Finalmente il governatore Attilio Fontana, dopo l’assurda polemica di ieri contro la Protezione Civile, e dopo aver parlato di «speculazioni vergognose» ricordando che, da indicazioni dell’ISS, i tamponi andrebbero fatti solo ai sintomatici, oggi cambia registro e dice che la Lombardia dovrà effettuare più tamponi, anche ai soggetti paucisintomatici.
Eppure, come ha ricordato il virologo Pregliasco, gli studi effettuati a Vò Euganeo hanno dimostrato che il 75% dei contagiati era asintomatico! Fontana ha più volte dichiarato che in Lombardia è stato effettuato il maggior numero di tamponi: vero in termini assoluti, ma i controlli sono stati largamente inferiori a quelli del Veneto, se rapportati alla popolazione.
Oggi dobbiamo recuperare il terreno perduto, con i disastri che abbiamo conosciuto, concentrando l’attività diagnostica innanzitutto sulle categorie più a rischio: il personale sanitario, non solo ospedaliero, il personale e gli assistiti in comunità residenziali, il volontariato e la protezione civile nonché i soggetti sintomatici e le persone venute a contatto.
Si tratta di 100mila dipendenti delle aziende sanitarie, 50mila nelle RSA, e altre migliaia di altri operatori sanitari e di assistenza del privato, oltre a un numero non precisato ma certamente numeroso di persone sintomatiche e dei loro contatti. Ne consegue che, data l’urgenza dei tempi, è indispensabile la previsione di «almeno» 10mila tamponi al giorno, contro i 5mila proposti dal Governatore Fontana.
Non è un gioco al rialzo, né una proposta di controlli a tappeto, ma il minimo sindacale per tutelare almeno i lavoratori della sanità oggi più esposti, e per individuare e possibilmente tracciare i soggetti positivi. Per questo è indispensabile aumentare il numero di laboratori che effettuano i test e potenziare la loro capacità di analizzarli, in modo da garantire lo stesso numero di esami.
Si dovrebbe altresì attivare il controllo anticorpale in modo da escludere dai tamponi le persone che risultino immunizzate. Ma, si sente dire, attualmente non sarebbe disponibile un numero sufficiente di tamponi e di kit. Sino a pochi giorni fa la società produttrice italiana si diceva pronta a inviare 500 mila tamponi negli USA, e dichiarava di avere comunque scorte a disposizione. Cosa è cambiato in così breve tempo? E quanto ai kit diagnostici, perché si è tardato a reperirli dalle ditte straniere? E perché non aderire subito alla proposta dei ricercatori che si sono offerti di effettuare un numero molto rilevante di controlli nei loro laboratori?