Medioevo leghistaLa crociata nei confronti del disegno di legge contro l’omotransfobia e la misoginia

La proposta è stata approvata dalla Commissione Giustizia della Camera con molte critiche da parte degli esponenti del Carroccio e dei vari parlamentari che si definiscono pro famiglia. Per il partito di Salvini, «le lobby Lgbt vogliono imporre un pensiero unico che metta al bando la famiglia tradizionale e gli eterosessuali»

«Regia occulta ma palpabilmente presente». Non sono parole tratte da libelli anticomplottistici, come quelli che andavano di moda tra ‘700 e prima metà del secolo scorso e che accusavano, secondo diversi punti di vista, giansenisti, gesuiti, ebrei, massoni di cospirare per un sovvertimento mondiale dello status quo. Bensì dalle dichiarazioni di Alessandro Pagano.

Per il vice capogruppo del Carroccio alla Camera il nuovo sistema abissale di potere sono «le lobby Lgbt», che in Italia, «con la contemporanea colpevole complicità del silenzio-assenso del governo Conte, vogliono imporre un pensiero unico che metta al bando la famiglia tradizionale e gli eterosessuali».

Pensiero unico ovviamente veicolato – secondo un topos oramai ricorrente in tutti i raggruppamenti di tendenza ultraconservatrice, sovranista, nazionalista a matrice variamente cristiana diffusi nei cinque continenti – dall‘esecranda quanto fantomatica ideologia del gender. Che, da quando fu congegnata a tavolino nel 1995 dall‘opusdeiana Dale O‘Leary (collaboratrice, fra l‘altro, della National Association for Research and Therapy of Homosexuality di Joseph Nicolosi), è di fatto la teoria del complotto per antonomasia degli ultimi 25 anni.

Uno schema, questo, concettualmente elementare quanto capace di agitare gli animi e fare maggiormente presa sulle persone in tempi di particolari rivolgimenti economici, sociali, sanitari (come lo è, appunto, quello contemporaneo, segnato dalla pandemia da Covid-19), dove l‘individuazione di un‘unica causa occulta è il mezzo più facile per scaricare paure, rabbie, tensioni e interpretare semplicisticamente un reale più complesso di quel che si pensi. In un tale clima di parossistica esagitazione, alimentata da parlamentari e profamilisti “devoti” in veste di predicatori, le menti si popolano di cospirazionisti arcobaleno, dei cui colori si tinge un‘ideologia pestilenziale da eradicare a tutti i costi perché più pericolosa, per usare parole dell‘arcivescovo di Cracovia Jędraszewski e del riconfermato presidente della Polonia Duda, di quella comunista.

Nulla di nuovo e originale, dunque, nelle parole di Pagano se non il riferimento attualizzante di questo trito armamentario lessicale al disegno di legge contro l‘omotransfobia e la misoginia, che è stato approvato dalla Commissione Giustizia della Camera poco dopo le 2:00 di mercoledì notte. «Già oggi – così ancora il deputato siciliano, forse vedendosi su un pulpito come un Gioacchino Ventura – intravediamo le conseguenze di questa legge: sacerdoti perseguitati, genitori preoccupati dagli effetti a cui saranno costretti le generazioni future con l‘insegnamento obbligatorio gender nelle scuole».

Da qui la reazione della «Lega, che continuerà la grande battaglia antropologica facendo argine per garantire le libere scelte di ogni singola persona, la libertà di pensiero e la difesa della famiglia naturale rispetto alle derive di questa legge che perseguiterà proprio gli eterosessuali».

Dopo le dichiarazioni di Pagano tutto il resto è noia, perché i susseguenti concetti e parole sono stati per lo più gli stessi nei soliti consaputi. Si va così da Simone Pillon, che, da sempre ossessionato dalle persone Lgbti, ha parlato di «vergogna ideologica» e, forse invasato dallo spirito di suor Lucia di Fatima, ha minatoriamente profetizzato: «A Renzi non andò molto bene quando volle forzare sulle unioni civili. Caro Conte, ci ricorderemo», fino agli immancabili dioscuri Toni Brandi e Jacopo Coghe (presidente e vicepresidente di Pro Vita & Famiglia, già alla guida, con gli stessi rispettivi incarichi, del Congresso di Verona), che, facendo il verso al senatore dall‘inseparabile papillon, hanno retoricamente domandato: «Caro Conte e caro Zan , credete davvero che mamme e papà faranno subire ai propri figli i ‘neo-sermoni‘ sulla sessualità e sull‘indifferenza del sesso biologico, sulla fluida identità di genere e sulla prevalenza della soggettiva e mutevole identità di genere rispetto al sesso biologico?».

Medesima geremiade litanica da Massimo Gandolfini, leader del Family Day, che ha parlato di «guazzabuglio legislativo che non definisce alcun reato di discriminazione, lasciando ampi spazi a derive liberticide, e inserisce nell‘ordinamento italiano il concetto controverso e privo di basi scientifiche di identità di genere» e di «offensiva gender nelle scuole di ogni ordine e grado, tramite l‘istituzione della Giornata nazionale contro l‘omofobia che proporrà iniziative ideologiche a studenti di ogni età».

A tale concerto di voci nere si è unita, ancora una volta, quella di Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, che, facendo «appello ai parlamentari cattolici ma anche a chi ha una coscienza libera», ha invocato l‘opposizione «con tutti i mezzi alla promulgazione di una legge fatta per sdoganare l‘ideologia gender e che contiene pericolose derive liberticide». Parole che non meravigliano affatto sulle labbra di un presule, noto per posizioni tradizionaliste e per il plauso a Salvini sull‘uso di simboli cristiani in pubblici comizi. Senza dimenticare che Suetta, addottoratosi in teologia presso il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum, è stato economo della diocesi di Albenga-Imperia e rettore del seminario vescovile di Albenga negli anni del controverso episcopato del suo mentore, il vescovo Mario Olivieri, di fatto esautorato da Papa Francesco nel 2015 con la nomina a coadiutore di Gugliemo Borghetti e spinto a presentare le proprie dimissioni, anzitempo, all‘età di 72 anni.

In realtà, il ddl contro l‘omotransfobia e la misoginia dovrà fare i conti con ben altre criticità, meno rumorose e più pericolose. A partire dalle eventuali resistenze di parti dell‘area cattolica, non sempre evidenti e trasversali a tre dei quattro partiti di maggioranza (Italia Viva, M5s, Pd). Ci sono poi, sia pur per altri motivi ma con prevedibili ricadute sull‘iter legis, le sabbie mobili delle tensioni e dei malumori interni alla stessa coalizione, di cui si è avuta una chiara riprova con la riconferma dei leghisti Ostellari e Vallardi a presidenti delle Commissioni Giustizia e Agricoltura del Senato.

A pesare infine sul piatto della bilancia le scaramucce e le gelosie primadonnistiche di chi scalpita per arrogarsi meriti in una battaglia appena iniziata o intestarsela nel futuro. Governare la barca tra simili marosi non è e non sarà facile per il relatore dem Alessandro Zan, anche se la sua passione e buona volontà fanno ben sperare. Ma questa è tutta un‘altra storia.

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