Si potrebbe dire che la sfida per Milano è tripla rispetto alle altre città del Paese, per diversi motivi. Il primo è legato al fatto che si trova nella regione più devastata dalla pandemia. Il secondo è che, con il blocco delle attività, anche la sua identità di centro nevralgico dell’economia è stata colpita nel profondo. Terzo punto: la città sorge nell’area più inquinata d’Europa, una sfida non nuova, ma che oggi si lega ai rischi legati all’infezione.
Una cosa è certa: Milano non vuole farsi cogliere impreparata. L’ha detto il sindaco Beppe Sala nei suoi tanti videomessaggi indirizzati alla cittadinanza. Lo dimostra, nel concreto, un’intera amministrazione che fin da subito si è adoperata per dare il buon esempio, portando la maggior parte degli oltre 15mila addetti comunali a lavorare da remoto.
La città ha lavorato a un piano in chiave verde e di mobilità “lenta” fatta di servizi e quartieri a misura d’uomo, dove sono possibili gli spostamenti in bici e su mezzi condivisi, e dove la ripartenza economica e sociale avviene intorno agli spazi pubblici, fruibili dai cittadini in maniera piena e sicura.
I cambiamenti dovrebbero essere operativi dal 4 maggio. Da un lato, le incertezze sui tempi della riapertura e su quali saranno concretamente le attività concesse o ancora vietate impedisce piani definitivi, e i provvedimenti specifici saranno aggiornati in corso d’opera. Di fatto Milano si è ritrovata a ribaltare una programmazione che aveva messo in cantiere con durata decennale in una di brevissimo periodo.
Il piano “Milano 2030” si è così trasformato in “Milano 2020”. «Siamo in una fase dove tutti dobbiamo dimenticarci di alcune certezze che avevamo, ad esempio sulla pianificazione», dice a Linkiesta Pierfrancesco Maran, assessore all’urbanistica del capoluogo. «Ma le proposte ci siamo sentiti di farle, anche sulla base della nostra esperienza. Noi rispettiamo tutti i modi di lavorare, comprese le task force di esperti. Ma qui abbiamo voluto provare a fare un ragionamento opposto, assumendoci la responsabilità di presentare delle politiche. Non possiamo avere la certezza che le cose che proponiamo siano giuste, ma un approccio propositivo della politica è essenziale».
Il risultato del lavoro della giunta è un piano che affronta le opzioni più accessibili per una riapertura a breve termine e graduale delle attività, e un programma che punta a preparare il terreno per i prossimi mesi, posto che bisognerà abituarsi a una “nuova normalità”. Soprattutto, un piano aperto ai consigli – e potenzialmente alle critiche – di chiunque vorrà contribuirvi, e di cui il comune si è già avvalso per larga parte, sentendo consiglieri comunali, associazioni e altri attori della realtà milanese.
Il piano si articola su alcune direttrici fondamentali: lo spazio pubblico, tra i fulcri più centrali del ripensamento della città, il trasporto, in chiave di mobilità verde, e i servizi, che dovranno essere accessibili ai cittadini entro 15 minuti a piedi da qualsiasi sia il loro domicilio in città. Il tempo, in questo senso, è elemento fondamentale, ed è la variabile su cui si sviluppa la programmazione più contingente.
Alcune delle idee sono già state anticipate: da un lato, si prenderanno accordi con le aziende per favorire un rientro al lavoro che consenta di non creare assembramenti nell’utilizzo dei servizi pubblici, tramite orari scaglionati, e incoraggiando lo smart working. Dall’altro, le attività commerciali avranno un’estensione dell’orario di apertura, in modo da consentire che i clienti possano essere distribuiti nell’arco della giornata.
Allo stesso tempo, per evitare che troppe persone prendano i mezzi pubblici – vera «ossatura delle città», dice Maran -, si provvederà a incentivare l’uso di mezzi di trasporto alternativi. «Il trasporto pubblico e l’auto hanno senso se sono utilizzati da chi deve percorrere distanze medio-lunghe. Ma chi è in buona salute e deve fare solo 3-5 chilometri per andare al lavoro o altrove, dovrebbe usare soprattutto la bici e il monopattino, che sono una valida alternativa oppure andare a piedi. Io spero anche che dopo questa quarantena torneremo a camminare», dice Maran.
Il piano “Strade Aperte” prevede piste ciclabili prolungate di 35 km dai 220 attuali e nuovi parcheggi per bici e moto. «Sono percorsi che avevamo impostato da tempo, ma per i quali avevamo inizialmente pensato a tempi più lunghi. Invece vogliamo farli quest’estate. A cominciare da corso Buenos Aires e viale Monza», spiega l’assessore.
