Grazie alla globalizzazione, alcune università del Continente hanno basato la maggior parte dei loro guadagni non provenienti dallo Stato puntando sull’arrivo degli studenti stranieri. In particolare negli atenei del Regno Unito gli studenti con cittadinanza extra-UE pagano tasse universitarie notevolmente rispetto ai loro colleghi inglesi ed europei. Per esempio alla London School of Economics pagano 21,570 sterline all’anno per la laurea triennale, contro le £9,250 degli europei.
Poi però è arrivata la pandemia che ha costretto a ripensare al modello di business dell’educazione. Molte sono le incertezze che queste istituzioni dovranno affrontare nel breve termine. Dalle difficoltà nel viaggiare, al pagamento delle tasse, passando per la riduzione dei redditi familiari e il numero inferiore di iscritti.
Secondo un sondaggio del British Council, l’ente britannico che si occupa di promuovere le relazioni culturali del paese, a settembre arriveranno circa 14,000 studenti internazionali in meno nelle università inglesi. A questo si aggiunge l’incertezza dovuta alla Brexit sull’ammontare delle tasse per i prossimi anni per gli studenti europei.
Rispetto agli atenei britannici o irlandesi, la maggior parte delle università europee è finanziata dallo Stato, e per questo secondo un rapporto della European University Association, subiranno gli effetti della crisi in modi e tempi diversi in base alla fonte dei loro finanziamenti.
Ma il problema non sono solo i mancati introiti delle tasse universitaria. Le restrizioni per il coronavirus limiteranno conferenze, eventi e manifestazioni che si svolgevano negli spazi universitari affittati a esterni. Gli stessi campus, una volta ripopolati, dovranno subire delle modifiche in modo da limitare la diffusione del virus.
Per contingentare le persone presenti negli edifici, la maggior parte delle università punta a fornire un approccio blended: alcune lezioni a distanza, altre all’interno in aula. L’Università Carlo III di Madrid, per esempio, ha già comunicato che ogni studente riceverà gli insegnamenti pratici di persona, mentre le lezioni teoriche verranno svolte online.
L’Università di Leiden nei Paesi Bassi ha invece annunciato che sarà possibile frequentare tutti i corsi online nel caso non fosse possibile tornare nel paese. D’altronde, gli studenti internazionali anche nelle università olandesi stanno aumentando in modo esponenziale ed era quindi necessario trovare una soluzione che potesse andare incontro alle loro problematiche.
Tuttavia, secondo uno studio dell’organizzazione olandese per l’internalizzazione dell’educazione Nuffic, a causa del coronavirus, quasi la metà degli studenti internazionali in arrivo nei Paesi Bassi preferirebbe cambiare i propri programmi pur di non svolgere le lezioni a distanza. Opinione diffusa degli studenti è che i corsi online non sostituiscono pienamente le lezioni in presenza: il 21% degli intervistati posticiperebbe gli studi piuttosto che iniziare a distanza a settembre.
L’organizzazione rappresentativa delle università inglesi UUK ha proposto di raggruppare gli studenti in una serie di “bolle”. Questi gruppi di studenti vivrebbero e studierebbero insieme, limitando così il diffondersi del coronavirus.
I ragazzi, nel frattempo, hanno già promosso delle petizioni per chiedere una diminuzione o un rimborso di parte delle tasse visto che non hanno potuto godere appieno dell’offerta universitaria. Secondo gli studenti, la qualità delle lezioni online non è assicurata, i campus erano inaccessibili e molti ragazzi sono stati costretti a pagare un alloggio nelle residenze universitarie disabitate.
La richiesta avanzata da Sophie Quinn e firmata da oltre 300,000 studenti ha pure raggiunto il parlamento inglese, dove però rischia di essere ignorata a causa delle pressioni e attività di lobbying esercitate dalle università. In risposta alle preoccupazioni dei ragazzi, invece, il ministero dell’educazione francese già a fine marzo aveva assegnato 10 milioni di euro da dedicare agli aiuti di emergenza a Crous, l’organizzazione regionale per le opere universitarie.
Un caso particolare è quello dell’Università Sorbona: nonostante la pandemia, potrebbe vedere un’impennata di iscrizioni per il prossimo anno accademico. Non nella sede parigina però, ma ad Abu Dhabi. Secondo quanto riportato dalla direttrice esecutiva della Sorbona Abu Dhabi Silvia Serrano a Euronews, gli studenti liceali “emiratini” che avrebbero dovuto iniziare la loro esperienza universitaria all’estero potrebbero preferire un’università locale vista la situazione di limitata mobilità.
La didattica virtuale verrà rivoluzionata grazie ai miglioramenti nell’ambito della tecnologia e all’adattamento delle lezioni per l’insegnamento a distanza. L’Università Bocconi di Milano, per esempio, ha dato la possibilità ai nuovi iscritti di visitare le varie sedi senza doversi muovere da casa. Attraverso “Campus VR”, un tour virtuale disponibile nel sito dell’università, è possibile entrare all’interno dell’edificio di Via Roentgen ed esplorare l’architettura progettata dallo studio Grafton Architects, o il nuovo residence ideato dallo studio Sanaa.