Ombrelloni distanziati, lettini e sdraio sanificati, passerelle separate. In alcuni casi anche termoscanner e tamponi. Come sarà l’estate durante la pandemia? Ma soprattutto, quando comincerà la stagione balneare? I dubbi sono tanti, l’emergenza sanitaria non è scongiurata e si teme una seconda ondata. «Non so se si tornerà in spiaggia, vedremo se e come, ancora è presto per dirlo», non si sbilancia Giovanni Rezza dell’istituto Superiore di Sanità. Secondo il virologo del San Raffaele Massimo Clementi «si potrà andare al mare portando la mascherina».
Fare previsioni non è facile. In attesa di risposte dagli scienziati e dal governo, gli imprenditori della categoria cominciano a prepararsi. Anche se, sull’ipotesi delle mascherine in spiaggia, in molti si dicono scettici. «Magari nei tragitti da un posto all’altro, ma le signore accetterebbero di abbronzarsi il viso a metà?».
Più di settemila chilometri di litorale, oltre trentamila concessioni demaniali marittime da Nord a Sud, un giro d’affari che Nomisma stima in 15 miliardi di euro annui. L’industria balneare rischia insieme al comparto del turismo. I bagnini temono di perdere una stagione fondamentale, con investimenti e mutui sulle spalle. In ogni caso si partirà con almeno un mese di ritardo: se negli anni scorsi molti lidi aprivano proprio nel weekend di Pasqua, piantando i primi ombrelloni, oggi è tutto fermo.
Non si possono fare nemmeno i lavori di manutenzione. In alcune città gli accessi all’arenile sono chiusi da nastri e transenne. La Sicilia ha ufficialmente sospeso l’avvio della stagione balneare, rinviandolo a data da destinarsi.
Come si riapre, dunque? «Per riavviare uno stabilimento ci vuole almeno un mese, anche un mese e mezzo». Diego Casadei è il titolare del Bagno 53 di Riccione e presidente della Cooperativa Bagnini della cittadina romagnola. «Bisogna verniciare le cabine, fare la manutenzione ordinaria ed eventualmente quella straordinaria, montare le attrezzature, stendere la duna e fare il livellamento finale».
Prima di mettere gli ombrelloni, la lista delle cose da fare è lunga. «Quando apriremo? È difficile fare una previsione realistica, bisogna capire l’andamento della malattia in questo mese. Adotteremo tutte le misure di sicurezza necessarie, dal punto di vista igienico e sanitario. Ma chi verrà in vacanza in spiaggia poi vorrà rilassarsi, giocare a carte con gli amici, prendere un aperitivo al bar. La gente cerca contatti e i bambini vogliono giocare».
Come cambierà la vita dei lidi e dei bagnanti? Marco Beoni è il titolare del lido La Giunca a Sabaudia, località molto amata da artisti e vip, soprannominata «la California del Lazio». Bar, ristorante e ombrelloni chiusi in attesa del via libera del governo. «Siamo pronti a usare tutti i sistemi di prevenzione:la disinfezione di tavoli, sdraio e lettini anche più volte al giorno, da ripetere per ogni persona che li usa». L’idea è quella di piantare meno ombrelloni e progettare percorsi dedicati di entrata e uscita, per ridurre al minimo i contatti tra le persone.
E si pensa a uno scaglionamento. «Di mattina potremmo aprire qualche ora prima e dedicare quel tempo alle persone più anziane: differenziare le fasce di clientela aiuta a tutelare meglio la salute». D’altronde, spiega l’imprenditore, che è presidente del consorzio dei balneari di Sabaudia, «nella riapertura sarà fondamentale dare uno standard di sicurezza alto per chi viene a trovarci e per noi che lavoriamo. Non siamo seduti in ufficio, il rapporto personale coi clienti è il cuore della nostra attività».
Con il sindacato dei Balneari, «stiamo ragionando anche su un altro punto: vorremmo fare i tamponi a tutti i lavoratori del settore, così da esporre negli stabilimenti qualcosa che attesti che si lavora in tranquillità e in salute, con il controllo reciproco».
In Versilia, a Forte dei Marmi, c’è il Twiga. Uno dei beach club più esclusivi del Paese, da sempre meta di vip italiani e facoltosi turisti stranieri. Tende con minibar, wi-fi e camerieri. Poi il ristorante, la piscina e la discoteca. «In condizioni normali, avremmo dovuto aprire il 10 aprile», spiega l’amministratore Mario Cambiaggio. «Ora speriamo che si possa riprendere a metà giugno. Magari il ristorante con una capienza ridotta, mentre la nostra spiaggia prevede già un distanziamento per garantire confort e privacy, ora ci impegneremo a garantire la salute dei clienti magari prevedendo ancora meno persone all’interno dei gazebo».
Ma non è tutto. Il manager del Twiga aggiunge: «Stiamo sondando aziende che ci possano fornire termoscanner, che andrebbero installati nell’area di ingresso per controllare la temperatura di chi entra». Giugno sarà un mese di confine e le incognite restano molte. «Bisognerà capire la mobilità delle persone anche in base ai provvedimenti delle autorità. Normalmente il Twiga non ha una clientela locale come altri stabilimenti. Abbiamo un 50 per cento di turismo straniero, soprattutto russo e arabo. Il restante 50 per cento italiano, soprattutto lombardo, emiliano e toscano».
Sul fronte degli stranieri, al Twiga non si fanno illusioni e prevedono un calo che sperano di compensare con i villeggianti nazionali. «Molti clienti italiani vengono da noi qualche giorno e poi partono per Ibiza, Formentera o Mykonos. Quest’anno, non potendo andare all’estero, potrebbero allungare la vacanza qui».
I gestori sono preoccupati anche sulla Riviera romagnola. Quest’anno potrebbero mancare all’appello diversi turisti italiani, magari chi in queste settimane è stato costretto a utilizzare le ferie anticipate o è in cassa integrazione e nei prossimi mesi dovrà ricominciare a lavorare. «Fortunatamente i clienti storici ci continuano a chiamare e vogliono prenotare i loro ombrelloni di sempre», racconta Diego Casadei del Bagno 53 di Riccione.
«In questa stagione dovremo salvare il salvabile. C’è il rischio che se non si muoia di coronavirus, poi si morirà di crisi economica. E se un balneare perde quest’estate deve aspettare un anno e mezzo per ricominciare a guadagnare: cioè agosto 2021. Intanto serve la liquidità per pagare i mutui e gli investimenti fatti».
Da Sabaudia, Marco Beoni aggiunge: «L’importante è esserci quest’estate e garantire la sopravvivenza delle aziende». I balneari restano in attesa. «Non vogliamo forzare i tempi per l’apertura, ci devono essere tutte le condizioni di sicurezza», ripetono. Più di qualcuno solleva la questione delle spiagge libere. Chi garantirà le eventuali misure di prevenzione?
Spetterà ai Comuni, forse. «Sarebbe strano vedere i vigili urbani fare i controlli sul bagnasciuga. O peggio l’esercito». Aspettando che governo e Regioni chiariscano molti aspetti, i bagnini sperano intanto di poter tornare sulle spiagge entro aprile per ricominciare i lavori di manutenzione. «Manterremo le distanze, siamo abituati alle sfide».