Il concetto di acqua virtuale è importante, in quanto ci consente di capire perché godiamo dell’illusione della sicurezza idrica e alimentare, nonostante esistano prove evidenti dell’insufficienza delle risorse idriche disponibili per sostenere le nostre economie nazionali.
Che cos’è l’acqua virtuale? È l’acqua utilizzata nella produzione di alimenti (e fibre) e beni di consumo non alimentari, compresa l’energia. Per esempio, per produrre una tonnellata di grano sono necessarie circa 1.300 tonnellate (metri cubi) di acqua mentre ne occorrono 16.000 tonnellate per produrre una tonnellata di manzo.
Di conseguenza, una persona che mangia molta carne bovina consuma circa cinque metri cubi di acqua virtuale al giorno; di contro un vegetariano ne consuma solo circa 2,5. La produzione di una maglietta di cotone del peso approssimativo di 250 grammi richiede in media 2,7 metri cubi di acqua.
Hoekstra e Mekonnen, nel 2012, hanno calcolato che l’impronta idrica media globale dell’umanità fosse di circa 9.087 miliardi di metri cubi l’anno. Si tratta di una percentuale minima dell’acqua blu e verde globale, che si avvicina al flusso di acqua blu del fiume più lungo del mondo: il Rio delle Amazzoni.
Ma si tratta anche del volume di acqua che l’agricoltura pluviale e gli irrigatori hanno potuto usare nei terreni coltivati in seguito alla conversione della vegetazione naturale.
La produzione agricola rappresenta circa il 92 % del consumo globale di acqua. L’industria ne rappresenta circa il 4,4 %, mentre il consumo idrico delle utenze domestiche rappresenta circa il 3,6 % del totale.
Hoekstra e Mekonnen hanno inoltre stimato che il volume totale dei “flussi” internazionali di acqua virtuale connessi al commercio di prodotti agricoli e industriali fosse di 2.320 miliardi di metri cubi l’anno.
Come si vedrà, il concetto di acqua virtuale (ovvero l’acqua incorporata nei beni alimentari e non alimentari) aiuta a spiegare l’insostenibilità delle nostre economie politiche sulle risorse idriche impiegate dall’industria alimentare.
Soprattutto, si vedrà che tale concetto spiega perché sia possibile far passare così efficacemente in secondo piano, dal punto di vista politico, l’esistenza di un sistema alimentare disfunzionale.
Tipi di acqua e competizione per l’acqua
L’attenzione maggiore va posta sulle risorse idriche impiegate dall’industria alimentare, perché la quantità di acqua utilizzata nella produzione alimentare è di gran lunga superiore a quella utilizzata in qualunque altra attività economica o sociale.
Attualmente, la popolazione mondiale ammonta a oltre 7,5 miliardi di persone e si prevede che supererà gli 11,5 miliardi entro la fine del secolo. I livelli di competizione per l’acqua sono insostenibili quasi ovunque.
L’attuale sistema alimentare disfunzionale e i nostri sistemi di consumo dell’acqua vengono mantenuti a scapito della salute delle risorse idriche del pianeta. La società e i suoi legislatori sono ben poco informati sulla delicata questione della sicurezza idrica. Ci sono crisi occasionali di “acqua alimentare” ma, finora, vanno e vengono (Figura 1).
Inoltre, si è dimostrato politicamente fattibile far passare in secondo piano l’insostenibilità economica e ambientale dei nostri sistemi idrici.
Nel frattempo, il dibattito sempre più intenso sui cambiamenti climatici ha messo in luce la necessità di migliorare la salute degli ecosistemi acquatici della natura. Ma l’agenda politica è congestionata e si tende a escluderne l’allocazione e la gestione delle risorse idriche.
Esistono due tipi principali di acqua naturale. Innanzitutto l’acqua blu, contenuta in flussi e depositi di acqua dolce presenti sulla superficie terrestre e nei sistemi di acque sotterranee.
L’acqua blu può essere facilmente pompata e manipolata e, con qualche difficoltà, può essere valutata. La domanda di acqua blu è varia, in quanto è possibile impiegarla in tutte le attività economiche, compresa la generazione di energia.
