È inutile girarci intorno, cercare scorciatoie o inventarsi il modello perfetto: responsabilità è la parola-chiave contro il virus che ci tortura. Nessun modello può funzionare senza questa qualità e se non c’è allora il richiamo a modelli autoritari diventerà irresistibile. Così l’incontro tra un’app capace di entrare in ogni risvolto della nostra vita e la mentalità autoritaria rischia di essere micidiale.
Senza la responsabilità, figlia dell’idea, ancora più grande, che nessuno si salva da solo, il modello d’attacco al virus dovrà necessariamente diventare molecolare, granulare fino al controllo dettagliato del comportamento della singola persona. Nel caso del nostro Paese, un tale sistema, parliamo del “modello coreano”, oltre a essere estremamente complesso da realizzare, potrebbe addirittura rivelarsi un boomerang.
Se vediamo il modello coreano in opposizione al lockdown, dobbiamo perciò chiederci se effettivamente può funzionare in Italia. Vogliamo essere fedeli a Karl Popper, cioè al fondamento del metodo scientifico, per cui il valore scientifico di una scoperta sta nello stabilire le condizioni della sua fallibilità. Vediamo allora quali sono le condizioni di fallibilità di questo modello applicate all’Italia.
Cominciamo dagli aspetti tecnologici più semplici. Il monitoraggio è fatto attraverso un’app da installare nel telefono di ciascuno, che così potrà vedere con un pallino rosso i movimenti di una persona contagiata. Perfetto. Ma cosa succede, o può succedere? Che una persona contagiata si muova senza il telefono, o senza il gps acceso. O che la carta sim sia a nome di qualcun altro, o che abbia più carte sim disponibili con nomi diversi.
Ecco il primo gradino della responsabilità. Poi ci sono altre questioni tecniche dirimenti: le celle, di cui si compone la rete cellulare, non sono sempre di 150 metri quadrati, ma in campagna, e nelle zone meno dense, sono di chilometri, in questo caso la localizzazione del contatto è molto approssimativa. Inoltre il cellulare, quando la cella fisica dove è collegato è affollata, si sposta automaticamente su quella vicina.
Ovviamente sul telefono comparirà un pallino, al posto della persona, ma naturalmente non sappiamo, né potremo sapere, il nome della persona, né la sua posizione al metro quadro, sapremo che in quella cella telefonica (di ampiezza variabile) c’è una o più persone colpite dal virus. Si creerà il terrore, un terrore indistinto, cieco. E qui siamo su un ordine di problemi enorme, che vedremo tra poco.
Altri problemi tecnologici: chi avrà la capacità tecnica di stoccare la mole enorme di dati generati da questa app? Tendenzialmente stiamo parliamo di decine di milioni di contatti che producono uno sciame di dati a ogni minuto. Sarebbe facile fare il caso dell’INPS, però qui siamo. Chi è in grado di garantire dal punto di vista tecnologico la non intrusione nel sistema e la garanzia di anonimato? Dato che l’anonimato non può essere assicurato in assoluto: senza un legame certo tra la carta sim e la persona fisica il sistema serve a poco.
Un secondo ordine di problemi è di natura sociale. Cosa succede quando una persona diventa contagiata? Il suo puntino dovrà comparire naturalmente sullo schermo per evitare che persone non contagiate vi si possano avvicinare. Siccome la precisione non è al metro, e naturalmente non compare il nome (e se comparisse sarebbe peggio), quel che si può sapere è che nel proprio condominio, o nei cinque/sei condomini vicini, c’è una persona contagiata. Cosa succederà ai rapporti sociali? Quale sarà la reazione individuale? Non abbiamo nessuna esperienza di questi meccanismi comportamentali.
Adesso se una persona contagiata esce di casa compie un reato, ma naturalmente dev’essere individuato e controllato. Allora il controllo si sposterebbe sul suo cellulare; ma se esce senza cellulare, non resteranno che i controlli su strada, a meno che la quarantena non si trasformi in una forma di “arresto domiciliare” o il contagiato non venga trasferito in un luogo presidiato. Qualcuno poi potrebbe pensare di estendere i controlli anche a quanti non siano contagiati (o non si sa se lo sono) per assicurarsi che escano di casa solo nei casi previsti dalla legge. E cosa succede se gli asintomatici si rivelano essere migliaia e migliaia? Chi si salverà da solo?
E arriviamo così alle questioni legali, ancora più difficili. Affinché il controllo sia effettivo, si dovrà imporre l’assoluta corrispondenza tra carta sim e utilizzatore reale. Stabilire un controllo minuto per minuto di quanti siano contagiati, seppure automatico, e stabilire comportamenti iper-regolati per le diverse categorie di persone: sintomatici, asintomatici, immuni, sapendo che questi status sono variabili. Di conseguenza, il sistema di controlli dovrà essere necessariamente di massa con una moltitudine di individui isolati, homo homini lupus, senza un’anima comune e solidale.
«Non siamo in Corea paese in cui l’aderenza alle regole fa parte dell’identità nazionale, – dice Andrea Melegari, esperto di tecnologie impiegate per il monitoraggio e la prevenzione dei virus – né in Israele, un paese in guerra da 40 anni, che ha una infrastruttura tecnologica formidabile e delle procedure definite. Perciò rischiamo di creare un’applicazione che ci fornisce dati incompleti, fuorvianti, distorti e dunque, di fatto, di difficile applicazione».
Dovrebbe essere fatto su base volontaria; ma chi non lo vorrà fare? Gli sarà imposto di scaricare e utilizzare l’applicazione? e se si rifiuta? Quali sono le basi giuridiche per l’obbligatorietà di una limitazione così estesa della privacy? Il passaggio dalla volontarietà all’obbligatorietà è una enormità sul piano giuridico.
Quelle elencate sono le condizioni di fallibilità del modello. Riusciamo a farvi fronte? Riusciamo a creare una app che abbia informazioni limitate? che trasmetta solo alcuni dati? che sia su base volontaria (o obbligatoria solo in casi ristrettissimi e limitati nel tempo) e con sistemi inaccessibili a chiunque (modello Apple) e che non si sostituisca ai poteri di controllo tipici (cioè da leggi fatte osservare da uomini)? Sono informazioni che si autodistruggano dopo un certo tempo? La sfida è alta, inedita, come terribile e inedita è la situazione in cui ci troviamo.
In ogni caso, e qualunque sia il modello da scegliere, sappiamo che il virus è “sociale”, che dal punto di vista biologico non può crescere su sé stesso, ma ha bisogno degli esseri umani per diffondersi. A suo modo ci sta insegnando a contrastarlo con metodo simmetrico al suo modo di agire, con l’anti-virus della responsabilità, installato dai nostri comportamenti collettivi. Nessuno si salva da solo.