Album della pandemiaI quattro nuovi dischi jazz che piaceranno anche a chi non ama il jazz

Il trombettista israeliano Avishai Cohen che sulla scia di Miles interpreta Beethoven e i Massive Attack. La gran dama Carla Bley che sfotte Trump. L’armonicista Gregoire Maret che fa i Dire Straits, Bon Iver e, soprattutto, Bill Frisell. Il beat di Tony Allen insieme con lo swing di Hugh Masekela

Avishai Cohen (Ecm)

AVISHAI COHEN BIG VICIOUS
BIG VICIOUS


«Veniamo tutti dal jazz – ha detto Avishai Cohen del suo gruppo di amici Big Vicious – ma alcuni di noi lo hanno lasciato da tempo». Trombettista israeliano di grande talento, d’area Miles Davis diciamo, Avishai Cohen ha fatto un grande disco jazz contemporaneo, capace di mescolare la Sonata al chiaro di luna di Beethoven e Teardrop dei Massive Attack. Il pezzo dei Massive Attack è strepitoso, ma ascoltate anche King Kutner e tutte le altre. Tra i dischi più belli dell’anno.

CARLA BLEY TRIO
LIFE GOES ON

Composititrice, pianista, direttore d’orchestra, Carla Bley è la gran dama del jazz. Life goes on, la vita continua, è un delizioso trio con il marito Steve Swallow e con il sassofonista britannico Andy Sheppard. Sono tre suite, la prima è un blues che dà il titolo all’album. La seconda, Beautiful telephones, è ispirata a Donald Trump, il quale in una delle primissime interviste dopo essere entrato alla Casa Bianca disse che la cosa che lo aveva colpito di più erano quei «bellissimi telefoni» che aveva trovato nello Studio Ovale. La terza si intitola Copycat.

GREGOIRE MARET con ROMAIN COLLIN E BILL FRISELL
AMERICANA


Quando esce un disco con il chitarrista Bill Frisell si corre subito ad ascoltarlo. Anche se è un disco centrato sull’armonica. Avete mai ascoltato un album centrato sull’armonica? Nemmeno Toots Thielemans? Peccato. Il titolare di questo disco è Gregoire Maret è un virtuoso dell’armonica, di nazionalità svizzera. Frisell è quasi una comparsa, anche se tutto l’album in realtà è ispirato allo studio della musica folk americana di cui si è reso interprete nei decenni precedenti. Romain Collin suona il pianoforte. Il disco parte con Brothers in Arms dei Dire Straits, il gruppo britannico guidato da Mark Knopfler che nell’ultima parte della carriera è andato anche lui alle radici della musica americana. L’armonica è poesia quando suona i Dire Straits, quando interpreta i classici di Bill Frisell e soprattutto quando ci regala Stacks di Bon Iver. 

TONY ALLEN – HUGH MASEKELA
REJOICE

Pochi giorni fa se ne è andato Tony Allen, il genio della batteria afro beat, il virtuoso che negli anni ottanta allo Shrine di Lagos ha dato il beat a Fela Kuti. Tony Allen ha fatto in tempo a vedere uscire il suo disco, Rejoice, insieme al trombettista sudafricano Hugh Masekela, leader del movimento anti apartheid, morto appena due anni fa. I due si sono incontrati nel 1984 ma soltanto nel 2010 si sono chiusi in uno studio di registrazione per una session che loro stessi hanno definito «una specie di stufato swing di jazz sudafricano e nigeriano» e che secondo Pitchfork più precisamente è uno scheletrico afrobeat ispirato al bebop, con testi in inglese, yoruba e zulu che riflettono sullo scambio transatlantico che ha definito per secoli la diaspora africana. Correte, dai.