A terraNon basterà la riapertura dei confini a risollevare gli aeroporti italiani

Orio al Serio ha messo il 90% dei dipendenti in cassa integrazione, il crollo del fatturato è del 98%. A Fiumicino passano meno di 10mila passegeri. Un anno fa erano 120mila. Intanto le compagnie aeree offrono tariffe agevolate. Ma gli operatori avvisano: servono aiuti strutturali

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Photo by Artur Tumasjan on Unsplash

Le compagnie aeree son pronte a volare, ma aspettano ancora la riapertura completa delle frontiere europee. Il tempo passa e gli aeroporti italiani soffrono. A Roma da martedì 16 riprenderà in parte a funzionare l’aeroporto di Ciampino, mentre a Fiumicino la ripresa dei voli Ryanair verso Schengen e il Regno Unito è prevista a partire dal 20 giugno. A Orio al Serio (Bergamo) accanto ai voli cargo, che non si sono mai fermati, per il momento si è ristabilito qualche collegamento Wizzair. Anche qui Ryanair dovrebbe ripartire fra circa una settimana. Mentre al Marco Polo di Venezia, che fino al 1 giugno aveva visto un solo collegamento Alitalia con Roma, gradualmente stanno ripartendo KLM (dal 1 giugno), Airdolomiti, Lufthansa e Wizzair dal 15 giugno, seguiti da Ryanair il 21 e Austrian il 22.

Secondo un sondaggio di Quorum/Youtrend, il 50% degli italiani loro è già sicuro di andare in vacanza e un altro 25% ci sta pensando. Nove su dieci vorranno rimanere nel Belpaese. Due notizie positive, ma per il mondo aeroportuale la ripresa sarà lenta. Secondo Iata, l’Associazione internazionale delle compagnie aeree, ci vorranno almeno due anni per ritornare alla normalità. Almeno con il decreto dell’11 giugno, per le compagnie aeree sono decadute le limitazioni per il distanziamento sociale – misura che riduceva, e non di poco, il numero di passeggeri ammessi sugli aeromobili.

Ma il traffico aereo da Fiumicino continua a rimanere sotto i 10mila passeggeri, con circa 100 movimenti al giorno. Un anno fa erano 120mila. «Oggi i passeggeri che facciamo in un giorno intero prima li facevamo in 15 minuti», dicono dalla società Aeroporti di Roma. A Orio ad oggi il 90% dei dipendenti sono in cassa integrazione, il crollo del fatturato è del 98%.

Una ripresa decisa del mercato del viaggio aereo è fondamentale, persino «sostitutiva del calo delle attività produttive», per Emilio Bellingardi, direttore generale della Sacbo, che gestisce l’aeroporto di Bergamo-Orio al Serio. «Siamo il primo anello di una catena valoriale importantissima, che alimenta alberghi, bed&breakfast, musei, tutto quanto c’è di turistico in Italia».

Per il momento, le stesse compagnie aeree stanno iniziando a offrire voli a tariffe vantaggiose: «Man mano con la programmazione si cominciano a promuovere le destinazioni, perché i passeggeri riescano a compiere questo primo passo. Le compagnie hanno perso tre mesi di prenotazione, e finora i decreti di due settimane in due settimane non hanno aiutato a programmare viaggi», dice Camillo Bozzolo, direttore commerciale Aviation del gruppo Save, che gestisce l’aeroporto di Venezia.

In questi mesi di chiusura, le società aeroportuali si sono attrezzate per consentire al meglio la ripartenza. Sanificazioni giornaliere, percorsi rinnovati all’interno delle aerostazioni, dispenser di soluzioni igienizzanti e, in alcuni casi, persino la sanificazione dei bagagli da stiva (come a Roma) sono volti tanto a garantire la sicurezza sanitaria, quanto a invogliare le persone a riprendere a viaggiare.

«Abbiamo puntato sulle comunicazioni con l’utenza per illustrare le misure che tutti gli aeroporti, e anche le compagnie aeree, stanno prendendo e hanno preso. Considerando che in un aereo l’aria è totalmente ricambiata ogni 2-3 minuti, il trasporto aereo è praticamente il più sicuro dal punto di vista sanitario», specifica Bozzolo.

Riconquistare la fiducia è fondamentale, «sia quella dei passeggeri verso il volo che quella verso l’Italia come destinazione», spiega Bellingardi. Eppure, dei 3 miliardi e rotti stanziati dal governo, per gli aeroporti non c’è nulla. «Sono convinto che il governo ci stia lavorando, anche se finora non abbiamo visto nessun aiuto. Avremmo certamente bisogno di risorse per investire in comunicazione e marketing, sia per colmare i vuoti di cassa». Per il direttore generale, sarebbe un aiuto quanto meno meritato: «Un decennio fa gli aeroporti italiani erano inguardabili. Negli ultimi anni abbiamo visto importanti passi avanti e fatto piani di investimento pluriennali assolutamente non a carico della contribuzione pubblica. Per tornare ad essere appetibili abbiamo bisogno di infrastrutture degne di questo nome. Se non facciamo noi gli investimenti importanti, chi rimette in moto l’economia?».

Aggiunge Bozzolo: «Serve che tutta la catena sia aperta. Altrimenti è inutile che la compagnia aerea lavori se poi gli alberghi restano chiusi o non ci sono le auto a noleggio».

Per il futuro, due sembrano essere le strade da battere per la ripartenza aeroportuale. La prima è di breve periodo: le compagnie aeree stanno lavorando per potenziare le tratte nazionali, e la previsione è di mantenere i prezzi bassi per tutto il prossimo anno: «Da noi Volotea sta rafforzando le sue frequenze sulla Sardegna e la Sicilia, arrivando a due o tre voli al giorno rispetto all’unico volo che aveva prima», spiega Bozzolo. Riparametrare le rotte per massimizzare la richiesta è un cardine fondamentale per far ritornare in attivo i voli passeggeri.

Dall’altro, per la sostenibilità aeroportuale nel lungo periodo sarebbe vincente puntare sui collegamenti merci. «Il cargo richiede grossi investimenti in infrastrutture, e l’Italia è indietro su questo. Fin troppe sono le tonnellate di merci prodotte o trasformate in Italia che devono raggiungere via terra un aeroporto all’estero per partire», spiega Bellingardi. «I punti cargo devono essere presenti dove ci sono le attività produttive, ma gli aeroporti passeggeri devono avere la capacità di sfruttare soprattutto i courier per l’e-commerce, come DHL e UPS, anche per i prodotti deperibili, come quelli del Sud. E invece sotto Napoli non si trova nulla di tutto questo».

Servirebbero investimenti infrastrutturali, eppure tutto ciò a cui il governo sembra aver pensato è Alitalia. Cosa che peraltro ha già indispettito le altre compagnie, che pure portano numeri non indifferenti nel nostro Paese. «La maggior parte dei turisti stranieri arrivano con compagnie low cost, non con Alitalia, che fa meno della metà del traffico della sola Ryanair», conclude Bellingardi. «Facciano tutto ciò che è possibile per questa newco, ma se sono i numeri che contano, le azioni che mettono nell’angolo gli altri sono un problema, significa remarsi contro da soli».

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