Di norma, l’acqua blu viene utilizzata eccessivamente perché poco tutelata. Gli agricoltori che non operano in modo regolamentato, i generatori di energia e i consumatori industriali e domestici possono pompare l’acqua dell’anno precedente eventualmente immagazzinata in un serbatoio.
Purtroppo, però, possono anche consumare l’acqua ipoteticamente immagazzinata in un serbatoio l’anno successivo.
In secondo luogo, c’è l’acqua verde (definita da alcuni scienziati “precipitazioni effettive”) che si compone di flussi e depositi presenti nelle sezioni del suolo di terreni agricoli e paesaggi naturali.
Non può essere pompata o spostata, se non come acqua virtuale incorporata nelle varie filiere alimentari. Gli agricoltori hanno accesso all’acqua verde per conto della società.
Possono farlo perché lavorano con la più grande pompa del mondo. Vegetazione e colture hanno la capacità di pompare acqua verde verso l’alto in piante e colture.
A sua volta, quest’acqua può essere “trasferita” sotto forma di acqua virtuale ai consumatori di prodotti alimentari. Ingegneri e spedizionieri possono solo sognare acquedotti e sistemi di trasporto capaci di trasferire volumi equivalenti di acqua reale.
Le filiere alimentari di tutto il mondo “trasferiscono” l’acqua in modo invisibile e a costi trascurabili sotto forma di acqua virtuale.
A livello locale, il consumo di acqua verde è limitato al sostentamento della vegetazione naturale e alla produzione di colture. La competizione per l’acqua verde avviene tra irrigatori e natura. L’acqua verde è estremamente difficile da valutare e dà solitamente risultati di basso valore.
Purtroppo, i costi di mobilizzazione o protezione dell’acqua verde non sono presi in considerazione nei nostri sistemi alimentari. Fortunatamente, tuttavia, l’acqua verde gode di per sé di una certa tutela, poiché gli agricoltori possono utilizzare solo l’acqua verde effettivamente disponibile per la stagione in corso.
La cosa importante da sapere è che una tonnellata (un metro cubo) di acqua verde può produrre altrettanto cibo di una tonnellata di acqua blu. Ignorare questo dato di fatto genererà una cattiva politica idrica.
Esistono anche due tipi principali di consumo idrico: consumo di acqua alimentare e consumo di acqua non alimentare. L’acqua alimentare può essere blu o verde. L’acqua non alimentare è sempre blu.
Molto importante, inoltre, è la differenza tra utilizzo e consumo idrico, poiché è possibile ottenere tassi elevati di riutilizzo dell’acqua blu nei sistemi non alimentari. Nelle economie più sviluppate (per esempio, in California e in Israele) sono stati raggiunti livelli di riutilizzo fino all’80 % in usi non alimentari.
Lo scopo principale di questa introduzione è quello di mettere in luce l’idea che le risorse idriche consumate dalla società non costituiscono solo il 30 % delle risorse di acqua blu.
Le risorse di acqua verde producono la maggior parte del fabbisogno alimentare e di fibre della società e l’acqua verde rappresenta l’80 % dell’acqua virtuale incorporata nel 20 % degli alimenti commerciati a livello internazionale.
Acqua virtuale e commercio internazionale
A detenere il maggior potere esplicativo è proprio l’idea di un “commercio” internazionale di acqua virtuale. La Figura 2 illustra la portata e le dimensioni globali del “commercio” di acqua virtuale.
Essa mostra anche l’estrema asimmetria di questo “commercio”: da un lato vi è un numero ridotto di grossi “esportatori” di acqua virtuale (Canada, Stati Uniti, Brasile, Argentina, Australia e India), dall’altro lato troviamo i numerosissimi (oltre 160) “importatori” di acqua virtuale.
Russia e Ucraina fanno parte del gruppo dei grossi “esportatori” di acqua virtuale dal 2000, dopo la caduta del comunismo e l’integrazione delle loro esportazioni di cereali nel sistema commerciale alimentare globale già esistente da 150 anni, dominato dai commercianti statunitensi e francesi di beni alimentari.
