I raccontìnimi (letture amene)…
Proviamo con i racconti minimi, i raccontìnimi (robe brevi, fugaci, spietate), che durano meno di una pandemia. Alla quale confidiamo siano di buon esempio. È tutto breve quel che finisce.
Mi confessa un segreto (è il titolo)
Mi confessa un segreto: la sparizione del ragazzino. La giornata era ventosa sull’erba e tra gli alberi, o tra gli alberi e sull’erba, al parco. Il ragazzino avrà avuto dodici anni come lei. Il ragazzino le chiede una spinta all’altalena oscillante col sedile di legno appeso a corde. Lei gli dà la spinta, lui chiede di più, vorrebbe portare le corde parallele al suolo, tese, con lui sul sedile, faccia al cielo. Lei imprime sempre più forza sulle spalle del ragazzino, poi sul sedile, afferrandolo e scagliandolo. Il ragazzino vola via, il sedile resta vuoto a oscillare. La giornata è ventosa, il ragazzino non rotola sul prato oltre l’altalena, scompare e basta come un fazzoletto nel vento, via col vento. E domani fu un giorno come un altro, nessuno parlò di questa scomparsa, nemmeno nei mesi e negli anni seguenti, niente.
Oggi lei me ne parla per la prima volta durante un abbraccio. In tutti questi anni, capisci, mi dice, non ho saputo, non so niente di te, perché eri tu, vero?
Ancora te ne ricordi? Questo dovrei dire io, e poi: se cominciamo a ricordare, rischiamo di ricordare tutto, rischiamo di dare un senso alle vite, e questo sarebbe terribile, terribile, perché abbiamo vissuto credendo il contrario. Abbiamo vissuto credendo che tutto fosse un insensato soffio vitale, un colpo di vento.
Scriveva a mano
Scriveva a mano con la stilografica. La descrizione della pioggia gli venne talmente bene che la parola pioggia iniziò a piovere sulle altre parole, l’inchiostro bagnato si sciolse e scorse, le righe diventarono rigagnoli, raggiunto il bordo della pagina colarono via, tutto il resto del mondo diventò il loro tombino (ogni pagina è circondata da un vasto tombino: il resto del mondo).
Una pagina scritta, fitta fitta come la pioggia fitta e poi sparita, non può essere riscritta, soprattutto se fu scritta benissimo (o devi
cambiare argomento, devi scrivere di arsura e siccità, per esempio). Ecco perché non la riscrisse, ecco perché qui quella
pagina pluviale non appare.
Per evitare altre piogge dilavanti scelse, tra la biro e la scalpellatura su marmo, la biro tenace, perché il marmo è troppo lento, poi scelse la tastiera del computer, ma ora trema quando scrive “smemorato” o “perdita della memoria” (come qui), però osa (come qui).
Dopo averlo fatto
Dopo averlo fatto con una certa furia agonistica, lui, tipicamente l’amante, ovvero l’inservibile nella vita, chiese a lei (tipicamente l’amante, che sapeva benissimo a cosa, una sola, lui le servisse): «Mi chiedo perché lo fai». Questo lui le chiese. «Se non lo sai tu che te lo chiedi, perché dovrei saperlo io che non me lo chiedo? Ma che tu non lo sappia è già una spiegazione, questa: perché ogni volta sia l’ultima, ecco perché lo faccio, e con te ogni volta è l’ultima, anche questa, quindi lo faccio per l’ultima volta e tu non te ne accorgi. Ecco spiegato perché godi come un annegato le cui ultime parole sono “ma perché, perché si muore?». E non solo in questo sei ultimo, sei ultimo in tutto. (Tra parentesi, gli amanti si amano sempre per l’ultima volta). Io non ti elevo, ti riduco a ultimo sopra questa terra. Sai chi è l’ultimo? È colui che rinfaccia. E adesso non puoi che rivestirti, non puoi fare nient’altro.”
Ti fidi di stare in silenzio con me (questo è il titolo)
Ti fidi di stare in silenzio con me? (questo è il racconto, uguale uguale al titolo ma col punto interrogativo, quindi non è uguale uguale ma molto diverso; poi il racconto è per ora il titolo di tutta la raccolta, quindi il racconto è un titolo generale, alto in grado, in
cima al libro, però perplesso, interrogativo).
continua… (continua?)