Dopo che sabato sera Linkiesta e altri giornali avevano diffuso un suo videomessaggio in cui incitava i suoi dipendenti a telefonare senza tregua ai clienti e li aggiornava sulle ottime prospettive dell’azienda nonostante le difficoltà per il coronavirus, Urbano Cairo ha pubblicato tre messaggi di spiegazione.
Il primo affidato in un comunicato all’Agenzia Ansa: «So che circola e viene interpretato in maniera malevola da qualcuno un video che ho fatto nei giorni scorsi per motivare la forza di vendita della mia azienda in un momento di difficoltà per l’Italia, anzi per il mondo intero. Il tema è semplice un’azienda che vive al 45 per cento di pubblicità non può permettersi dirigenti che vadano a casa e non agiscano per fronteggiare l’emergenza, anche di fronte a una tragedia come quella che stiamo vivendo. Non possiamo permetterci, nessuno escluso, di aspettare che passi, anche perché abbiamo 4500 dipendenti (e altri 4500 di indotto) verso i quali abbiamo la responsabilità di garantire lo stipendio e per i quali va salvato il posto di lavoro».
Il secondo, pubblicato nel seguente video sulla sua pagina Instagram.
Il terzo, sempre affidato a Instagram, stavolta per iscritto:
«Mi dispiace, non ho tempo per “vergognarmi” come molti chiedono. Non vendo mascherine al triplo del prezzo, non fabbrico finta amuchina, faccio l’editore di giornali e tv di qualità, che assicurano al Paese la giusta e libera informazione in un momento difficile come questo. Per farlo – incredibile segreto – ho bisogno della pubblicità. Non ho chiuso un programma televisivo, né uno solo dei miei giornali.
Sento su di me la responsabilità quotidiana di migliaia di posti di lavoro. C’è da mettere le mani nel fango? Ce le metto volentieri. Il video che è uscito era una riunione di spogliatoio. Non doveva essere pubblicato. E nello spogliatoio per motivare si dicono anche cose che possono sembrare discutibili. Mi scuso per le persone citate. Avevo bisogno di dare fiducia per tentare di raggiungere l’obiettivo.
E l’obiettivo è salvare le aziende e salvare i lavoratori che le costruiscono tutti i giorni. Perché ci sarà anche un “dopo” questi giorni orrendi e non vorrei che questo “dopo” fosse ancora peggio di oggi. Se ce la faremo, ce la dovremo fare tutti assieme. Questo è sempre stato il mio obiettivo: salvare tutti i posti di lavoro. Devo usare metodi “poco educati”? Devo essere diretto nella comunicazione? Me ne prendo la responsabilità. Come quando sono andato quasi un mese fa ospite dalla Gruber – unica volta in Tv su La7 – per dire che andava chiuso il Paese per salvarlo. Anche lì giù critiche e distinguo.
Mi dispiace, dico e faccio quello che penso perché domani ci sia ancora terra da coltivare e da mangiare per tutti. Questo è il mio compito di imprenditore e di editore che non ha altro interesse che questo, che non ha mai interferito con il libero lavoro delle proprie testate e tv, facendo della loro autonomia il suo unico credo».