Malta contro Nello ScavoL’Europa e l’Italia devono essere trasparenti su ciò che accade ai migranti nel Mediterraneo

Intervista all’inviato di Avvenire minacciato dall’ex direttore dell'Ufficio del premier maltese per le sue inchieste sui trafficanti e i rapporti ambigui tra La Valletta e Tripoli: «Ferma i tuoi sporchi affari. Altrimenti ti fermiamo noi»

«Ferma i tuoi sporchi affari. Altrimenti ti fermiamo noi». Non è la battuta pronunciata dal cattivo di un B-movie, ma una intimidazione scritta impunemente sabato via Twitter dall’ex direttore dell’Ufficio del Primo ministro di Malta, Neville Gafà, e rivolta a un giornalista italiano: Nello Scavo. Tutto questo accade nell’Unione europea tra due Stati membri nel silenzio generale delle istituzioni italiane e comunitarie.

L’inviato speciale di Avvenire da anni con le sue inchieste ha raccontato le rotte dei profughi nel Mediterraneo e i rapporti ambigui tra Malta, Italia e Libia nella gestione dei migranti. Anche per questo ha vinto nel 2018 il Premio per la libertà d’informazione. Dal 18 ottobre del 2019 è sotto scorta dopo un’inchiesta giornalistica in cui ha svelato la presenza del “re” dei trafficanti di esseri umani Abd al-Rahman al-Milad, meglio conosciuto come Bija, all’incontro di Mineo in Sicilia nel 2017 tra autorità italiane e libiche, per bloccare le partenze dei profughi verso il nostro Paese.

In queste settimane Scavo ha raccontato con i suoi articoli la strategia di respingimenti illegali dei migranti da parte delle autorità maltesi e il traffico di petrolio che passa dalla Libia a Malta verso l’Europa con l’appoggio di alcuni clan mafiosi siciliani. Delle attenzioni che forse non sono piaciute all’ex funzionario maltese coinvolto nelle indagini sulla morte della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, assassinata nell’ottobre del 2017 per le sue inchieste.

«Non sono rimasto sorpreso né dal tono, né dalle parole, né dal messaggio. So con che personaggi ho a che fare. Fino a gennaio di quest’anno Gafà era stato capo di gabinetto del premier maltese dimissionario Joseph Muscat. Questo non vuol dire che sia rimasto fuori completamente dalle attività ufficiali perché proprio durante la Pasqua ci sono stati una serie di respingimenti abbastanza ambigui da Malta verso la Libia. E in due casi anche dei dirottamenti da Malta verso l’Italia. La Valletta a ha rifornito le navi dei migranti anche di un nuovo motore per potere raggiungere il nostro Paese» spiega Scavo.

Parliamo della “Strage di Pasquetta” con 12 migranti morti e 51 respinti verso la Libia che hai raccontato per primo su Avvenire.
Sì, lo stesso Neville Gafà ha ammesso di essere stato contattato dall’ufficio del primo ministro maltese per coordinare con la Libia il ritorno a Tripoli dei migranti. Li aveva intercettati con una motopesca dalla doppia “identità”, ovvero registrata sia a Malta che in Libia. Abbiamo scoperto che l’imbarcazione fa parte di una flotta fantasma che da anni fa i respingimenti in seguito a un accordo tra Malta e Libia siglato tre anni fa proprio da Neville Gafà

Aiutaci a capire, che personaggio è questo Gafà?
È coinvolto in molte inchieste ancora in corso. Non ha condanne pesanti alle spalle, ma il suo nome era emerso in una indagine su una compravendita di passaporti tra la Libia e Malta per ottenere il passaporto maltese. È citato nell’inchiesta su Daphne Caruana Galicia e fino al giorno prima della morte della giornalista Gafà pubblicava post dal tono diffamatorio con immagini della vita privata di Daphne. In passato ha sempre negato di conoscere le persone legate all’omicidio, fino a quando un po’ di  mesi fa sono emerse alcune fotografie che lo ritraggono con alcuni dei sospettati. Un personaggio da romanzo nero. Fino a quando la giustizia maltese non farà il suo corso non sapremo la verità giudiziaria. 

