Sudditi cittadiniIl discorso di Conte è l’emblema dello Stato paternalista

Il ricorso a formule indefinite e ambigue (come l’indimenticabile “prossimità” ai fini del jogging) espone gli italiani all’arbitrio di chi le deve applicare. È la crisi del principio di legalità. Magari risolto da una f.a.q. come nella Repubblica delle banane. Non può funzionare ancora a lungo

Foto di Gabriele Rosso

Dal discorso del Presidente Conte, poi trasfuso nel decreto del 26 aprile, avrei voluto sapere con precisione i pochi (o, magari, tanti) divieti rimasti perchè necessari e proporzionati rispetto alla situazione. La comunicativa pubblica del governo invece indica quello che è permesso e l’ultimo decreto del presidente del Consiglio dei ministri,coerente con questa impostazione indica quale prima limitazione (art. 1, lett. a) un incredibile «sono consentiti solo gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute e si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti purché venga rispettato il divieto di assembramento e il distanziamento interpersonale di almeno un metro e vengano utilizzate protezioni delle vie respiratorie». 

In un solo periodo viene affermato ciò che è consentito e non ciò che è vietato; vengono limitati gli spostamernti ai “congiunti”; viene posta anche in questo caso la condizione del distanziamento interpersonale e di non meglio precisate protezioni individuali delle vie respiratorie. Del primo punto dirò più giù. 

Quanto ai “congiunti” speravo in una licenza “orale” del presidente Conte ed invece è riprodotta nel decreto (art. 1 lett a agli effetti degli spostamenti, e lett. i agli effetti dei funerali). Nozione assai vaga. Definita solo nel diritto penale ma agli effetti di un grave reato, quello di cospirazione e banda armata, ma nient’affatto nel diritto civile, dov’è stata sviluppata dalla giurisprudenza oltre le parentele a comprendere anche ad esempio i fidanzati.

Il ricorso a formule indefinite e ambigue (come l’indimenticabile “prossimità” ai fini del jogging ed altre) espone il cittadino all’arbitrio di chi le deve applicare. È la crisi del principio di legalità. Magari risolto da una f.a.q. come nella Repubblica delle banane.

Ma preoccupa più ancora la trasposizione di una logica paternalista che già era stonata in fase emergenziale. I diritti costituzionali che hanno fondamento nella Costituzione assumono così il sapore di una graziosa concessione. Un governo che confonde continuamente norma giuridica e norma sociale (comando e consiglio) e pronto a colpevolizzare i cittadini perfino per i comportamenti potenziali.

Tutto ciò che non è vietato è permesso, ci è stato insegnato. Il principio di libertà, che fa da sfondo alle libertà (al plurale).

Il presidente del Consiglio Conte insegna Diritto privato all’università. Dico ovvietà. Il diritto privato è il regno della libertà e la matrice concettuale del giusnaturalismo, da cui sono originati i diritti naturali dell’individuo e poi i diritti costituzionali (del cittadino) e umani (della persona).

Secondo la dottrina privatistica che ha forgiato lo stesso diritto pubblico (attraverso la linea europea Jhering, Kelsen, Bobbio) il contratto è sempre giusto perché è la migliore realizzazione dei propri interessi, nell’incontro delle volontà. È frutto di un esercizio di libertà (autonomia) così come può agire socialmente (cd. autonomia privata). Le limitazioni di diritto pubblico sono limitate al minimo necessario, ed è – appunto – permesso tutto ciò che non è vietato. 

Su questo brocardo, che è anche uno schema, si è formato il diritto pubblico moderno, provando a trasporre il contrattualismo al rapporto tra autorità e libertà (ovvero Stato e società/individuo).

Nel costituzionalismo, la matrice di tutte le libertà (almeno quelle esteriori, non morali) recita appunto che il principio generale è la libertà e che le limitazioni sono eccezioni. Ciò sta ad indicare nella teoria generale che viene considerata sottesa ai nostri ordinamenti liberal-democratici che esiste una norma “generale di chiusura” di un ordinamento (secondo la teoria che porta lo stesso nome, chiamata anche “del giuridicamente lecito”).

Un’impostazione di chiara matrice liberale. 

L’approccio comunicativo e normativo del governo a qualcuno potrà sembrare affabile e informale, ma a parte che è praticamente dannoso, tratta il cittadino da suddito. Di uno Stato paternalista peraltro guidato da una mediocrità inconsapevole e incapace e, perciò, non poco pericolosa.

 

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