In questi giorni diversi leader europei hanno parlato alla nazione per informare i cittadini sulle nuove misure adottate per fronteggiare la pandemia Covid-19. Saper comunicare, soprattutto in momenti delicati come questi, può risultare cruciale. Ci siamo chiesti, allora, se e come la comunicazione sia cambiata da Paese a Paese, a quale struttura emotiva si sia fatto ricorso, e quale ruolo all’interno di questi discorsi abbia giocato il rapporto con l’Unione Europea. Ovvero la postura che ogni Paese adotta per affrontare la crisi e uscirne.
Abbiamo analizzato i discorsi dei leader dei tre Paesi più colpiti: Italia, Francia e Spagna. Le cariche istituzionali hanno sfumature differenti, sebbene comparabili, e gli appelli ai cittadini sono stati fatti in circostanze formali diverse tra loro: il premier spagnolo Pedro Sanchez ha tenuto il 9 aprile un intervento al Congresso dei deputati, il Presidente francese Emmanuel Macron il 13 aprile un discorso a rete unificate, mentre il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha parlato il 10 aprile durante una conferenza stampa, anche se il suo discorso iniziale è durato come quello del presidente francese.
Macron ha puntato sull’empatia, memore dalle polemiche dei giorni precedenti al lockdown quando decise di mantenere lo svolgimento delle elezioni amministrative. L’obiettivo di Monsieur le Président è recuperare una connessione emotiva con i francesi e ha tentato di raggiungerla con un atteggiamento one-down, dichiarando i propri limiti, attraverso un mix tra umiltà e orgoglio.
Ha subito concentrato il suo intervento sulle differenti difficoltà che la popolazione sta vivendo, con toni e dettagli che lo avvicinano a un esercizio ben riuscito di immedesimazione. Ampio spazio è dedicato alla gratitudine nei confronti di tutte le categorie (dalla prima alla terza linea) per arrivare a coinvolgere direttamente gli ascoltatori e tentare di stabilire con essi un rapporto diretto.
A questo punto Macron compie un’azione semplice e strategica: riconosce, a più riprese, l’impreparazione iniziale della Francia, e dunque anche la sua personale, nella gestione della crisi. Fa ricorso allo stratagemma del trucco svelato in cui anche i dubbi vengono dichiarati e trovano spazio. Non prosegue appellandosi al vittimismo, ma un (immancabile) richiamo all’orgoglio: per la Francia e per i francesi grazie ai quali sta avvenendo e avverrà la ripesa.
Macron non fa menzione di tensioni interne, dialettica politica o il ruolo delle opposizioni. Nonostante la Francia sia stata molto attiva nella negoziazione, l’Europa è una comparsa, poco rilevante in un discorso tutto concentrato sulla connessione con i francesi. Viene menzionata solo per esprimere un giudizio complessivamente positivo e rivendicare il ruolo propositivo che la Francia ha giocato e continuerà a giocare per ottenere maggiore solidarietà.
Macron passa in rassegna le misure previste per le diverse categorie e delinea dei tempi, ma ciò che più preme al Presidente è evocare la ripartenza come un momento di rifondazione che si basi sulla riscoperta di una Francia unita e dei suoi concittadini fraterni e solidali.
Il discorso di Sanchez ha avuto invece il tono piuttosto pragmatico di un premier che, sotto il peso di un dramma sanitario ed economico, chiede adesione e collaborazione per un piano per la ricostruzione. In questo momento il leader socialista attraversa un calo di popolarità e può contare su una maggioranza molto precaria, Non sono mancate dediche alle vittime e i ringraziamenti ai medici, ma il centro del suo intervento è stato la proposta di un Accordo di unità nazionale per la ricostruzione economica e sociale della Spagna.
Ha descritto le misure economiche in maniera puntuale e ha annunciato che ci sarà un ritorno a una nuova normalità, ma avverrà con un graduale rientro al lavoro per una serie di categorie. Sanchez è intervenuto anche sul tema delle fake news: secondo le forze dell’ordine spagnole, nelle scorse settimane sarebbero nati più di 1 milione di account social, per fare disinformazione.
Per quanto riguarda l’Unione Europea, il premier spagnolo ha assunto una posizione più strategica di Conte. Ha cercato di responsabilizzare le opposizioni, chiedendo il contributo di tutti i rappresentanti politici e di tutti i partiti spagnoli nel far sentire la loro voce all’interno dei partiti europei a cui appartengono per ottenere più solidarietà. Questo, secondo Sanchez, è l’unico modo per difendere la Spagna e dunque l’Europa. (Come dargli torto?).
Conosciamo cosa ha detto Conte, ma è interessante il come. La sua conferenza stampa di Conte è apparsa abbastanza diversa rispetto agli interventi di Macron e Sanchez, forse anche perché preceduta da altre comunicazioni pratiche. Il presidente del Consiglio ha iniziato il suo intervento senza alcuna introduzione, annunciando direttamente la proroga delle misure straordinarie e il lavoro del governo su un piano per la fase due, basato su due pilastri: la costituzione di un gruppo di esperti e lo sviluppo di un protocollo sicurezza per le attività lavorative con i relativi tempi e le categorie coinvolte.
Più di un quarto del discorso è stato occupato dai temi europei con parole pesate accuratamente per ottenere consenso nel dibattito interno. Conte è apparso più teso e forse “emotivo” del solito. Ha preso le distanze dal risultato, «ottenuto da altri Paesi», di aver eliminato le condizionalità per l’utilizzo del Meccanismo europeo di stabilità e ha annunciato che l’Italia non farà ricorso, posizione che a oggi (per fortuna) sembra non più confermata.
Ma il tema Mes ha innescato in Conte una reazione emotiva, quasi irosa dal punto di vista politico sfociata in un attacco ai leader dell’opposizione Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Una conclusione diversa da quella di Sanchez per toni e parole usate
I tre leader hanno parlato ai loro cittadini per raggiungere degli obiettivi strategici diversi: tentare di riconnettersi con i francesi per Macron, ottenere adesione per l’accordo di unità nazionale per la ricostruzione economica e sociale per Sanchez. Appare tuttavia un po’ più sfocato l’obiettivo di Conte che, in particolare rispetto alla negoziazione con l’Unione Europea, lascia intravedere più di una contraddizione.
Sembra quasi di riconoscere una certa abitudine, ampiamente diffusa nel Paese, a trovare sempre qualcuno o qualcosa a cui dare la colpa, nella fattispecie, “l’Europa” mentre mai o raramente si riflette sulla capacità strategica dell’Italia di stare in Europa. Perfino il Presidente della Repubblica francese ha riconosciuto i propri errori, ma non sembra questa l’intenzione di Conte.