Come si reagisce a una minaccia del genere?
La mia risposta sarà continuare a fare il mio lavoro. Recentemente con Avvenire abbiamo pubblicato un’inchiesta in due puntate sul traffico di petrolio dalla Libia all’Europa passando da Malta con appoggi non solo logistici della Mafia siciliana. Andiamo avanti. Forse gli articoli che abbiamo pubblicato anche con il New York Times e il Guardian non sono passati inosservati a Malta.

Non è la prima volta che esponenti di governi esteri minacciano giornalisti italiani. Perché?
No, era capitato l’anno scorso a me e alla collega Nancy Porsia, quando siamo stati minacciati da Bija (soprannome di Abd al-Rahman al-Milad, il “re” degli scafisti libici), e per questo motivo ho ricevuto la scorta. Ma anche qualche settimane fa a Jacopo Iacoboni de La Stampa da parte di ambienti russi. Mi aspetto che il governo italiano faccia sentire la sua voce perché non può essere scontato che un esponente istituzionale straniero possa minacciare impunemente dei giornalisti italiani. 

Hai ricevuto qualche sostegno da parte del governo?
In questi mesi ho ricevuto il sostegno di molti ministri e vice ministri preoccupati delle minacce che ho ricevuto. E anche in queste ore posso assicurare che la vicinanza non è mai mancata anche da parte delle forze dell’ordine. Quello che manca però è uno scatto da parte del governo italiano contro i giornalisti che vengono intimiditi in generale. Non parlo solo del mio caso. Ormai questi casi si ripetono con una certa frequenza. 

Giornalisti minacciati, persone che continuano a morire in mare, altre rimangono per mesi prigioniere nei campi libici, ma questo non suscita più indignazione come un tempo. L’opinione pubblica italiana se ne frega dei migranti?
In questa pandemia l’attenzione principale si è spostata sul tema serio della salute pubblica e gli italiani giustamente vogliono capire come far ripartire l’economia. Ma non possiamo trascurare la politica internazionale. La settimana scorsa c’è stata una polemica feroce perché una nave umanitaria ha soccorso dei migranti, 28 dei quali sono risultati positivi al covid-19, anche se in gran parte asintomatici, tranne forse un caso. Alcuni hanno usato questo argomento per dire: “Ecco, ci fanno arrivare le persone ammalate”. Omettendo però una cosa.

Quale?
Queste persone venivano da un campi di prigionia libici ufficiali finanziati anche dall’Italia e dall’Unione europea in cui da anni si promette di far rispettare i diritti umani. Non solo non vengono garantiti, ma non si rispettano nemmeno i diritti base della salute. Queste persone non vengono mica rilasciate da queste strutture con un certificato delle autorità libiche, piuttosto escono pagando un prezzo molto alto, finiscono sul gommone e arrivano in Italia e in Europa. Ci concentriamo solo su ciò che accade in mare, dimenticandoci cosa avviene a terra, anche purtroppo col sostegno politico e finanziario dell’Italia e dell’Europa. Bande di criminali fanno ciò che vogliono impunemente, compreso minacciare giornalisti italiani. 

La colpa è anche dell’Unione europea?
C’è un problema di trasparenza su ciò che l’Europa fa nei rapporti con altri paesi membri e con la Libia. Ogni volta che in mare c’è un salvataggio strano o un respingimento di migranti, noi chiediamo informazioni e Frontex che ci risponde con la stessa frase: i suoi aerei non sono coinvolti nei soccorsi ma servono per individuare situazioni di pericolo e segnalarli alle autorità competenti che quasi sempre sono Italia Malta e in subordine la Libia. Tutto questo non avviene quasi mai con particolare trasparenza. 

Facciamo un esempio.
Non serve andare molto lontano. Per esempio la scorsa settimana c’è stato un soccorso in  mare, abbiamo scritto che c’era una nave della Marina militare che avrebbe potuto salvare una imbarcazione di migranti. La Marina ci ha risposto dicendo che la nave era troppo lontana per poterlo fare. Ma quando noi abbiamo chiesto il nome della nave e la sua geoposizione nel momento in cui le autorità hanno lanciato l’allarme non c’è stato comunicato. Quindi non abbiamo potuto calcolare in quanto tempo la nave militare avrebbe potuto raggiungere il gommone in difficoltà. Ma avvengono mille volte cose del genere. 

