Il primo problema da superare, quando viene annunciata una diretta social di Conte, è la delusione: no, non il cantante, l’altro. Il secondo problema è che ormai le dirette Facebook di Conte (l’altro) hanno la cadenza delle puntate di Beautiful, mica quella di Sanremo; è difficile prendere sul serio uno che vedi tutti i giorni: perché credete che la regina Elisabetta faccia un discorso alla nazione ogni vent’anni?
Il terzo problema è quello di cui ci occuperemo qui oggi: la controscena. Dicesi controscena (in esse era specializzato Blake Edwards) quell’azione che sullo sfondo ti distrae da ciò che sta accadendo in primo piano. Nel caso di Conte (no, ho detto non il cantante: l’altro) la controscena è la piattaforma su cui parla.
Un posto dove la gente chiama “amici” altra gente che non ha mai visto, e ritiene di dover dire la propria anche sotto il saggio d’un premio Nobel; figuriamoci se si esime dal commentare in diretta mentre parla un politico, in quest’epoca che ha preso assai alla lettera il concetto di «Libertà è partecipazione».
Quindi Conte (sempre l’altro) parla, davanti a un affresco e tra ministri in mascherina, una scena così buñueliana che zittirebbe gente meno smaniosa di esprimersi, e l’elettorato commenta, commenta, commenta. Scorrono in sovrimpressione i pensierini della nazione, oltre ai cuoricini o alle faccette rabbiose di coloro che si sentono più a loro agio coi graffiti che con le parole (che dio o chi per lui ce li conservi: quando si leggono le parole, si rivalutano i graffiti).
Le tipologie dell’interventista in diretta sono tutte accomunate dall’evidente illusione di parlare proprio a lui, che lui leggerà, che lui sia un interlocutore. È un tic molto diffuso nel commentatore social, e quello che dialoga con le comunicazioni governative non è un essere umano diverso da quello che, nei commenti dell’Instagram d’un Bobo Vieri, chiede un video di auguri per il compleanno della fidanzata.
Tutti hanno un tono confidenziale che parrebbe assurdo a chi si risvegliasse da un coma quindicennale, avviatosi prima che esistessero i social (immaginate, non so, nel 2005 una che scriva al presidente del Consiglio «Buonasera Presidente, vorrei sapere, la mia amica Nicoletta Galliano può tornare nella sua città, fuori dalla sua attuale regione di residenza», come una signora ha fatto verso le otto di mercoledì sera); ma per il resto si differenziano, costituendo varie tipologie. Le trascrivo senza permettermi di modificarne la punteggiatura, le maiuscole, i refusi.
Ci sono gli spiritosi: «Presidente, Le posso suggerire Fedro alle politiche agricole? Anche lui ha partecipato al grande fratello» («Le» maiuscolo come nelle circolari aziendali, «grande fratello» minuscolo come nelle chat con gli amici); «Riaprite le chiese, vorrei confessarmi, in questo periodo ho BESTEMMIATO anche i lontani parenti di Gesù Cristo»; «Mio fratello mi ha chiesto i danni per avergli sbagliato taglio di capelli c’è qualche bonus che può sostenermi?».
C’è quello che soffre il distanziamento: «che bello, anche tutti i miei amici guardano la diretta come me. è la cosa più sociale degli ultimi due mesi» (fossi Amadeus e Fiorello, sarei preoccupatissima per il Sanremo 2021: chi ha bisogno di aggregazione televisiva musicale, quando c’è quella social governativa?).
C’è la scettica generica: «Metto le mani sotto il telefono ancora esce qualche euro anche da qui tra tutti quelli che state mettendo in campo»; oppure «Ma tutti questi soldi da elargire ce li richiederete nel 2021 con interessi o con la patrimoniale?
Chiedo per un amico» (al netto del tic «Chiedo per un amico», che ormai ha la valenza d’una faccetta sorridente, la scettica interpreta benissimo il pensiero di tutti coloro che, a ogni elencazione di sgravi fiscali seguita da elencazione di emolumenti, pensano: ma quindi coi soldi di chi?); e la scettica minacciosa: «Ma. Tutti sti milioni? Da dove li pigliate? Eh? Il mes non lo vogliamo.. Se vi azzardate solo ad iniziarlo vi veniamo a prendere» (puntini in numero di due probabilmente perché il terzo andava chiesto al Mes e chissà che interessi).
Ci sono le fan hardcore: «Grazie Presidente, finalmente dopo anni abbiamo una persona seria al timone, tenga duro con le iene che la circondano!!» (chissà a chi allude); «NESSUN PRESIDENTE ALLA FINE DELLE 2 GUERRE MONDIALI HA TROVATO QUESTO DISASTRO! VAI AVANTI GLI ITALIANI SONO CON TE»; «Perché scrivete tante cattiverie.. Lui sta facendo tanto.. Mettetevi voi al posto suo.. C’È SOLO UN PRESIDENTE E SEI TU.. Forza Conte <3» (permangono i sospensivi in numero di due, mentre sono in inspiegabile calo coloro che si limitano, del Conte del caso, a lodare la beltade: nei turni precedenti abbondavano, qui c’è solo un ardito «PRESIDENTE l’unica cosa buona per lei è che fa bagnare le donne…»).
Ci sono quelli che sanno dove colpire: «Se ti sentisse padre Pio ti prenderebbe a calci nel sedere»; quelle che conoscono i veri problemi: «Speranza sa quanto ci costa l’osteoporosi in Italia?»; e infine ci sono quelli che prima l’italiano, quelli che fanno un elenco di connazionali in difficoltà economiche per poi concludere (un po’ telefonata, ma sempre chiamapplausi) «e voi pensate agli immigrati?».
Nell’elenco, il patriota nonché custode della lingua italiana cita i «padri di famiglia ridotti all’astrico». Noi speriamo che ce la caviamo.