L’Arabia Saudita avrebbe voluto tagliare la produzione in accordo con gli altri Paesi che fanno parte del cartello petrolifero (l’Opec), ma la Russia che fa parte dell’organismo allargato Opec+ si è opposta. Il taglio proposto dai sauditi avrebbe ridotto l’offerta e sarebbe servito a tenere in alto i prezzi. Come mai? La previsione per il prossimo futuro è di una flessione, se non una caduta della domanda di energia, come frutto di una minor crescita dell’economia, che peraltro si manifesta da prima dell’arrivo del famigerato coronavirus. Se l’offerta è elevata e cade la domanda, ecco che i prezzi cadono, a meno di tagliare l’offerta. Quanto si parla di petrolio si deve tenere a mente quel prezzo che consente il pareggio del bilancio pubblico dei Paesi petroliferi. I quali ottengono il consenso politico grazie al bilancio statale centrato sul petrolio. Il gettito del petrolio consente, infatti, di avere un gettito fiscale minimo, che non mette in moto il no taxation without representation. I Paesi petroliferi sono tutti autocratici, e non per caso. Salvo quelli che erano democratici da prima che scoprissero il petrolio, come gli Stati Uniti e la Norvegia.
La mossa russa sembra avere questa motivazione (peraltro non nuova, se non altro perché qualche anno fa sembrava essere la strategia dei sauditi). Gli Stati Uniti grazie allo shale oil possono mettere – certo non oggi ma in futuro non troppo lontano – in difficoltà le esportazioni energetiche russe e il potere di condizionamento che ne deriva. Con il prezzo del petrolio basso l’estrazione dello shale diventa meno conveniente, perché ha dei costi elevati ed è finanziata a debito. Se le cose si mettono male in questo settore, ecco che viene meno una fonte di finanziamento importante del concorrente della Russia.
Mette conto ricordare i punti di forza e di debolezza dei contendenti. Il bilancio dello stato russo è in pareggio con il petrolio a 40 dollari, quello saudita al 80, ma i sauditi hanno a disposizione una enorme ricchezza che possono disinvestire per finanziare per un tempo non breve dei deficit pubblici che – proprio per la caduta del prezzo de petrolio – possono diventare elevati. È quindi difficile dire chi potrà vincere il braccio di ferro.
Questo per la cronaca ultima. La quale va vista in un contesto più ampio, che è quello del ruolo del petrolio nell’economia. L’ultimo secolo e mezzo ha avuto come co-protagonista il petrolio: basta immaginare che cosa sarebbe il mondo d’oggi senza i trasporti, i fertilizzanti, la plastica. Ci muoveremmo meno, saremmo meno numerosi, e non potremmo avere molte comodità. Il petrolio si è formato in “tempi geologici”, ed è consumato in “tempi storici”. Non è possibile produrre nuovo petrolio in “tempi storici”, perciò si consuma quello esistente. Si è consumato velocemente quello che a oggi costa meno estrarre – che è pari a circa un terzo delle riserve. Quello che costerebbe molto estrarre non si è ancora consumato – ed è pari a circa due terzi delle riserve. Dunque il petrolio disponibile per via “economica” fino a oggi è stato inferiore al petrolio disponibile per via “fisica”.
Le alternative al petrolio – le energie alternative – sono meno efficienti: un barile produce più energia dei molti giri di pale dei moderni mulini. Quando il petrolio era l’energia alternativa, era più efficiente del carbone, l’energia allora dominante. Quando il carbone era l’energia alternativa, era più efficiente delle energie allora dominanti: il legname e la forza degli animali e degli umani. Insomma, per la prima volta, l’energia “nuova” è meno efficiente dell’energia “vecchia”. La prima conclusione è che il petrolio è la miglior energia di cui disponiamo, allo stato delle nostre conoscenze.
Il consumo di petrolio aumenta, se gli umani diventano più numerosi, e se diventano più ricchi, e se diventando più ricchi ecco che consumano di più. Il consumo di petrolio, invece, diminuisce (precisamente il consumo per unità di PIL, non quello assoluto) con il progresso tecnico. Nel prossimo futuro, dovremmo (noi umani) diventare più numerosi e i Paesi in via di sviluppo dovrebbero diventare più ricchi. Resta – per frenare gli effetti sui prezzi della crescita della domanda di petrolio – solo lo sviluppo della tecnologia. La quale tecnologia (non quella delle energie alternative) assume la forma delle migliori tecniche d’estrazione e del risparmio energetico. La seconda conclusione è che il prezzo del petrolio ha un movimento “lungo” al rialzo con delle forti escursioni intermedie al ribasso, come quella del 2014, e quella odierna. La seconda conclusione ha come implicazione la forte escursione della forza e della debolezza politica dei petro-stati.