Le quattro società appartenenti al gruppo ABCD sono i commercianti di beni indifferenziati ADM, Bunge, Cargill e Dreyfus, cui si sono aggiunte Glencore (Svizzera) e COFCO (Cina).
La Figura 3 mostra le tendenze degli ultimi cinquant’anni nell’esportazione e nell’importazione di prodotti alimentari e il loro contenuto di acqua virtuale.
A sinistra del diagramma ci sono sette economie ricche di risorse idriche verdi e blu come pure di terreni agricoli che consentono loro di essere “esportatori” netti di acqua virtuale.
L’Australia appartiene a questa categoria perché possiede una popolazione esigua. Gli importatori netti di acqua virtuale (ce ne sono oltre 160) sono mostrati a destra del diagramma.
L’idea che l’acqua possa essere incorporata in beni e servizi è molto importante quando viene impiegata nell’analisi del commercio internazionale e della sicurezza alimentare.
Un’economia che importa beni alimentari e prodotti lavorati è apparentemente debole. Ma negli ultimi 150 anni gli importatori di prodotti alimentari hanno beneficiato di un sistema irrazionale dal punto di vista economico e ambientale: gli importatori non hanno dovuto farsi carico dello sconfortante costo economico e politico della mobilizzazione di risorse idriche dall’interno delle rispettive economie carenti d’acqua.
Prodotti alimentari e acqua virtuale erano disponibili sul mercato mondiale a costo basso o nullo. Questi paesi, inoltre, non sono costretti a danneggiare gravemente la propria biodiversità per produrre alimenti.
Si stima che la produzione di cibo e fibre rappresenti il 92 % del consumo idrico della società e il 66 % delle ripercussioni della società sulla biodiversità mondiale.
Poiché gli agricoltori forniscono servizi di produzione alimentare e servizi di gestione dell’ecosistema, l’agricoltura è l’attività economica che incide più negativamente sulle nostre risorse idriche e sugli altri ecosistemi naturali.
Prima o poi dovremo valutare i servizi di gestione forniti dagli agricoltori. Va notato che molti agricoltori, in tutto il mondo, hanno compreso l’importanza di quella che viene chiamata “agricoltura rigenerativa”.
Essa comporta l’adozione di pratiche di non lavorazione del terreno, di inerbimento e di rotazione delle colture. L’istituzione di questo sistema è stata generalmente guidata dagli agricoltori, che hanno spesso dimostrato di essere più responsabili di scienziati e governi.
La caratteristica più importante del “commercio” di acqua virtuale è di essere in grado di soddisfare i fabbisogni vitali della società ed essere, al contempo, economicamente invisibile e politicamente inespresso.
Questo commercio consente alle aree povere di risorse idriche di godere di una sicurezza alimentare e idrica a buon mercato. I politici sognano soluzioni semplici a quello che altrimenti sarebbe un problema irreversibile.
Com’è stata identificata l’acqua virtuale
Nella seconda metà del XX secolo, il progressivo aumento della domanda di beni alimentari e di beni e servizi industriali ha gradualmente costretto un numero sempre maggiore di economie a rientrare nella categoria degli importatori netti di generi alimentari.
Quei paesi non possedevano le risorse idriche necessarie per l’autosufficienza alimentare e idrica. Negli anni ’60 c’erano ormai molte voci autorevoli, in particolare nei paesi di Medio Oriente e Nord Africa (MENA), caratterizzati da scarse risorse idriche, che prevedevano guerre per l’acqua.
A metà degli anni ’80 la popolazione della regione era ormai quasi raddoppiata, e con essa la domanda alimentare. Il dibattito sulle guerre per l’acqua aveva infuriato per vent’anni, eppure nessuno sapeva spiegare l’assenza di conflitti armati.
I leader nazionali non avevano bisogno di spiegare la contraddizione: evidentemente stavano gestendo in modo efficace i complessi problemi delle risorse idriche. Non c’erano conflitti internazionali per l’acqua e la violenza nelle strade a causa della sporadica volatilità dei prezzi alimentari era rara.
Tuttavia, seguendo attentamente questo dibattito a partire dalla metà degli anni ’60 e in qualità di scienziato, dovevo spiegare l’assenza di guerre per l’acqua.
