SimboliCome i leader europei hanno adattato la comunicazione alla pandemia

I capelli di Emmanuel Macron, le occhiaie di Boris Johnson, la mascherina tricolore di Luigi Di Maio, gli occhiali di Matteo Salvini, le mani, sempre a rombo dal 2005, di Angela Merkel

Afp

La politica è una questione di stile, come ci hanno insegnato i virali calzini di Justin Trudeau, il primo ministro canadese. Per una volta sarebbe giusto dire che si può fare buona politica anche con i piedi: dalle patriottiche calze rosse con le foglie d’acero a quelle arcobaleno in occasione del Pride, il capo del governo canadese ha anche sfoggiato il jolly roger (il teschio delle bandiere delle navi pirata) e persino delle paperelle di gomma al World Economic Forum di Davos. E pare proprio che le sue preferite siano quelle a tema Star Wars: ne ha di marroni con il muso peloso di Chewbacca, ma anche oro e argento come i due popolarissimi droidi del franchise, C-3PO e R2-D2.

Se la “diplomazia dei calzini” di Trudeau ha conquistato cuori e fandom, anche in Europa non ci facciamo mancare l’attenzione per l’apparenza politica. Dai rosari di Salvini ai santini di Padre Pio nel portafoglio di Giuseppe Conte, tra i paesi europei tutte le immagini sono costruite con grande cura.

Con il coronavirus qualcosa è però cambiato. Per esempio il leader della Lega ha iniziato a indossare gli occhiali in ogni foto, video e diretta televisiva. In un momento in cui bisogna organizzare la fase 2, studiare i report e offrire soluzioni concrete, il leader dell’opposizione ha abbandonato le felpe e divise identitarie per sembrare più moderato, attento ai numeri e meno rivoluzionario. 

Sia Salvini che Emmanuel Macron hanno deciso di indossare la mascherina nera, il colore associato al potere e al lutto per mostrare un’immagine di leader rispettoso delle morti della pandemia. Entrambe hanno una piccola bandiera nazionale. Un messaggio ai cittadini (e ai fotografi) di attaccamento ai valori nazionali. 

Lo stesso messaggio, ma meno elegante lo hanno mandato anche la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio per con la loro mascherina completamente tricolore che indossano in tutte le loro uscite pubbliche.

Oltre ai politici italiani e francesi, per cultura e tradizione più attenti alla moda dei loro colleghi europei. Nel resto del Continente il leader che si è fatto fotografare più spesso mentre la indossava è il primo ministro portoghese, António Costa.

Ha fatto molto discutere lo stile informale di Emmanuel Macron che si è presentato spettinato e con le maniche della camicia rialzate durante una videoconferenza per aiutare i lavoratori. Quella che per molti potrebbe essere sciatteria in realtà secondo alcuni analisti nasconde un messaggio subliminale di un presidente che ha voluto trasmettere di essere umano, non robotico e anche lui alle prese con la crisi. 

Lo aveva già fatto in un discorso alla nazione a metà aprile. In cui con un mix tra umiltà e orgoglio, l’obiettivo di Monsieur le Président era recuperare una connessione emotiva con i francesi, dichiarando i propri limiti. 

Ci è riuscito molto meglio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando durante il fuori onda di un discorso alla nazione disse al suo portavoce: «Eh Giovanni, non vado dal barbiere neanche io». Per giustificare il ciuffo fuori posto. Voluto o meno, qual fuori onda ha aumentato la simpatia del presidente. 

La meticolosità di Macron è studiata su tantissimi livelli: si potrebbero perdere ore a interpretare la foto del presidente, che ha studiato persino il video di backstage mentre dispone tutti gli elementi della scenografia.

Le foto alla scrivania sono all’ordine del giorno, come si vede dal profilo Instagram del fotografo ufficiale dell’Eliseo. Ma la storia più avvincente è quella del piccolo quadro che il presidente tiene sempre rivolto verso di sé. Si tratta di un dono di Jacques Chirac, l’ex presidente francese morto lo scorso settembre. È un ritratto di Charles de Gaulle, che Chirac tenne per tutti i dodici anni del suo mandato sulla scrivania che è appartenuta a tutti i presidenti prima di lui. Un ritratto che incarna la tradizione repubblicana e l’«ossessione gollista», che però è rimasto rigorosamente nascosto al pubblico: ci sono volute diverse ore a ravanare nelle foto di archivio per recuperare una foto in cui fosse visibile.

