Benjamin Griveaux, il candidato di Macron al Municipio di Parigi, si è ritirato dalla corsa elettorale a un mese esatto dalle elezioni. I testi sconci di certe sue conversazioni private con una signora, con anche l’allegato della vergogna e cioè un video nel quale lui si masturba per lei, sono stati pubblicati e diffusi da un sito francese e, ovviamente, a cascata, da centinaia di francesi da casa, su Twitter, su Facebook, su WhatsApp, ovunque.
Un coronavirus di pippe che neanche in un Black Mirror minore. Disastro. Scandalo, indignazione, shitstorm, e tutto un ma come ma proprio lui. E sì, proprio lui, un progressista, un presentabile, uno con la faccia non dell’élite stronza ma dell’alta borghesia operosa e perbene, con l’allure e i completi del monogamo cronico, del leale fedele, del devoto alla famiglia. Sì, la famiglia, quella che innanzitutto intende difendere, prima l’amore e poi eventualmente la ragion di Stato, e infatti ha diffuso un comunicato in cui c’è scritto che nell’ultimo anno lui, moglie e figli sono stati vituperati, offesi, ricattati, minacciati in tutti i modi e «come se non bastasse, ieri è stato raggiunto un nuovo livello».
Due i dettagli ragguardevoli. Il primo: pare che il diffusore primario sia stato un artista, per giunta russo (sarà un hacker, sarà della squadra di quelli amici di Trump pilotati da Putin, o sarà un escluso da una retrospettiva al MoMa e quindi in cerca di riscatto, o sarà una balla, o sarà un Black Mirror? Com’è intrigante, argomenti per la cena di San Valentino a bizzeffe, le vostre relazioni noiose sono state salvate anche oggi da agenti esterni, siete molto fortunati). Il secondo: Griveaux ha inviato il video con tanto di didascalia – guarda tesoro, questo sono io stamattina -, fosse mai che la fortunata destinataria non era capace di capire, e prendeva il clippino per un SuperQuark; e s’è così macchiato di mansplaining (pure!).
Ora. Torniamo seri, poiché la faccenda è seria assai, e Macron si è giocato un candidato perfetto, che aveva tutte le carte in regola per farcela, e nel mese che da oggi gli resta per trovare un sostituto che non faccia sfigurare En Marche, che di tutto ha bisogno meno che di sfigurare, o fa un miracolo o perde un treno che non solo non gli verrà rimborsato, ma gli costerà pure parecchio di penale. Griveaux ha 42 anni, è stato sottosegretario del ministero dell’Economia, e poi portavoce del governo, carica dalla quale si era dimesso per candidarsi alle comunali parigine di marzo prossimo (si voterà il 15 e il 22).
È una storia assai simile a quella di Anthony Weiner, che nel 2009 correva per diventare sindaco di New York, ma siccome più volte venne beccato a mandare foto porno a ragazzine, pornostar, amiche e insomma tutte le donne che non erano sua moglie, peraltro ora ex moglie e allora braccio destro di Hillary Clinton, che all’epoca correva per la Casa Bianca, si ritirò anche lui, finendo nella polvere, e poi in carcere (è uscito non molto tempo fa, in anticipo per buona condotta). Dieci anni fa, questa di Weiner sembrava una storia tipicamente statunitense (e lo era, lo è, lo sarà sempre), qualcosa che in Europa (e men che meno in Francia, il paese che ha avuto donne che hanno firmato appelli contro il #metoo) non sarebbe capitata, non con quelle conseguenze. E invece adesso, a #metoo giocato, magari infiacchito, ma di certo espanso e diventato fonte di diritto, educazione, regolamentazione e autoregolamentazione, quella di Weiner è una storia universale. E infatti s’è incarnata in Benjamin Griveaux.
Chissà qual è la ragione per cui un uomo, un maschio adulto con funzioni pubbliche, e carriera tutta da giocare, e continue informazioni sotto gli occhi che gli notificano che non c’è alcuna foto porno scambiata in chat private che non finisca, prima o poi, su un giornale, intigni lo stesso, e creda che farà eccezione, che sarà protetto, e quindi si produca in una cosa che dieci anni fa ci avrebbe fatto sorridere e oggi, invece, ci fa perdere la testa. Magari è la stessa ragione grazie alla quale le mogli continuano a scoprire adulteri semplicemente accendendo i cellulari dei mariti, che s’illudono che loro non hanno sposato una ficcanaso e quindi non si premurano di cancellare video, conversazioni, foto di regali per l’altra, foto con l’altra, eccetera eccetera. Magari, invece, è resistenza. Tuttavia, cari partigiani del porno privato e dell’adulterio e degli scambi molesti e della di essi sacrosanta legittimità, questa vostra guerra è perduta in partenza, bisognerà che vi adattiate e vi nascondiate e siate accorti e agiate come criminali che prima ancora di commettere il crimine pensano a come non lasciar tracce (che lasceranno lo stesso).
Noi continueremo a dire che è assurdo, impolitico, improduttivo, idiota, folle, schifoso che un uomo meritevole di alte cariche venga costretto a dimettersi perché ha fatto il maiale a casa sua nel telefono suo con l’amante sua e che le uniche dimissioni comprensibili, in casi come questi, sono quelle della signora moglie (alla quale tuttavia ci sentiamo di dire: ma sei sicura? Non la starai prendendo troppo sul serio?). Dice, e se quelle foto sono molestie, stalking, corteggiamenti non richiesti? Grave, certo. Non abbastanza da mettere in fuga un politico che sappia far bene il suo mestiere, specie con la penuria di politici capaci che c’è in giro.
Più in generale, e venendo anche a noi comuni mortali, visto che oggi è San Valentino e a qualche maschio potrebbe venire in mente di recapitarci un video di come si svegliano al mattino le sue parti intime: fermatevi immediatamente, desistete, quelle foto lì, quei video lì, ci fanno schifo, ci hanno sempre fatto schifo, quando va bene ci fanno ridere di pietà, non esiste donna al mondo che provi piacere nel riceverli, non sappiamo più come accidenti farvelo capire, siete così incapaci di ficcarvelo in testa che poi a una vien voglia, per farvi smettere, di diffondere quel vostro regalo non richiesto e orribile su tutti i canali social della terra, ché tanto se lo fa una donna non è revenge porn, al massimo è legittima difesa.