Voi di Avvenire e il Guardian avete raccontato anche dei respingimenti dei migranti da parte delle autorità maltesi.
Sì, due barconi sono stati spediti da Malta in Italia. Una pratica che avviene probabilmente da molto tempo. In questo caso particolare abbiamo ottenuto le testimonianze, le fotografie e i filmati del respingimento da parte delle autorità maltesi peraltro dentro le acque territoriali di Malta, quindi illegalità su illegalità. 

E come ha reagito il governo italiano?
Abbiamo atteso una decina di giorni prima di avere una nota della Farnesina che spiegava che ciò che avevamo rivelato assieme al Guardian era nient’altro che la verità. Un Paese come l’Italia può permettere che Malta ci mandi indietro dei migranti nonostante fossero nelle loro acque territoriali, per giunta mettendo in pericolo la vita di decine di persone e violandogli accordi tra gli Stati? C’è un problema di postura istituzionale e di dignità che il nostro Paese si deve dare. Come avrebbe reagito la Francia se avesse scoperto che i migranti passano le Alpi dopo essere stati rifocillati e scortati da militari italiani fino al confine francese?

Te la sarai data una risposta sul perché l’Italia ha questo atteggiamento con Malta.
Le spiegazioni sono tante e difficili. Sono un giornalista e non un politico, però una cosa la voglio dire. Il tema dell’immigrazione è stata una grande opera di distrazione di massa in questi anni su cui si sono fondate delle carriere politiche,  non solo nel centrodestra. Agitare lo spauracchio su quello che accade in mare, senza risolvere il problema a terra in Libia è servito a qualcuno per diventare forte politicamente.

Per molti italiani però il problema immigrazione rimane un tema spinoso.
Siamo però arrivati a un paradosso. Alcuni anni fa i servizi segreti dicevano che almeno centomila migranti erano pronti a lasciare la Libia per arrivare in Europa. Ricordo ancora l’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti, addirittura disse in un’intervista che a causa dell’arrivo massiccio di migranti aveva temuto per la tenuta democratica del Paese. Qualche settimana fa gli 007 italiani ci informano che ci sarebbero 20mila migranti pronti a partire dalla Libia. Questo numero è stato usato ancora una volta come uno spauracchio ma è il più basso di sempre. Parliamo di ventimila persone, non centomila. E allora con la scusa dell’invasione parliamo di porti chiusi e chiudiamo un occhio sui respingimenti degli altri Paesi perché in fondo sono meno migranti che arrivano a casa nostra. 

Cosa dovrebbe fare il governo italiano?
Dobbiamo pretendere rigore e chiarezza. Non credo che un funzionario pubblico italiano potrebbe mai permettersi di usare toni e argomenti del genere nei confronti di un giornalista maltese. E ricordiamo che tutto questo avviene all’interno dell’Unione europea, tra Paesi membri. È inaccettabile. Non si tratta di difendere un giornalista ma di difendere un principio, quello della libertà di informazione. Se non è garantito neanche dentro l’Unione europea vuol dire che il fatto di aver screditato i diritti delle persone, degli ultimi si ritorce contro come un boomerang. Nel male però c’è un aspetto positivo. 

Quale?
In Italia le autorità proteggono la vita dei  giornalisti “scomodi”, anche se non è una parola che mi piace molto. Quello che scrivo non è in linea con quello che hanno fatto i governi italiani negli ultimi anni. Nonostante questo il ministero degli Interni mi ha garantito la scorta di sua sponte, senza che né io, né Avvenire sporgessimo denuncia contro le intimidazioni subite. Ed è avvenuto da parte di politici che sono molto lontani dal mio pensiero. Fino a due-tre anni fa c’era invece un atteggiamento diverso e questa cosa la trovo sana per la nostra democrazia e la libertà di informazione.

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