Ecosistema ItaliaCassa depositi e prestiti investirà un miliardo per sostenere mille startup

Presentato il piano industriale 2020-2022 di Cdp Venture Capital: sette fondi per investimenti diretti e indiretti, di cui quattro già attivi. Così si prova a colmare l’enorme ritardo del nostro Paese

(Pixabay)

Un miliardo di euro da investire in oltre 1.000 startup, 15 acceleratori di nuova generazione da costruire e più di 20 nuovi team di gestori di venture capital da sviluppare. Tutto nei prossimi tre anni. Sulla carta, sono questi gli obiettivi ambiziosi del piano industriale 2020-2022 del Fondo nazionale innovazione di Cassa depositi e prestiti, il nuovo superfondo con capitale pubblico destinato al sostegno di startup e venture capital italiani, adattato in corsa alla fase di emergenza Covid per rispondere all’esigenze di liquidità di un sistema già debole prima ancora della pandemia.

Il Fondo diventa così il primo investitore di venture capital in Italia, puntando a far crescere il mercato del vc italiano dall’attuale mezzo miliardo a 2,5-3 miliardi in due anni. E Cdp Venture Capital, la sgr che lo gestisce, dovrebbe farlo tramite sette fondi, di cui quattro già attivi. Del miliardo di dotazione (per metà di Cdp, per metà proveniente governo e Invitalia, che partecipa al 30%), 765 milioni sono già in gestione.

Il piano industriale, chiamato “Dall’Italia per innovare l’Italia”, di fatto è operativo dal 21 gennaio. Dall’inizio dell’anno, spiega Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Cdp, «sono stati allocati 100 milioni di euro, con un impatto su 160 startup, e l’obiettivo entro fine anno è arrivare a 250 milioni». Tra le startup su cui il fondo ha già investito, ci sono Sweetguest (per la gestione degli affitti brevi su Airbnb), due nel settore medicale (Echolight e Restorative Neurotechnologies) e anche la famosa moneta Sardex.

L’obiettivo, ora, dice Francesca Bria, presidente di Cdp Venture Capital, «è di far fare un salto di qualità in Italia non solo investendo, ma attirando nuovi investitori per sviluppare startup di qualità e creare acceleratori di nuova generazione. Nonostante il forte ritardo del nostro Pese, crediamo che ci sia terreno per fertile per l’innovazione, ma bisogna pensare in grande e partire da un attore che si faccia perno centrale per accelerare lo sviluppo. È per questo che nasce il Fondo nazionale innovazione».

I numeri di partenza del panorama italiano, però, sono tutt’altro che positivi. In Italia ad oggi ci sono 11.206 startup, piccole e poco profittevoli: solo due nate negli ultimi sette anni nel 2018 hanno avuto ricavi superiori ai 5 milioni di euro. Rispetto ai 90 gestori francesi di venture capital, da noi se ne contano 30. E il capitale investito è pari allo 0,02% del Pil (500 milioni), a fronte dello 0,29% della Gran Bretagna (10,2 miliardi). E se si contano ben 197 tra acceleratori e incubatori, solo il 18% delle startup è transitato da lì.

«L’innovazione resta piccola e non si muove», commenta Enrico Resmini, ad del fondo. «Per sviluppare le startup c’è bisogno di attori che aiutino: in Italia ci sono pochi gestori e con dimensioni ridotte. E l’emergenza Covid sta rendendo ancora più fragile il sistema. Le startup hanno problemi di liquidità e fatturato. I fondi di venture capital stanno avendo difficoltà a chiudere i riund di investimento. Dobbiamo rilasciare capitali sul mercato sostenendo startup e attori che operano nel vc, e fare in modo che sistema vc continui a svilupparsi».

Dei fondi già attivi, due arrivano in eredità dall’acquisizione della sgr di Invitalia: il Fondo Italia Venture I, nato nel settembre 2015, con una dotazione di 80 milioni, e il Fondo Italia Venture II (Fondo Imprese Sud), con una dotazione di 150 milioni di euro. Il primo ha già in portafoglio 20 aziende nei settori digitale, biotech, medicale e high tech. Il secondo è focalizzato sulle imprese innovative nel Mezzogiorno, anche se ad oggi non ha aziende in portafoglio.

Nel febbraio 2020 è stato costituto poi il fondo di fondi VenturItaly da 300 milioni, che investe in fondi di venture capital. Ad oggi, ha già deliberato la sottoscrizione di tre fondi di venture capital, tra cui Primo Space Fund, il primo fondo italiano focalizzato su investimenti in startup della space economy. L’ultimo fondo arrivato, a maggio scorso, è il fondo di acceleratori da 125 milioni di euro, creato sia per supportare le startup incubate negli acceleratori ma anche per crearne nuovi.

Entro la prima metà del 2021 arriveranno gli ultimi tre fondi per completare il piano: un fondo di Corporate Venture Capital, che coinvolgerà direttamente alcune tra le principali aziende partecipate da Cdp, un fondo Tech Transfer da 150 milioni ciascuno (previsti entro fine anno) e un fondo Late Stage da 100 milioni per sostenere le startup in fase matura.

Ciascun fondo prevede un proprio ritorno sugli investimenti tra il 10 e il 14% e un ritorno cash on cash dall’1,2% al 2,2%.

Di fronte alla crisi Covid, il piano industriale è stato integrato con 100 milioni di euro. Da investire in due programmi di supporto finanziario alle startup in fase iniziale (AccelerORA e Seed al Sud), affiancati da un progetto di web series settimanali (ItaliaXStartup) per la condivisione delle esperienze di startupper e investitori che stanno affrontando la fase Covid-19.

Nel frattempo, con il decreto rilancio è stato creato però anche un secondo fondo pubblico per l’innovazione, Enea Tech, gestito dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, con una dotazione di 500 milioni di euro, con l’obiettivo di sostenere il trasferimento tecnologico. E il rischio, ventilato da più parti, è che ora Enea Tech diventi un doppione del Fondo nazionale innovazione, finendo per disperdere energie e risorse.

Il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, rassicura: «Non è un concorrente, né una duplicazione. E non è nemmeno “un’improvvisata apparizione”». Enea Tech, dice, «interverrà alla base del sistema innovazione investendo esclusivamente in ambito pre-commerciale e pre-competitivo in quella che gli addetti al settore definiscono la “valle della morte”, accompagnando lo sviluppo di innovazioni rilevanti dei centri di ricerca, delle piccole e medie imprese e degli spin-off. Sarà sotto la piena vigilanza Mise e opererà come agenzia di “scouting”, concentrata sul finanziamento di nuove tecnologie di interesse strategico nazionale e su scala globale».