I lavori, comunicano dall’assessorato alla mobilità, partiranno subito, da mercoledì 29 aprile, iniziando dall’itinerario tra San Babila e Sesto Marelli, attraverso l’istituzione di segnaletica apposita, con strisce disegnate a terra. «Il primo tratto sarà percorribile entro metà maggio fino ai Bastioni di Porta Venezia, si procede quindi entro metà giugno in corso Buenos Aires per arrivare in viale Monza – Sesto Marelli a fine luglio per un totale di 6 chilometri di pista ciclabile».
Seguiranno interventi in viale Certosa, tra viale Zara e viale Testi, in viale Romagna, tra viale Campania e viale Molise, tra viale Famagosta e via Faenza, e poi lungo le direttrici Legioni Romane – Berna – Zurigo e quella Bussa – Farini – Cimitero Monumentale. Entro l’estate verrà terminata la ciclabile tra Buonarroti e Amendola. Un progetto che punta a recuperare le debolezze infrastrutturali che avevano caratterizzato la città finora. «Siamo consapevoli dei limiti attuali della ciclabilità, nel giro di 3-4 mesi non si recupera una situazione che è critica. Sappiamo che c’erano dei grandi passi avanti da fare», ammette Maran.
Per favorire il distanziamento sociale, anche sui mezzi pubblici e i marciapiedi verranno ridisegnati gli spazi attraverso segnaletica specifica, con percorsi speciali dedicati alle fasce più fragili, mentre bar e ristoranti potranno usufruire dello spazio esterno ai locali per garantire maggiore distanziamento tra i clienti. «Queste attività avranno una capienza ridotta anche del 70%. Magari qualcosa si può recuperare, si tratta di attività decisive», dice l’assessore.
Allo stesso tempo, i parchi e gli spazi pubblici verranno riattivati subito per consentire alle persone di stare all’aria aperta e di fare attività sportiva, con monitoraggio dei flussi. Questi stessi spazi saranno poi luoghi d’elezione per attività culturali e ricreative, fruibili in maniera distanziata e sicura per tutti gli avventori. Le piazze, in particolare, avranno un ruolo fondamentale, cuore pulsante di una nuova suddivisione urbanistica della città in un numero più alto di quartieri (oltre 80) dove i cittadini possano riscoprire una nuova socialità e trovare tutti i servizi di cui hanno bisogno.
«Questo era un piano che avevamo già previsto nel piano regolatore di gennaio, luoghi come NoLo ormai non sono più solo un modo di dire ma sono riconosciuti nella geografia istituzionale ufficiale. La Milano globale ha tante specifiche di quartiere», commenta Maran.
Sui servizi, un grande sforzo sarà posto sulla digitalizzazione per semplificare molte procedure, dall’app del cittadino al call center del Comune. L’estate sarà in generale un momento di grande sperimentazione, sia in termini di eventi che di servizi estivi di assistenza alle fasce più fragili, a partire dagli anziani. Mentre per quanto riguarda le infrastrutture, molte energie saranno dedicate allo snellimento delle procedure. In questo senso si provvederà a individuare soluzioni che consentano di mettere in pratica l’idea lanciata dal sindaco di servizi educativi e di svago per bambini e ragazzi.
Ciò a cui, almeno per il momento, non si può invece pensare, è l’ambito dei grandi eventi, di cui Milano si è finora nutrita con diversi appuntamenti nel corso dell’anno. «È improbabile che nel 2020 siano consentiti grandi eventi, però stiamo ragionando su come Milano possa rimanere centrale nel suo core business di moda e design. Sicuramente andrà esplorata l’opzione virtuale. Vedremo cosa ci consentirà», dice Maran. «Certamente si punterà a eventi di qualità, perciò sarà indispensabile fare delle scelte. Spesso ci sono stati più eventi aggregativi che settimane disponibili per farli», puntualizza l’assessore.
A Milano bisognerà fare attenzione, perché i numeri dell’epidemia in città sono ancora preoccupanti, visto che le statistiche ufficiali «non stanno scendendo», dice Maran. Da questo punto di vista la competenza regionale in ambito sanitario è uno dei punti dolenti, su cui in Comune sono critici.
«Io vedo non solo gravi difficoltà nel gestire, ma la mancanza di una vera analisi dei fallimenti. Anche noi abbiamo commesso errori, nelle situazioni nuove succede. Non mi ritrovo con il fatto che dalla Regione continiuino a dire che non hanno sbagliato niente. Il rischio è di ritornare ai livelli precedenti. Sulla sanità i comuni non toccano palla, quello è uno dei punti più critici che abbiamo. Il rapporto è a volte di collaborazione e a volte difficile. Però del piano Marshall di 3 miliardi annunciato da Attilio Fontana, a Milano arrivano 4 milioni».