Ero alla ricerca di processi economici in grado di consentire a economie come quella egiziana di passare dall’autosufficienza idrica al deficit idrico senza alcuno stress economico o politico apparente.
Alla fine degli anni ’80, indagando sul commercio egiziano di beni alimentari, notai che nel 1972 le sue importazioni di grano e farina avevano iniziato ad aumentare, passando da livelli molto bassi a livelli molto elevati.
Ecco il vero motivo dell’assenza di guerre per l’acqua. Essere costretti a importare prodotti alimentari a causa della carenza d’acqua non rappresentava un problema.
Gli importatori di prodotti alimentari si trovavano in una posizione molto privilegiata. Le economie che esportano prodotti alimentari non fanno pagare l’acqua consumata nella produzione alimentare, né i costi del danno causato ai loro ecosistemi idrici e alla loro biodiversità naturale.
Tuttavia, l’attrattiva principale dell’importazione di generi alimentari di base come il grano era che i prezzi dei beni alimentari praticati agli importatori di cereali di base non riflettevano neppure i costi totali della produzione agricola.
I prezzi erano sovvenzionati dagli esportatori. E lo sono tuttora. Importare prodotti alimentari a basso prezzo è una soluzione estremamente facile per chi gestisce economie a basso reddito e povere di risorse idriche.
La Figura 1 evidenzia l’eccezionalità degli anni ’70. Nel 1974 e nel 1979 ci sono stati due picchi del prezzo del petrolio che hanno comportato un’impennata dei prezzi dei beni alimentari. I tassi di inflazione erano spaventosi.
I prezzi internazionali dei prodotti alimentari aumentarono rapidamente e l’ex Unione Sovietica si ritirò dalla regione MENA. È stato un decennio straordinario di politiche petrolifere e alimentari mondiali che in questa sede non è possibile analizzare nel dettaglio.
Basti dire che il decennio ha mostrato che politici di tutto il mondo erano molto desiderosi di allearsi per garantire il rapido ritorno del regime dei prodotti alimentari a basso prezzo. Il sistema alimentare mondiale era e rimane un’economia politica disfunzionale che non opera secondo le ipotesi degli economisti.
Il “commercio” economicamente invisibile e politicamente inespresso dell’acqua virtuale ha operato in tutto il mondo per consentire di mantenere in vigore il contratto sociale tra politici e popoli secondo cui i prezzi dei generi alimentari dovrebbero diminuire anziché aumentare.
Perché l’acqua virtuale è vitale ma economicamente invisibile
Alla fine degli anni ’80 ho definito “acqua incorporata” l’acqua utilizzata nel commercio internazionale di beni alimentari. Ho deciso di adottare l’espressione “acqua virtuale” più o meno nel 1992, quando è stata utilizzata nel corso di un seminario settimanale tenuto presso l’Università di Londra.
L’espressione non mi piaceva, ma era evidente che esercitava un fascino immediato sul pubblico. Molti scienziati che si occupano di acqua continuano a non apprezzare quest’espressione, ma è ormai ampiamente utilizzata dai professionisti delle risorse idriche nella scienza e nella politica sull’acqua.
L’accesso sicuro all’acqua e a generi alimentari alla portata di tutti sono questioni molto delicate, che possono fomentare fin troppo facilmente una politica destabilizzante. I politici hanno da tempo stipulato contratti sociali con i loro cittadini per fornire prodotti alimentari a basso prezzo e acqua virtuale gratuita per i più indigenti. Questo contratto, necessario ma problematico, va gestito con molta cautela.
Quando le economie esauriscono le risorse idriche devono ricorrere alla “importazione” di acqua virtuale incorporata nei prodotti alimentari. I governi delle economie sia ad alto sia a basso reddito devono garantire alimenti a basso costo a chi percepisce redditi bassi.
Gli Stati Uniti garantiscono il benessere alimentare a circa 40 milioni di persone, ovvero al 14 % della loro popolazione. Inoltre, forniscono alti livelli di benessere alimentare a decine di economie mondiali. Soprattutto, stabiliscono il livello dei prezzi internazionali dei prodotti alimentari.
