La crisi del Covid-19 ha reso evidenti le debolezze e le ingiustizie delle nostre società ma ha anche costretto i governi a reagire con una rapidità e una forza che non si vedevano dal secondo dopoguerra. Resta da chiedersi se le misure hanno saputo avere uno sguardo sul futuro di lungo termine o se, una volta passata l’emergenza, proveremo a rifugiarci nel mondo di prima.
Le riforme e gli interventi dovrebbero mirare a farci cogliere i benefici delle industrie del futuro per i decenni a venire. Tuttavia, molti sostengono che la qualità della ricostruzione non sia tanto importante quanto la sua velocità, invocando ad esempio il ‘modello Genova’. Questo modo di pensare sembra alla base del complesso di proposte emerse recentemente.
Una fra tutte: il piano Colao. Tuttavia, per quanto questo documento sia il migliore finora prodotto, manca della necessaria ambizione per dare avvio a un nuovo patto sociale basato sulla transizione ecologica.
La sua attuazione potrebbe dare ristoro all’economia nel breve periodo, ma rischierebbe di farci perdere l’opportunità di chiarire a noi stessi quali sono le priorità di lungo periodo. La conseguenza sarebbe la perdita della battaglia più importante: la costruzione di una società capace di affrontare a viso aperto le sfide del domani.
Che tipo di opzioni abbiamo? Il primo modello è quello del Green Deal europeo, esso contiene gli elementi per mettere in atto una serie di interventi che diano vantaggi economici immediati ma anche a lungo termine. Nel breve infatti, alcune di queste misure produrranno lavori qualificati per la realizzazione di infrastrutture per l’energia pulita; pensiamo a quelli necessari per l’installazione di parchi eolici e solari, alle stazioni di ricarica, agli impianti per la produzione di idrogeno e ai programmi di riqualificazione degli edifici per una maggiore efficienza energetica.
Il punto forte del Green Deal sta però nel fatto che i vantaggi nel lungo termine sono ancora maggiori: prezzi più bassi per l’energia, sistemi più resilienti e popolazioni più sane. I prezzi delle tecnologie verdi stanno crollando e diventeranno ancora più bassi facilitando il loro impiego su larga scala.
In Italia i principali partiti si sono schierati per estendere i benefici dell’ecobonus anche alle auto tradizionali, rendendo in tal modo certo il loro fallimento. È invece più che mai urgente aiutare le aziende a riconvertirsi per diventare un forte volano di crescita.
Il successo del modello europeo è scritto nei miliardi già allocati per parchi solari nella penisola iberica e nelle turbine eoliche nel Mare del Nord. Compagnie private europee come Vestas e Siemens Gamesa ne beneficeranno e potranno creare nuovi posti di lavoro; allo stesso tempo, renderanno disponibile energia conveniente che potrà essere usata per produrre idrogeno, allo sviluppo di tecnologie per produrre il quale sono stati stanziati ben 40 miliardi nel Green Deal. L’idrogeno a sua volta sarà alla base dell’industria pesante del futuro.
Risorse importanti sono per esempio dedicate alle stazioni per la ricarica dei veicoli, in modo che la loro costruzione stimoli la domanda per macchine elettriche, con benefici per le aziende che sapranno reinventarsi. Macron si è già mosso: in Francia sono stati stanziati 8 miliardi per la riconversione dell’industria automobilistica verso l’elettrico. Si tratta di una transizione difficile e costosa, per questo che occorre saper cogliere la disponibilità di ingenti risorse pubbliche in questo momento.
Il secondo modello è quello statunitense. Invece di selezionare dove indirizzare le risorse, gli Stati Uniti hanno optato per interventi massicci, ma senza riflessione strategica. Così, per l’energia, gli Usa si trovano a dipendere da tecniche inquinanti come il fracking, che per di più sono in declino strutturale.
L’amministrazione Trump che tenta di salvare lavori nell’ambito delle miniere di carbone, ha la stessa lungimiranza che avrebbe avuto un investimento sulle fabbriche di macchine da scrivere durante gli anni Ottanta, mentre i computer irrompevano sulla scena
L’Italia rischia di andare istintivamente verso questo secondo modello poiché manca una riflessione strategica. Il rischio più grande non è l’implementazione del piano Colao senza miglioramenti, ma quello fin troppo noto di metterlo in un cassetto e dimenticarlo, di proseguire come se nulla fosse con il modello delle prebende e dei contentini elettorali di cui la politica italiana abusa da decenni.
In Europa si sta finalmente esprimendo una classe politica che, spinta da una cittadinanza attiva e impegnata, sta facendo una serie di proposte per facilitare la transizione ecologica, economica e sociale. In Italia siamo ancora ben lontani da una visione così ben articolata: il piano Colao non basta per fare questo salto nel futuro, ma la transizione verso energie pulite è vantaggiosa sotto così tanti profili che i paesi che perpetuano tecnologie del passato si consegnano a un destino di stagnazione senza appello.
Possiamo e dobbiamo puntare a una posizione non solo giusta per l’ambiente e la salute, ma anche economicamente competitiva per le attuali e le prossime generazioni. L’Italia deve avere il coraggio di diventare protagonista del Green Deal europeo. Investire nella sostenibilità rappresenta un’enorme opportunità storica per generare la competitività economica che inseguiamo da anni. Più posti di lavoro, più salute e soprattutto una migliore qualità della vita, senza lasciare indietro nessuno.
Andi Shehu è co-presidente di Volt Italia*