Down under George Pell, il cardinale australiano super conservatore, non è un pedofilo

L’Alta Corte ha prosciolto all’unanimità l’ex porporato di Sidney, il quale è uscito dal carcere. Una storia di persecuzione giudiziaria riconosciuta anche dal suo avversario ideologico, Papa Francesco

Con CHRONIS / AFP

L’Alta Corte d’Australia, supremo organo giudiziario del Paese, ha oggi prosciolto all’unanimità (sette giudici su sette) il cardinale George Pell dall’accusa di abusi su minori. È stata così ribaltata la sentenza emessa il 21 agosto 2019 dalla Corte d’Appello dello Suprema Corte dello Stato di Victoria, che, respingendo il ricorso del porporato (con due voti favorevoli e uno contrario), aveva confermato la condanna a sei anni di carcere irrogata il 13 marzo, in primo grado, dal giudice Peter Kidd.

Il verdetto dei sette giudici dell’Alta Corte è basato sul dato della ragionevole possibilità che il reato non sia avvenuto e che quindi una persona innocente sia condannata.

Pell, che ha lasciato stamattina il carcere di Barwon per andare in un istituto religioso presso Melbourne, ha sottolineato che il suo processo «non era un referendum sulla Chiesa cattolica né su come le autorità della Chiesa in Australia hanno trattato il crimine della pedofilia nel clero». Il cardinale, che si è sempre proclamato innocente, ha spiegato: «Il punto era se avevo commesso o no questi terribili crimini e io non li ho commessi». 

Ha quindi auspicato che la sua assoluzione non aggiunga altro dolore, perché «l’unica base della guarigione a lungo termine è la verità e l’unica base della giustizia è la verità, perché giustizia significa verità per tutti».

Pell ha detto di non nutrire alcun risentimento verso il suo accusatore, che aveva denunciato di essere stato molestato insieme con un coetaneo 13enne nella sacrestia della cattedrale di Saint Patrick a Melbourne. I fatti, secondo l’accusa, sarebbero avvenuti nel 1996 al termine di una messa, celebrata da Pell – che era all’epoca arcivescovo di Melbourne – e servita dai due adolescenti. Il presule era stato ritenuto inoltre reo di aver aggredito indecentemente uno dei due in un corridoio più di un mese dopo. 

Questo, almeno, secondo il verdetto emesso, l’11 dicembre 2018 (ma reso noto solo il 26 febbraio 2019), dai 12 giurati della County Court di Victoria, che avevano ritenuto colpevole Pell di molestie sessuali sui due 13enni secondo cinque capi d’accusa: uno per aggressione e quattro per attentato al pudore. Verdetto sulla base del quale è stata poi successivamente irrogata l’accennata condanna a sei anni in primo grado.

Ma le circostanze indicate per le molestie e l’aggressione erano apparse non solo ai legali del porporato ma anche a parte della pubblica opinione, di fatto divisa in due, come non verosimili in quanto localizzate in luoghi di pubblico passaggio come la sacrestia o il corridoio. 

Senza contare che il verdetto iniziale era basato sulle dichiarazioni di una sola delle due vittime (l’altra è morta nel 2014 per overdose d’eroina) e, dunque, non supportato dalla necessaria evidenza come sempre sostenuto dalla difesa. Il noto gesuita australiano Frank Brennan, accademico e attivista per i diritti umani, a lungo critico nei riguardi di Pell, ha ritenuto, ad esempio, molti dei dettagli forniti dal denunciante «improbabili se non impossibili». 

Riserve anche da parte del giornalista di The Australian Paul Kelly che, il 2 marzo 2019, ha parlato di «assalti mediatici calcolati» e «guidati dall’Abc». Nonché dal reporter di cronaca nera John Silvester, che ha fra l’altro rilevato come quella di Pell, già coinvolto in una precedente inchiesta giudiziaria con l’accusa d’aver coperto sacerdoti pedofili nella diocesi di Melbourne, sia sempre stata una figura polarizzante in Australia.

Il porporato, che l’8 giugno compirà 79 anni ed è stato componente del Consiglio dei Cardinali (il C9 bergogliano) fino al 12 dicembre 2018 e prefetto della Segreteria per l’Economia fino al 24 febbraio 2019 (quando è scaduto il quinquennio di mandato), è infatti generalmente ritenuto un conservatore della linea ratzingeriana.

Pubblicamente critico nei riguardi di Bergoglio, soprattutto all’indomani della pubblicazione dell’Esortazione apostolica post-sinodale Amoris Laetitia (in riferimento alla quale ha supportato i Dubia, sottoscritti dai cardinali Brandmüller, Burke, Caffarra, Meisner), George Pell, che ama celebrare secondo il messale di Pio V o tridentino, si è reso noto in Australia come paladino dei valori tradizionali del cattolicesimo.

Noto per le sue crociate contro la legalizzazione dell’eutanasia e del matrimonio tra persone dello stesso sesso, il porporato si è sempre pronunciato criticamente contro l’ordinazione sacerdotale delle donne e l’abolizione del celibato cleriale. 

Promosso nel 2001 ad arcivescovo di Sidney da Giovanni Paolo II (che lo avrebbe creato cardinale due anni dopo) ed entrato in diocesi il 10 maggio, Pell dichiarò nell’omelia per la presa di possesso canonico che «l’insegnamento cristiano sulla sessualità è solo una parte dei Dieci Comandamenti, delle virtù e dei vizi. Ma è essenziale per il benessere umano e specialmente per il corretto sviluppo dei matrimoni e delle famiglie, per la continuità della razza umana».

Nel 2009, a seguito delle dichiarazioni di Benedetto XVI su la monogamia e l’astinenza sessuale quale soluzione all’Hiv/Aids in Africa, fecero enorme scalpore le affermazioni del porporato ben al di là degli stessi postulati ratzingeriani.  «L’idea di poter risolvere – disse all’epoca nel corso di un’intervista televisiva – una grande crisi spirituale e sanitaria come l’Aids con alcuni congegni meccanici come i condom è ridicola. Se si guarda alle Filippine, si vedrà che l’incidenza dell’Aids è molto più bassa rispetto alla Thailandia, che è inondata di preservativi. Ci sono preservativi ovunque, eppure il tasso di infezione è enorme. I preservativi incoraggiano la promiscuità; i preservativi, dunque, incoraggiano l’irresponsabilità».

Si è fatto anche notare per l’opposizione alle tesi ambientalistiche del cambiamento climatico (in pieno accordo col pensiero di Trump) non risparmiando attacchi all’enciclica bergogliana Laudato si’.

Con un comunicato della Sala Stampa, diffuso in tarda mattinata, la Santa Sede ha detto di accogliere «con favore la sentenza unanime pronunciata dall’Alta Corte nei confronti del cardinale George Pell, che lo proscioglie dalle accuse di abuso su minori, revocandone la condanna. Il Cardinale Pell – nel rimettersi al giudizio della magistratura – ha sempre ribadito la propria innocenza, attendendo che la verità fosse accertata. Con l’occasione la Santa Sede riafferma il proprio impegno a prevenire e perseguire ogni abuso nei confronti dei minori».

E nelle stesse parole, che Francesco ha pronunciato stamani nell’introduzione alla messa a Santa Marta, è forse da ravvisare un riferimento al lungo iter giudiziario, che ha visto condannato Pell in primo grado e in appello. «Io vorrei pregare oggi – ha detto – per tutte le persone che soffrono una sentenza ingiusta per l’accanimento».

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