In questi giorni in cui il temuto coronavirus cinese è “entrato” di prepotenza nelle case di tutti una notizia in particolare ha portato agli italiani sollievo e orgoglio: presso l’Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani, tre ricercatrici (Maria Rosaria Capobianchi, Francesca Colavita e Concetta Castilletti) sono riuscite a isolare il virus responsabile dell’infezione. Tanta è stata la soddisfazione di essere stati tra i primi in Europa a esserci riusciti, da pensare che forse Colaviti – una dei tanti precari della ricerca italiana – una stabilizzazione la meritasse. È il paradosso della ricerca italiana, che vanta primati scientifici e poi deve fare i conti con tanti problemi. Per esempio, proprio in questo momento alla Camera è in discussione una moratoria sulla sperimentazione animale che se venisse confermata così come prevista dal decreto Milleproroghe, causerebbe non pochi problemi ai ricercatori italiani.
Si tratta in realtà della Legge 26 del 2014 che già nel 2017 aveva recepito la Direttiva europea 63/2010 in tema di sperimentazione animale, escludendo però l’uso di animali per le ricerche riguardanti sostanze d’abuso e xenotrapianti. Al tempo venne stabilita una moratoria di due anni, scaduta nel 2019 e rinnovata solo per un altro anno dal ministro della Salute Roberto Speranza, anche per le forti pressioni della Lav e del Movimento Cinque Stelle. Se le cose restassero così, per molti gruppi di ricerca sarebbe impossibile partecipare a bandi pluriennali o programmare investimenti. E alcune linee di ricerca si fermerebbero.
«È l’ennesimo maltrattamento che subisce la ricerca italiana – conferma Luigi Cervo, Capo del Laboratorio di Psicofarmacologia Sperimentale dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri-IRCCS. La verità è che l’Italia è il fanalino di coda in Europa come finanziamenti e considerazioni della ricerca. Siamo stati gli unici a non recepire totalmente la legge europea sulla sperimentazione animale – continua – la moratoria di due anni già di per sé aveva complicato le cose e ora con questa proroga di un anno non possiamo concorrere ai bandi di ricerca. Io non so se l’anno prossimo potrò continuare a fare ricerca».
Cervo si occupa di ricerca sulle sostanze d’abuso, forse per alcuni un’area di studio che non si merita il sacrificio di nessun animale, ma che a ben vedere (come tutta la sperimentazione condotta su modelli animali) è necessaria per comprendere certi fenomeni utili agli esseri umani. Per esempio le smart drug, nuove molecole di sintesi che compaiono sul web e nel mercato illecito delle sostanze stupefacenti, finché non vengono studiate e classificate come potenziali molecole di abuso non possono essere vietate e continuano a circolare liberamente con seri pericoli per chi le assume. Ma non solo, le sostanze passibili di abuso non sono solo le droghe ricreative (che costituiscono peraltro un costo umano, sociale e sanitario notevole per la nostra società) – come ricorda Luca Carra, segretario del Gruppo 2003 per la ricerca scientifica (di cui fanno parte i più autorevoli ricercatori italiani e che da anni si batte per una dare maggiore impulso alla ricerca italiana), citando il documento “Relazione sul ricorso alla sperimentazione animale per le sostanze di abuso e xenotrapianto” uno dei tanti inviati alla Commissione Bilancio e Affari Costituzionali – ma tutte le sostanze che passano la barriera emato-encefalica, come gli analgesici, anestetici, sedativi, nonché tutte quelle sostanze per il trattamento dell’alcolismo (disulfram), dell’astinenza da oppiacei (metadone), del tabagismo (sostitutivi della nicotina, bupropione) e così via. Tutte sostanze con effetti di non poco conto. «Con gli esperimenti in vitro, in laboratorio, dimostriamo che sono sostanze tossiche – sottolinea Cervo – ma per dimostrare che è una sostanza d’abuso, con sindrome di astinenza e dipendenza, serve un mammifero».
Al momento gli emendamenti presentati all’articolo in discussione – il 5 comma 3 del decreto milleproroghe – sono quello di Doriana Sarli (Movimento 5 stelle) che di fatto lo annulla; Walter Rizzetto (Fratelli d’Italia) che lo abolisce; e Rossana Boldi (Lega) che aumenta la proroga e lo salva.
Giuliano Grignaschi della Direzione Servizi per la Ricerca dell’Università degli Studi di Milano e direttore di Research4Life, ricorda che la nuova moratoria è in discussione in questo momento nelle Commissioni in Parlamento e si saprà la decisione del ministero della Salute e della Camera fra qualche giorno «Stiamo lavorando perché sia più lunga» afferma. «Abbiamo dalla nostra tutta la parte tecnica del ministero della Salute e altre persone che ci supportano, ma dobbiamo vedere alla fine che posizione porteranno avanti il ministro Speranza e il suo vice Pierpaolo Sileri. C’è il rischio che la moratoria sia davvero solo di un anno o che ascoltino la comunità scientifica e approvino ulteriori tre anni, in attesa che si discuta il recepimento della direttiva Europea. Per il momento dobbiamo aspettare per vedere cosa effettivamente verrà approvato».