Si chiama Parlement ed è la serie tv a sfondo politico più divertente di cui ancora non avete sentito parlare. È tutta ambientata al Parlamento europeo (la finzione scenica vuole si tratti di Bruxelles, ma, in realtà, per ragioni pratiche, è stata girata quasi tutta a Strasburgo) tra i corridoi color crema, gli ascensori affollati, le grandi vetrate affacciate su un cielo sempre grigio e una babele di lingue.
La storia, presto detta è quella di Samy Kantor (Xavier Lacaille) arrivato al parlamento con l’incarico di assistente, senza avere, ci spiace per lui, né arte né parte. Poco male però: Samy è onesto e di sani principi. Non ha grandi ambizioni se non quello di fare bene il suo lavoro. Che di questi tempi è già tanta roba. Solo che non è facile quando ti scontri con piccole pigrizie quotidiane, meschinità da quattro soldi, colleghi imboscati e nullafacenti, gente che non apre i dossier perché “non intendo capire come funziona”, pantaloni che scompaiono e flirt da niente di quelli che solo in ufficio.
Così Samy si ritrova a fare da Virgilio a se stesso e a noi tra i corridoi di un’Unione europea in crisi di identità e che, anzi, un’identità vera non ha mai saputo trovarla. Se non quella -assai sgradevole e macchiettistica- di essere una lunga serie di uffici dove si parla burocratese e si combina pochino.
Le cose, nella realtà non stanno esattamente così. O meglio stanno anche così. Visto che quel che si vede, in genere, in televisione e nei notiziari, sono le grandi idee e le grandi ideologie, i trattati e gli accordi, la punta di un ambizioso iceberg, sotto il quale si nasconde un dedalo di corridoi, uffici e umanità nel quale ci conduce, con humor nero e dissacrante, Parlement.
Così, con un tono decisamente comico e grottesco (sul genere della serie americana Veep, quella ambientata negli uffici di una improvvisata e meschina VicePresidente degli Stati Uniti) Parlement racconta in chiave ironica quel che del parlamento e dei lavori europei non si sa.
Il ritratto di Bruxelles che ne esce è assai affettuoso, anche se non risparmia cinismo e dissacrazione. I suoi protagonisti non sono cattivi da macchietta come il Frank Underwood di House of Cards; non sono ‘buoni padri di famiglia’ come il Jed Bartlet di West Wing; non sono politici nel senso più alto del termine come la Birgitte Nyborg di Borgen. Sono persone normali che cercano solo di arrivare a sera, che parlano troppe lingue e che non ne capiscono nessuna. Un po’ come tutti noi, un po’ come l’Unione Europea di questi tempi confusi.
Le recensioni, sino a ora, sono state decisamente positive, anche dalle parti del parlamento, tanto che l’eurodeputata di Renew Europe Laurence Farreng ha detto a Politico.eu di aver trovato lo spettacolo “divertente e audace” e la vita negli uffici del parlamento “ben riprodotti”.
Alla faccia di chi dice che a Bruxelles ci sono solo burocrati in grisaglia ed élite asserragliata nel suo privilegio. No, non è vero: ci sono anche gli stagisti che si innamorano delle assistenti parlamentari. Garantito.