Per l’Unione europea, la Cina è un partner nella cooperazione internazionale, un concorrente economico e un rivale sistemico. Questa contraddizione nelle relazioni tra Bruxelles e Pechino esiste da almeno vent’anni. La novità è che per la prima volta i leader delle istituzioni europee lo hanno ammesso davanti ai giornalisti.
Non ci sono stati grandi progressi nel 22esimo vertice bilaterale tra Ue e Cina che si è svolto lunedì in videoconferenza. Ma il primo incontro ufficiale dopo lo scoppio della pandemia è stato un punto d’inizio per dire al mondo che d’ora in poi queste due entità si rapporteranno in modo diverso.
Da una parte la presidente della Commissione Ursula von der Leyem il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel,e l’alto rappresentante Josep Borrell, dall’altra il primo ministro cinese Li Keqiang il presidente del Partito comunista cinese Xi Jinping.
In mezzo i tanti dossier irrisolti tra i due governi. La questione dei diritti umani a Hong Kong e in Tibet, gli aiuti di Stato di Pechino alle aziende cinesi che operano nel mercato unico europeo, la competizione digitale, le divergenze sull’iniziale gestione della pandemia, l’agenda climatica. Per non parlare dei vari report del Servizio esterno per l’azione europea che hanno denunciato la campagna di disinformazione cinese contro l’Unione europea.
Nessuno di questi grandi temi poteva essere risolto con una chiacchierata in videoconferenza, ma Von der Leyen che aveva promesso una Commissione “geopolitica” nel discorso d’insediamento ha voluto indirizzare i colloqui adottando una nuova tattica. Ovvero una via di mezzo tra l’atteggiamento intransigente dell’amministrazione Trump e la posizione sinora morbida delle precedenti commissioni europee che si erano occupate più delle relazioni economiche, glissando sulle questioni geopolitiche e dei diritti umani.
«Cooperare con la Cina è sia un’opportunità che una necessità. Allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere che non condividiamo gli stessi valori, i sistemi politici o l’approccio al multilateralismo. Ci impegneremo in modo chiaro e sicuro, difendendo con fermezza gli interessi dell’Ue e mantenendoci fermi sui nostri valori», ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Nel 2019 l’Unione è stata il primo partner commerciale cinese, mentre Pechino è stato il secondo per Bruxelles. Ogni giorno passano tra queste due realtà 1,5 miliardi di euro in beni. Ecco perché nessuno può permettersi di raffreddare gli scambi commerciali.
«Il rapporto tra Unione Europea e Cina è contemporaneamente uno dei più strategicamente importanti e uno dei più difficili che abbiamo», ha ammesso Von der Leyen davanti alla stampa, ma «i diritti umani e le libertà fondamentali non sono negoziabili. Solleviamo sempre le nostre preoccupazioni e insistiamo per avere la nostra opinione su questi argomenti».
Il nodo più difficile da risolvere sarà quello dell’accesso delle imprese europee nel mercato cinese, spesso forzate ad adottare tecnologia locale e svantaggiate rispetto alle imprese americane nel mercato degli appalti pubblici. Alcuni ostacoli che avrebbero dovuto essere eliminati dopo l’accordo sugli investimenti concordato il 9 aprile del 2019 tra Ue e Cina. Ma da quel momento non ci sono stati grandi passi in avanti.
Per questo la nuova Commissione europea non si è fatta scrupoli a pubblicare un libro bianco (una raccolta ufficiale di proposte su un settore specifico) per mettere una serie di paletti contro quelle società extra Ue che provano a comprare aziende europee anche grazie alle sovvenzioni dei loro governi nazionali che li aiutano molto di più di quanto possano fare i Paesi membri. Il riferimento è alla Cina e non è per nulla casuale.
«La pandemia di COVID e una serie di importanti sfide bilaterali e multilaterali mostrano chiaramente che il partenariato UE-Cina è cruciale, in termini di commercio, clima, tecnologia e difesa del multilateralismo. Ma affinché le nostre relazioni si sviluppino ulteriormente, devono basarsi su regole per raggiungere condizioni di parità reali».