Il nuovo coronavirus resterà con noi molto a lungo. Forse potrebbe non andarsene mai, ha detto Mike Ryan, direttore esecutivo per il programma di emergenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Tutto il mondo dovrà imparare a conviverci.
Una frase poco incoraggiate, soprattutto in un momento in cui diversi Paesi, giudicata passata l’emergenza (ma non l’allarme) cominciano a riaprire qualcosa, nel tentativo di ripristinare, almeno in parte, la normalità dei mesi passati.
«Quello che abbiamo di fronte è un virus che è entrato in contatto con la popolazione umana per la prima volta nella storia e, di conseguenza, è moto difficile prevedere se riusciremo a sconfiggerlo».
Non è da escludere che «diventi un virus endemico», di cui non ci libereremo. Lo stesso è accaduto «con l’HIV. Non è stato eliminato, ma abbiamo trovato dei modi per tenerlo a bada».
Da quando è scoppiata l’epidemia, almeno metà della popolazione umana ha subito forme di restrizione sociale. Eppure, al momento, nessuno può garantire che non si sviluppi una seconda ondata di infezioni.
«C’è una sorta di pensiero magico in circolazione», ha aggiunto, «secondo cui i lockdown funzionino benissimo e gli allentamenti dello stesso lockdown andranno a meraviglia». Niente di tutto questo è vero. «Entrambi sono pieni di rischi e pericoli».
E allora? Servirà aspettare il vaccino. Nemmeno quello. «Il virus potrebbe rimanere in circolazione anche se ne venisse sviluppato uno», come del resto avviene con gli altri virus dell’influenza.
In ogni caso, come si è già detto e ridetto (ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo ripete), non arriverà prima di un anno. Ed è uno scenario ottimista, almeno secondo le ultime valutazioni dell’Agenzia Europea del Farmaco.
Al momento ci sono diversi test clinici in atto, alcuni incoraggianti. Ma– va detto – il risultato finale non è ancora garantito.