All’anagrafe Pac-Man nacque 40 anni fa. Fu infatti ufficialmente lanciato sul mercato in Giappone il 22 maggio 1980 dalla Namco il videogame più popolare di tutti i tempi dopo Super Mario: ma molti estimatori sostengono che in realtà lo batta. Un sondaggio della rivista Time lo ha in effetti messo al numero uno davanti a Super Mario Bros, che è del 1985; a Pong, che è del 1972; e a Space Invaders, che è del 1978.
Creatura quasi aliena costituita da un cerchio giallo cui manca un settore, Pac-Man corre su un labirinto virtuale, e intanto che corre mangia, anzi si ingozza. Dei puntini che trova sul percorso; di premi in forma di frutta e altri oggetti; se ci riesce, anche dei quattro pericolosi fantasmi colorati che correndo più veloci di lui cercano di catturarlo.
Sono i quattro punti più grandi del normale situati agli angoli del labirinto che gli danno – per un limitato periodo di tempo – le pillole colorate energetiche grazie a cui può cacciare i suoi cacciatori, intanto che diventano blu. Salvo che questi una volta divorati possono rigenerarsi nel recinto in mezzo al labirinto, mentre Pac-Man ingollando tutto cerca di passare al livello successivo. E così via, in una sarabanda sempre più frenetica.
A chi conosce un po’ la mitologia giapponese, Pac-Man potrebbe evocare Ebisu-Hiruko: il dio-medusa patrono di pescatori, buona sorte, mercanti e salute dei bambini piccoli, che primogenito della coppia divina Izanagi-Izanami era stato abbandonato dai genitori in mare su una barca di giunchi, per essere nato senza ossa in seguito a una trasgressione di sua madre al rituale del matrimonio.
Anch’egli informe, però malgrado ciò di buona salute e appetito, di vivacità frenetica, e di un carattere allegro rappresentato nel sorriso. Anche i fantasmi nel folklore giapponese sono sovrabbondanti. Si possono esorcizzare ma sono cocciuti, e quindi capita che possano tornare alla carica pur dopo compiuto il rito per placarli.
Però, alla fine il grande successo di Pac-Man fu rilanciato dagli Stati Uniti, dove ironicamente lo distribuì quella Midway Games che nel nome evocava la decisiva sconfitta giapponese.
In Giappone probabilmente è più popolare Super Mario, forse perché lì è l’idraulico italiano dagli iconici baffoni mediterranei a essere esotico. Per questo è tuttora viva la diatriba su quale dei due sia il numero uno.
Pac-Man, però, oltre che nel gioco è popolarissimo nella moda: dagli occhiali alle magliette, passando per accessori di tutti i tipi. Ciò, si dice, perché il formato del gioco è riuscito a interessare anche le donne, oltre che gli uomini. Ed è così che il cerchietto giallo sorridente vince per distacco.
Ma il bello è che, sorpresa delle sorprese, in realtà anche Pac-Man ha una origine italiana, esattamente come Super Mario. Solo che è meno evidente. La nascita, infatti venne dopo una «gestazione» durata 14 mesi, e l’idea era stata di Tohru Iwatani, che faceva il designer per Namco: società di software nel campo dei videogiochi. L’ispirazione gli venne in pizzeria, dopo aver tagliato un primo spicchio. Guardò quella che possiamo immaginare come una «margherita», gialla di mozzarella fusa; pensò che il pezzo mancante poteva rappresentare una bocca ridente e affamata; e trasfigurò la pizza in Pac-man.
Anzi, in Puck-man: il nome originale era un ibrido tra l’inglese e il giapponese Paku. Onomatopea del suono che si verifica quando si apre e chiude la bocca per mangiare, corrisponderebbe all’italiano Gnam. Gnam-man, insomma: Uomo Gnam. Ma nella pronuncia yankee rischiava di diventare «Fuck-Man». Un «omino» intento non a mangiare, ma a copulare a tutto spiano. Per evitare effetti pecorecci, è diventato allora Pac-Man. E così è rimasto.
Canzoni, altri giochi, una serie di cartoni animati e anche un film sono stati ispirati a Pac-man. Nel 2009 ci fecero anche un campionato del mondo sponsorizzato da Namco, ed è passato alla leggenda quel Billy Mitchel che il 3 luglio 1999 con sei ore di partita arrivò al livello massimo di 3.333.360 punti raggiungendo il livello 255 per la prima volta. Più non si può, perché dopo scatta un bug. Presentandosi a un evento alla vigilia della festa nazionale, Mitchell si era messo una patriottica cravatta bianca, blu e rossa, ed era rimasto a digiuno per due giorni.
Adesso Pac-Man si trova anche on line, ma in epoca pre Pc si giocava con macchine di cui tra 1981 e 1987 ne furono vendute ben 293.822. La postazione, a forma di cabina, era dotata di video e pulsantiera, e il gioco partiva inserendo una monetina, secondo la prassi di una seconda generazione di videogiochi lanciati tra fine anni ’70 e inizio anni ’80. Coin-op venivano chiamate, da coin-operated: «macchine a gettoni».
Diffuse in bar e appositi sale giochi ed eredi dei flipper, questi aggeggi sarebbero decollati in particolare a partire da «Space Invaders»: i famosi “marzianini”, come li chiamavano in Italia, pure della Midway Games.
Ma quell’orda di alieni che minacciava di sommergere tutto era inquietante, e le scariche di raggi mortali con cui si dovevano disintegrare rappresentavano una simbologia distruttiva. Uccidere o essere uccisi. Anche altri giochi dell’epoca tendevano verso questa immagine guerrafondaia. Un po’ perché più che distruggere Pac-Man mangiava, un po’ perché i suoi nemici resuscitavano,Pac-Man si fece una immagine di gioco «pacifista».
Quando nel novembre del 1980 venne presentato all’Amusement and Music Operators Association di Chicago il dubbio che venne fu che potesse essere un handicap. «Troppo carino per avere successo». Invece fu il contrario: come ricordato, perché così attraeva in maggior proporzione anche ragazze.
Ma anche i più piccoli potevano accedere facilmente, con quella veste grafica in cui ci si poteva muovere senza pulsanti, e con una sola leva direzionale. In seguito fu adattata a varie console casalinghe, fino alla PlayStation. Adesso, appunto, si può fare anche on line.