Aumentano i rischiIl futuro delle assicurazioni è un “rompicapo”

Secondo un report della società britannica Lloyd’s, il coronavirus costerà al settore più di 200 miliardi di dollari. Le compagnie stanno provando a organizzarsi per affrontare le conseguenze di una seconda ondata, ma è molto probabile che dovranno intervenire i governi

FILIPPO MONTEFORTE / AFP

Secondo un report della società britannica Lloyd’s, il coronavirus costerà al settore delle assicurazioni più di 200 miliardi di dollari: «Nessuno di noi ha mai visto prima perdite di questa grandezza», ha detto al Financial Times John Neal, Ceo della compagnia.

Il quotidiano finanziario ha dedicato molti articoli al futuro delle assicurazioni, particolarmente colpite dalle conseguenze economiche della pandemia che, rispetto a quelle di disastri del passato, localizzati e limitati nel tempo (come l’11 settembre, l’uragano Katrina), saranno globali e difficili da prevedere. 

«Non credo che qualcuno avesse immaginato uno scenario in cui ogni cliente subisce la stessa perdita nello stesso momento in ogni parte del mondo», ha spiegato John Neal. Questo, temono in molti avrà un impatto sui prezzi delle polizze, che diventeranno più care, sia perché il rischio sarà considerato maggiore, sia perché l’attività economica si contrarrà. Questo vuol dire che i margini per le compagnie saranno minori, e dovranno essere compensati da un aumento dei prezzi.

Per delle imprese come le assicurazioni, far fronte a richieste di risarcimento dovute a una pandemia globale è molto complesso. Il modello di business si basa sulla diversificazione del rischio: se questo non è più legato all’attività assicurata con le sue peculiarità, ma a un evento che sconvolge tutti i settori indiscriminatamente, il modello salta.

Oliver Bäte, Ceo di Allianz, dice che «se i governi chiudono l’economia a causa della pandemia e questo comporta la chiusura di gran parte delle attività, non c’è più diversificazione e i nostri modelli non sono più adatti».

Lloyd’s si aspetta di avere richieste di risarcimento danni tra i 3 e i 4,3 miliardi di dollari, ma ha rassicurato di essere in grado di pagare tutti i clienti. Ciononostante, molte compagnie assicurative dovranno recuperare altro capitale per poter far fronte alle maggiori spese nel breve periodo.

Il Financial Times sottolinea come i problemi, nel settore, siano diversi. In primo luogo, molti clienti non sono coperti per i danni derivati dalla pandemia.

Questo potrebbe generare una pressione da parte delle autorità politiche, «che cominciano a sostenere come le compagnie assicurative debbano aiutare maggiormente le aziende in difficoltà durante la crisi» .

In secondo luogo le compagnie devono cominciare a pensare a come affrontare la seconda ondata della pandemia, che potrebbe avere degli effetti opposti alla prima: meno gravi dal punto di vista sanitario, grazie alla prontezza dei sistemi nazionali e all’esperienza dei medici, più gravi dal punto di vista economico. Affrontare due cicli di lockdown potrebbe essere impossibile per molte imprese.

L’industria globale delle assicurazioni è più o meno d’accordo: soltanto soluzioni nazionali possono funzionare, immaginare strategie internazionali è troppo complesso e non riuscirebbe ad avere il supporto dei governi. 

Il Financial Times ricorda che non tutti la pensano in questo modo: «Finché le persone viaggeranno le soluzioni dovranno essere globali. Se gli Stati non agiscono tutti insieme, non andremo da nessuna parte», spiega Philippe Donnet, Ceo di Generali.

In ogni caso, il coinvolgimento dei governi è considerato fondamentale. In alcuni paesi, come in Francia, il ministero dell’Economia sta organizzando delle riunioni tra le principali industrie assicurative e le associazioni di consumatori per capire come affrontare il problema in vista dell’autunno.

Non sarà semplice risolvere quello che il giornale economico Les Echos ha definito “un rompicapo” e trovare una convergenza tra i diversi interessi dei governi, dei consumatori, e delle compagnie. 

Il quotidiano francese sostiene che una soluzione potrebbe essere «adottare un sistema forfettario, che permette ad esempio di coprire le imprese penalizzate con indennizzi pari a una percentuale dei loro guadagni. È però difficile trovare una buona formula quando alcuni costi scompaiono, come quando lo Stato subentra e garantisce il salario ai lavoratori dipendenti. In più, i modelli economici variano da impresa a impresa. Quindi si dovrebbe aggiustare l’indennizzo in funzione del tipo di attività».

In ogni caso, un’assicurazione che protegga dal “rischio pandemia” in quanto tale è considerata troppo vaga dalle compagnie assicurative, che sostengono di non essere in grado di far fronte a risarcimenti così grandi.

Un modello potrebbe essere quello utilizzato dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, che negli Stati Uniti hanno portato il Congresso ad approvare il Terrorism Risk Insurance Act. La legge prevede che gli assicuratori offrano una copertura per questo tipo di eventi, e in cambio il governo si accolla le perdite delle assicurazioni sopra una certa soglia, che viene calcolata sulla base dei premi raccolti l’anno precedente.

Un altro modello, scrive il Financial Times, è quello francese per l’assicurazione delle catastrofi naturali. È stato istituito nel 1982 e si applica ai contratti multirischio. I premi per questo tipo di assicurazioni sono divisi equamente tra lo Stato e le assicurazioni (c’è quindi anche un ritorno economico), e in caso di catastrofi sono le assicurazioni a pagare in prima battuta, e poi, dopo una certa soglia, entra in gioco lo Stato.

Quello che è certo, conclude Oliver Bäte, è che il rischio zero non esiste: «Non credo che si potrà avere una formula per coprire tutti i rischi per tutta la società. Abbiamo già molte soluzioni per rischi chiave, comprese le catastrofe naturali. Non sappiamo quale sarà il prossimo problema, ma non sono molto incline a risolvere tutti i problemi nello stesso momento».

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