Sembra che siano con noi da sempre, ma i servizi di delivery legati al cibo sono nati solo pochi anni fa e già diventati una abitudine, soprattutto per le pause pranzo in ufficio o per le cene con amici. Ma in un momento in cui uscire di casa è diventato problematico, con numerosissime insegne chiuse e tante remore in più per le persone, come avranno reagito questi servizi di pasti a domicilio? La logica direbbe che sono aumentate le consegne, ma la realtà dice tutt’altro. L’impatto del coronavirus sul cibo portato a casa si è fatto sentire, come ci spiega Daniele Contini, country manager per l’Italia di Just Eat: «Non c’è dubbio che nelle ultime settimane c’è stata una battuta d’arresto nei consumi e nei volumi, calati anche nel comparto del food delivery. Per noi questo è attribuibile a due fenomeni: le persone sono andate nei supermercati a fare provviste, hanno avuto più cibo da smaltire e questo ha frenato il consumo fuori casa e anche il delivery. Inoltre, abbiamo registrato nelle città universitarie un calo più marcato, anche attribuibile al fatto che gli studenti fuori sede sono tornati nelle loro case. Il calo rispetto ai volumi normali è dovuto in parte anche alle preoccupazioni circa la possibile trasmissione del virus: una paura infondata, visto che, anche secondo le linee guida dell’organizzazione mondiale della sanità, il virus non si trasmette per via alimentare.
Si era già verificato un fenomeno di riluttanza anche nelle settimane prima, ma concentrato sulla cucina cinese e giapponese, poi ampliato il primo week end di quarantena, su tutte le tipologie di cucina. A partire dallo scorso week end e via via questa settimana, cominciamo a vedere dei segni di ripresa, il trend sta iniziando a tornare verso una situazione di normalità, anche se le università chiuse non aiutano. Ma in generale riscontriamo che l’atteggiamento delle persone sta tornando più alle abitudini di prima della crisi.
Noi in questi giorni ci siamo fatti promotori di messaggi che vengono dati dalle autorità nei confronti dei ristoranti, per sottolineare l’importanza del rispetto delle misure igienico sanitarie. Anche nei confronti dei nostri rider abbiamo dato delle raccomandazioni, come pulire e disinfettare gli zaini, lavarsi le mani spesso e controllare che il cibo sia ben impacchettato e correttamente chiuso al momento della presa in carico da parte loro. Per i clienti, abbiamo dato degli incentivi e degli sconti per ordinare in questo periodo, cosa che avevamo già fatto nelle scorse settimane proprio a maggior sostegno delle cucine cinesi, perché erano in sofferenza e volevamo fare qualcosa di concreto per dar loro una mano.
Crediamo che il food delivery sia un servizio utile soprattutto in un periodo come questo, per i ristoranti che possono continuare comunque a lavorare anche se hanno i locali vuoti, e per le persone che magari sono impaurite ma hanno comunque voglia di mangiare qualcosa di buono e diverso. Naturalmente cercando di farlo con la maggior consapevolezza e sicurezza possibili. Per esempio, stiamo sottolineando che è possibile pagare elettronicamente e chiedendo nell’ordine di lasciare i sacchetti fuori dal proprio domicilio, è possibile non incontrare il fattorino, per chi fosse particolarmente preoccupato: anche se le disposizione delle autorità non hanno dato indicazioni in questo senso, ci sembra corretto farlo.
In aggiunta, abbiamo anche dato degli incentivi ai rider: nel momento in cui gli ordini sono calati li stiamo supportando. Stiamo monitorando costantemente l’evolversi della situazione, cercando di dare un contributo con un servizio, nonostante l’incertezza di un quadro che cambia di giorno in giorno».
E i più piccoli, come se la cavano? Per Nanie, delivery attivo in area C (e anche oltre, su richiesta), che consegna con mezzi ecologici una ‘schiscetta’ in packaging ecologico, alternativa e ben fatta, con prodotti di qualità e con una bella storia da raccontare, le cose sono preoccupanti: «Per noi il lavoro è rallentato tantissimo: la situazione è preoccupante perché abbiamo i costi fissi da coprire e dei volumi troppo bassi per farlo. La settimana scorsa ha fatto segnare meno 30%, per una piccola realtà come la nostra questi numeri sono difficili da sostenere. Tra l’altro, io mi sarei immaginata il contrario: uno pensa che se si sta più a casa si ordinerà di più: invece, per noi che serviamo solo la pausa pranzo, il fatto che la maggior parte degli uffici sia chiuso ha fatto calare molto gli ordini. Il 98% del nostro lavoro è con le aziende, raramente chi ordina è un privato: la pausa pranzo funziona se uno è in ufficio, se uno è a casa si prepara qualcosa e risolve in autonomia. Questa settimana, invece, con il fatto che alcuni uffici hanno riaperto sta andando un po’ meglio. Speriamo continui così».
