Scrittori d’EuropaL’illustratrice olandese che parla ai bambini come fossero adulti

Annet Schaap è tradotta in Germania, Regno Unito, Slovenia, Danimarca e ora in Italia. Per gli editori statunitensi la sua voce è «inconfondibilmente europea» perché non ci sono punizioni per i personaggi negativi

Ogni lunedì Europea vi porta alla scoperta dei più originali scrittori di successo in Europa, ma poco conosciuti in Italia.

«Credo che la storia si ambientata più o meno da qualche parte in Nord America, più o meno un centinaio di anni fa, quando ancora esistevano le sirene», spiega Annet Schaap, scrittrice e illustratrice olandese, parlando del suo primo romanzo: Lucilla (La Nuova Frontiera Junior, traduzione di Anna Petrucco Becchi). In quei “più o meno” c’è tutta l’ambivalenza chiaroscura dei suoi personaggi, l’eterno rincorrersi tra ciò che sarebbe giusto e il mondo in cui invece ci troviamo a vivere, la rara consapevolezza che per scrivere storie per bambini non bisogna affannarsi a dare risposte semplici o edulcorare la realtà. 

«Onestamente, quando scrivevo non pensavo ai miei lettori», confessa Annet Schaap. «Ho provato a scrivere il libro che mi sembrava essere mancato nella mia infanzia, un libro che non parlasse solo di allegria, rapporti familiari felici e tradizionali, ma anche di bambini sofferenti, di adulti presentati per come sono veramente. Pensavo che non sarebbe piaciuto a nessuno, ma non mi importava, lo volevo per me».

Invece Lucilla è piaciuto. Non solo in Olanda, dove ha vinto quattro importanti premi letterari, ma anche in Germania, Regno Unito, Slovenia, Danimarca, Italia, Russia. E presto sarà pubblicato in altri undici paesi, tra cui Cina, Sud Africa e Stati Uniti.

Una madre morta che continua a parlare nella testa della bambina, un padre senza una gamba, incline alla bottiglia e alle botte, che scarica sulla figlia responsabilità troppo grandi per la sua età (a proposito, quanti anni ha? «più o meno 10», risponde Schaap). Lucilla dovrebbe occuparsi di accendere il faro in cui vivono, ma le responsabilità generano errori, e gli errori colpe. La bambina viene allontanata dal padre e portata dai compaesani nella Casa Nera, dove dovrebbe restare sette anni prestando servizio ai proprietari.

La casa è abitata anche da un bambino dalla coda di pesce: un “diverso” tenuto nascosto che sembra tanto di aver già incontrato da qualche parte, non nelle fiabe ma nella vita di tutti i giorni. Sullo sfondo gli echi di H.C. Andersen e l’intraprendenza della Pippi Calzelunghe creata dalla svedese Astrid Lindgren, di cui la Schaap ha illustrato diverse edizioni olandesi.

Le illustrazioni – tutte a inchiostro e pennino, niente computer – erano l’unico modo con cui Annet Schaap raccontava storie prima di Lucilla: oltre 200 titoli in Olanda sono accompagnati dai suoi disegni, di cui soltanto uno arrivato in Italia: La nonna in fuga di Janneke Schotveld.

«Ho aspettato molto dentro di me prima di scrivere questa storia. Le mie illustrazioni sono sempre state al servizio dell’immaginazione altrui. A un certo punto mi sono stancata. Per questo motivo le illustrazioni di Lucilla le ho realizzate solo dopo aver terminato la storia: questo libro doveva essere un cambio radicale nel modo di procedere». 

Molte di queste illustrazioni non sono entrate nel volume ma sono rimaste solo sul suo sito: «Si tratta delle illustrazioni in cui presento i personaggi: questa volta volevo lasciare ai lettori la libertà di immaginarseli per conto loro. Un’altra ragione è che l’editore mi ha fatto notare che tutti i personaggi comparivano nella prima metà della storia, quindi le illustrazioni sarebbero state inserite in modo disomogeneo nel volume». 

La franchezza di Annet Schaap è anche una delle caratteristiche della sua protagonista e, a suo dire, uno dei tratti distintivi della letteratura per bambini olandese: «Credo che nella nostra letteratura i bambini siano un poco più inclini a dire la loro, a prendere posizione. Si trovano un po’ sullo stesso piano degli adulti. La stessa cosa dovrebbe avvenire anche con i lettori: Lucilla credo possa essere letto indifferentemente da bambini e bambini cresciuti, non credo faccia differenza».

Così come il lettore ideale della Schaap non ha un’età definita, anche la loro nazionalità conta poco («Una bella storia dovrebbe essere universale»). Eppure le ricezione e gli apprezzamenti con cui il libro è stato accolto cambiano molto di paese in paese: «Lo sto sperimentando ora per la prima volta, è curioso», spiega Schaap. «In Russia è stata apprezzata la profondità e la cupezza della storia di Lucilla, mentre negli Stati Uniti qualcuno non ha amato il fatto che le figure negative, per esempio il padre, non vengano punite.

Il motivo è che non credo nelle punizioni. Non credo davvero che ci sia qualcosa di completamente positivo o negativo. Ho cercato di assumere il punto di vista di tutti i personaggi della storia e per farlo ho cercato di immedesimarmi nei pensieri di ciascuno.

Credo il lettore in questo modo capisca per esempio che è vero che il padre ha picchiato la figlia, ma nel momento stesso in cui lo ha fatto si è sentito umiliato, impotente, dispiaciuto: questo vale più di qualsiasi esplicita condanna. Quando i due tornano insieme e lui, seppure faticosamente, dice che gli dispiace, l’unica cosa che la figlia può ribattere è: “Ormai è tutto a posto”, e credo questo sia magnifico».

Oltre ad aver lamentato l’assenza di punizioni per i personaggi negativi, le prime letture editoriali americane hanno riconosciuto nella Schaap una voce “inconfondibilmente europea”: «Non mi stupisce, visto che per 41 anni della mia vita ho vissuto in Olanda, leggendo Roald Dahl, Il giardino segreto, Cime tempestose: credo che queste voci siano entrate nella mia. Non ho viaggiato molto in Europa: da piccola sono stata in Italia e in pochi altri paesi, ma una volta cresciuta non mi sono più mossa dall’Olanda fino al 2006, quando un’amica mi chiese di seguirla in una specie di scuola spirituale a San Francisco. Per me era la prima volta in America: fui incredibilmente colpita da quella cultura e lì incontrai mio marito, un canadese».

«In quella settimana la mia vita è cambiata. Ho continuato a viaggiare negli Stati Uniti e in Canada. Dopo aver avuto un figlio abbiamo deciso di viaggiare in camper per quasi tre anni per tutto il Nord America. È come se la mia testa si fosse allargata da quell’esperienza: prima avevo pensieri olandesi, pensavo solo alla letteratura per bambini olandese, conoscevo tutti gli scrittori olandesi e mi chiedevo se ne sarei mai potuta entrare a far parte. Poi improvvisamente sono arrivata in un paese e una cultura totalmente nuove. Questa storia è nata grazie a quell’oceano, dall’incontro tra la mia testa olandese e quei vasti paesaggi nordamericani».

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