Boris Johnson invece da molto prima del coronavirus aveva i capelli spettinati e ha fatto della sua goffaggine un tratto distintivo. Sembrava difficile diventare più iconici della pettinatura di Margaret Thatcher, ma sembra proprio che la zazzera di BoJo non resterà all’ombra della Lady di Ferro (dopotutto, ha già un account Twitter tutto suo)

Dopo essere stato ricoverato in terapia intensiva per la COVID-19, l’aspetto disordinato di Johnson richiama più la sua stanchezza che la sua solita “aura”. Il suo profilo Instagram è stravolto da scatti con gli occhi scavati dalle occhiaie, a volte anche lucidi per la malattia.

Nel video in cui aggiorna i suoi follower sulle sue condizioni appare stanco e trasandato, con i capelli sporchi e la barba incolta. Ma, soprattutto, compare sempre da solo: niente più prossimità, niente più bagni di folla.

Nulla a che vedere con la solenne apparizione della Regina Elisabetta, che nel suo discorso alla nazione del 5 aprile ha annunciato che «ci rivedremo ancora» mentre indossava un abito verde, il classico colore collegato alla speranza. 

Ma anche totalmente diverso dalla strategia di Leo Varadkar, il primo ministro della Repubblica Irlandese (che si chiama Taoiseach e si legge un po’ come ti-shock): Varadkar è più defilato e su Facebook ha pubblicato molte foto di lettere, cartoline, biglietti e disegni spediti dei bambini irlandesi.

Invece i politici di lingua tedesca hanno mantenuto una certa sobrietà, non cambiando più di tanto il loro abbigliamento. 

Dal 2005 le mani della Cancelliera Merkel sono sempre nella stessa posizione: chiuse a formare un rombo.  Le mani incarnano l’immagine politica della «leader del mondo aperto»: un titolo meritato, vista la longevità della sua carriera. Cambiano i governi degli altri Paesi, si alternano crisi e momenti di quiete ma quella posa rimane, così come i tailleur color pantone. 

La posa è così distintiva che nella campagna elettorale del 2013 divenne un simbolo: il suo comitato realizzò un cartellone pubblicitario da duemilaquattrocento metri quadri, composto da oltre duemila foto delle mani dei suoi collaboratori, che ritraevano il diamante della “Mutti” (mamma) tedesca.

Anche l’immagine della Presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, è perfettamente studiata. Fateci caso: indossa quasi sempre una camicia, spesso bianca, sotto una giacca. Il colore cambia a seconda dell’occasione. All’inizio del suo mandato era vestita di rosso, forse per dare un messaggio di novità e rivoluzione dopo che la sua nomina era stata molto contestata. 

Poi nelle occasioni importanti ha incominciato a usare la giacca verde per mandare un messaggio politico: la presidente ha sempre sottolineato che il Green Deal Europeo è al centro del mandato della sua Commissione. 

Non ha mancato di sottolinearne l’importanza nemmeno al termine della riunione del Consiglio Europeo del 23 aprile, quando si è discusso delle soluzioni da adottare per affrontare la nuova crisi economica.

Una bella rivoluzione l’aveva già fatta due anni fa il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, wletto nel 2017 a 31 anni, il cancelliere austriaco è un abile costruttore di immagini che ha saputo trasformare lo storico Partito Popolare Tedesco (ÖVP) nel Nuovo Partito del Popolo. 

Nel 2017 Kurz ha stravolto le coalizioni storiche coalizioni, rompendo la trentennale alleanza con i Socialdemocratici (SPÖ) per allearsi con il Partito della Libertà Austriaco (FPÖ). Nel farlo, ha buttato via pure il nero, colore simbolo dell’ÖVP, in favore di un turchese che ha fatto da sfondo a tutta la sua comunicazione.

Kurz ha costruito con grandissima attenzione la sua immagine, che secondo il New York Times sovrasta persino i contenuti della sua proposta politica. Come Trudeau e Obama, anche Kurz non indossa la cravatta se non nelle occasioni ufficiali. Ma il giovane cancelliere va persino oltre: l’ultimo bottone della camicia è spesso slacciato e il colletto non è mai button-down, ma sempre molto aperto.

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