Per la maggior parte delle economie del mondo, è diventato normale approfittare di alimenti a basso prezzo e acqua virtuale gratuita. Ma questi prezzi non rispecchiano i costi del sistema alimentare: è un sistema che danneggia l’ambiente dei paesi esportatori e la sicurezza alimentare a lungo termine delle future popolazioni mondiali.
Questa straordinaria economia politica può esistere solo se è economicamente invisibile e politicamente inespressa. In realtà, è dannosa per gli Stati Uniti e per gli altri esportatori di prodotti alimentari.
La cosiddetta “dust bowl” degli anni ’30 è un tragico esempio di cattiva gestione dell’acqua verde nell’agricoltura pluviale, perché danneggiò gravemente i terreni agricoli degli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti hanno perso per sempre enormi quantità di terreno a causa dell’aratura in profondità del suolo, reso così vulnerabile all’erosione del vento.
In seguito, sono state introdotte misure di conservazione. Circa 80 anni dopo, con un certo ritardo, la salute del suolo e il suolo stesso sono stati definiti “capitale ambientale”. Tuttavia, negli anni ’80, gli agricoltori nelle stesse pianure del Mid-West stavano imponendo una versione addirittura peggiore di degrado irreversibile.
Stavolta, a essere a rischio era il capitale naturale di acqua blu contenuto nelle vaste falde acquifere di Ogallala, in Nebraska. A pagarne il prezzo sono stati i sistemi di acque sotterranee statunitensi.
Le politiche sul piano economico e ambientale degli Stati Uniti
Gli Stati Uniti hanno attuato politiche dannose per la gestione della terra e dell’acqua per oltre un secolo. Nonostante la chiara necessità di amministrare e sfruttare le preziose acque sotterranee, la politica agricola degli Stati Uniti ha erroneamente concesso l’utilizzo dell’acqua a sistemi agricoli insostenibili.
Questi sistemi comprendono la produzione di cereali per sostenere un progetto insostenibile di bioenergia di prima generazione, un progetto di recinti di ingrasso del manzo insostenibile dal punto di vista ambientale e la produzione di riso e cotone in condizioni non ottimali.
Gli Stati Uniti sono in grado di continuare ad attuare le proprie politiche dannose perché non prestano attenzione ai loro costi reali. Attualmente, queste politiche sono fortemente sostenute dal presidente Trump e dal suo segretario all’agricoltura Sonny Perdue.
Gli agricoltori statunitensi sono attualmente invitati a esportare più alimenti senza addebitare l’intero costo di produzione o tener conto degli impatti negativi sugli ecosistemi statunitensi.
Nella misteriosa definizione delle priorità, effettuata nell’economia politica delle catene di approvvigionamento alimentare internazionali, c’è una serie di risultati politicamente fattibili.
Uno di questi è che i mezzi di sussistenza agricoli negli Stati Uniti continueranno a ricevere il sostegno dei fondi pubblici e che gli indigenti di tutto il mondo avranno accesso a prodotti alimentari a basso prezzo.
Questo sistema consente agli Stati Uniti di continuare a esercitare un notevole controllo sulla sicurezza alimentare mondiale. Questo sistema globale di benessere alimentare tende a ridurre i prezzi internazionali dei beni alimentari.
È un sistema al quale il mondo si è abituato, che stabilizza un elemento cruciale dell’economia politica mondiale, vale a dire la produzione e il consumo di cibo.
L’ultima domanda da porsi è: gli Stati Uniti possono permettersi di mantenere questo sistema? Oppure dovrebbero iniziare a invertire le politiche che ne stanno degradando il capitale ambientale attraverso le “esportazioni” di prodotti alimentari e acqua virtuale?
L’adozione di questo approccio non è ancora politicamente fattibile, ma potrebbe garantire la sicurezza globale dell’acqua e degli alimenti nella seconda metà del XXI secolo.
WE – World Energy n. 46
L’autore è considerato un’autorità mondiale per le questioni relative all’acqua. Nel 2008 ha ricevuto il prestigioso Stockholm Water Prize per i suoi contributi pionieristici alla comprensione e alla comunicazione dei problemi idrici. Nel 1993 ha introdotto il concetto di “acqua virtuale”.