Per I love ostrica, che consegna ostriche e frutti di mare a domicilio, queste settimane sono state l’occasione per sottolineare in comunicazione la loro attenzione alla sicurezza alimentare, e per raccontare il servizio Express, che permette la consegna in 24 ore con corrieri espressi verificati per la spedizione refrigerata di alimenti freschi. «La nostra priorità è stata sempre rivolta al consumatore, racconta Luca Nicoli, patron del brand. L’obiettivo è di fornire ai clienti un prodotto sicuro, che rispetti tutte le norme igieniche e che allo stesso tempo porti in tavola degli italiani qualità e gusto: dalle ostriche alle crudités al pescato, i nostri prodotti sono una certezza».
Luca Miele, uno dei soci del gruppo di locali GUD Milano ha sempre lavorato con il take away battezzato GUD-bye e con il delivery fatto con aziende specializzate e ci racconta di una situazione di relativa tranquillità: «I locali in queste settimane sono rimasti sempre aperti, nell’osservanza attenta di tutte le ordinanze. Chiaro che l’emergenza sanitaria unita al maltempo non ha favorito l’uscire di casa. Per il delivery però non c’è stato aumento: chi ordinava ha continuato ad ordinare i piatti preferiti, non ci sono stati cambiamenti specifici.
È ovviamente un momento di calma, il fatto di lavorare da casa per qualcuno ha concesso del tempo in più per poter cucinare, mentre magari prima non c’era il tempo fisico e mentale per farlo».
E se non ci limitiamo al cibo, un altro delivery ha registrato qualche modifica nei comportamenti delle persone: Glovo, la piattaforma internazionale di consegne a domicilio multi-categoria porta a casa degli utenti, tra le altre cose, prodotti della farmacia e la spesa e gli incrementi sono significativi: nella città di Milano hanno registrato infatti un +30/40% per spesa e medicinali nel weekend dell’emergenza rispetto a quello precedente; +10/20% se si considera l’intera settimana, segno di una progressiva “normalizzazione”. Sul food delivery, anche Glovo è in linea con il resto del mercato, e dopo una leggera flessione nei primi giorni, ora è già in ripresa: «Continuiamo a supportare i nostri partner della ristorazione soprattutto adesso che il delivery rappresenta per loro una risorsa ancora più importante». ci sottolineano.
L’unico segno positivo lo fanno registrare due beni di consumo alternativi: gli alcolici e la cannabis legale. Entrambi più ordinati in queste settimane. Da JustMary, primo delivery di cannabis legale operativo sul mercato di Milano, Monza, Firenze, Torino e Roma, la situazione è in crescita. Dall’inizio della crisi hanno registrato un incremento di circa 30% degli ordini: più gente è a casa senza nulla da fare e maggiore è la voglia di relax, e quindi i consumi di questa versione light ottenuta da coltivazioni di canapa biologica selezionata tra le varietà certificate e autorizzate in Europa aumentano. La scorsa settimana l’azienda ha fatto una promozione con uno sconto ma ci confermano che gli ordini arrivano a prescindere. Il marketing fatto nei mesi precedenti ha permesso di essere presenti e puntuali sull’aumento della richiesta, e crescono anche gli utenti interessati, con un incremento dei registrati al servizio di oltre 1000 unità nell’ultimo mese.
Per Nicola Ballarini, con Andrea Roberto Bifulco fondatore della dark kitchen Ktchn Lab, mentre sul resto delle proposte si evidenzia una flessione come il mercato, l’unico picco positivo è il delivery di alcolici che sta avendo un grande successo. «Probabilmente questo aumento di ordini e l’arrivo di richieste anche ingenti dipende dal fatto che i luoghi dove abitualmente la gente beve – discoteche e bar – sono chiusi o fanno orario ridotto. Di sicuro c’è anche una buona parte di persone che sono spaventate nell’andare a consumare alcol fuori e quindi preferiscono farselo recapitare a casa. Continuano a soffrire molto le cucine orientali, mentre per noi che abbiamo gran parte della proposta concentrata sul cibo messicano la sofferenza è meno marcata». Milano da bere, dunque, ma sempre più tra le mura domestiche.