Speravamo di potervi informare prima dello scoppio di una nuova epidemia, anziché dopo».

Più leggerezza la danno la quinta stagione di “Better Call Saul”, e una nuova uscita: “Crash Landing On You”, ambientata tra Corea del Sud, Paese gemello dell’Italia quanto a casi di coronavirus. Oppure ci sono le puntate di “The New Pope”, da ripassare su Sky, o la contestata “Hunters” su Amazon Prime.

Del resto proprio Amazon – nel senso della piattaforma di acquisto e consegna – accusa in questi giorni una certa difficoltà. Tutti stanno a casa, nessuno esce. I negozi sono aperti, ma molti sono svuotati. Risultato? Le ordinazioni online sono salite alle stelle, ingolfando il sistema di consegna. Arrivano a rilento, insomma. E così, nelle strade semi deserte sono rimasti a sfrecciare i camioncini dei corrieri e, assieme a loro, i rider in bicicletta: il loro servizio non è stato toccato dal provvedimento regionale. Sono anzi gli unici cui è concesso turbare, tra un «lasci pure lì fuori» e l’altro, il beato isolamento di chi, pur senza essere malato, si è preso una pausa dal mondo.

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