La cultura imprenditoriale italiana è tra i primi posti a livello mondiale, ma per mantenere questo riconoscimento non è più sufficiente continuare a fare come si è sempre fatto, serve un cambio di passo, culturale e industriale. Con l’avvento della pandemia da Coronavirus questo è ancora più vero. La Fiera Internazionale A&T – Automation & Testing – dedicata a Innovazione, Tecnologie e Competenze 4.0 ha lo scopo di offrire alle imprese italiane, con particolare attenzione alle pmi, un indirizzo strategico, corroborato da dati, trend e analisi, e al tempo far conoscere soluzioni e processi d’innovazione industriale reali, testati, sperimentati e performanti, unitamente a proposte formative focalizzate su competenze e managerialità in ottica 4.0.
In questa ottica la 14ma edizione della Fiera, tenutasi prima del Covid19, ha proposto, in partnership con The Adecco Group, un incontro dal titolo “Competenze nell’era del digitale”.
«È ormai indispensabile», è stata l’introduzione del ceo di A&T, Luciano Malgaroli, «avere una puntuale contezza delle evoluzioni tecnologiche dei sistemi di produzione industriale, ma anche degli scenari nazionali e internazionali e dei trend di mercato, per far conoscere e favorire la competitività delle nostre imprese, grandi, medie, piccole e micro. Oggi la grande sfida delle aziende italiane è trovare opportunità, risposte e soluzioni personalizzate alla trasformazione digitale perché digitalizzare significa cambiare mentalità e approccio lavorativo, vuol dire poter competere con efficacia nelle sfide incalzanti del mercato senza perdere terreno». Oggi con lo shock del virus che ha obbligato ogni azienda a immaginare nuove forme di lavoro e di produzione il tema non è più strategico, ma vitale.
«Guardandoci intorno in questa Fiera abbiamo la percezione plastica di quanto la tecnologia stia correndo e quante cose stiano cambiando», ha sottolineato Manlio Ciralli, Chief Sales, Branding & Innovation Officer The Adecco Group Italia. «Il dato che oggi dobbiamo dirci con chiarezza è che non esiste un problema lavoro, non manca il lavoro. Mancano competenze in grado di intercettare le richieste del mondo del lavoro. L’unico tema è quello della occupabilità».
Per Ciralli, «l’Italia ha circa il 34% di lavori a rischio cambiamenti significativi per via di una parziale automazione e un 10% invece ad alto rischio di automazione. Questo non significa che si perderanno posti di lavoro ma che si trasformeranno. Nei prossimi cinque anni, secondo la Oxford University, si creeranno in Europa 9,5 milioni di nuovi posti di lavoro legati all’It e all’industria, ma nel campo dell’intelligenza artificiale, coding e Internet of things. Nel mondo si parla di 57 milioni di nuovi posti di lavoro. Dati che rendono evidente come il focus per le aziende e per il Paese debba essere il capitale umano, che deve essere competitivo. Perché sia possibile dobbiamo giocare su due tavoli: quello dell’upskilling e quello del reskilling. Il bisogno di aggiornare le proprie competenze oggi per chi vuole stare nel mondo del lavoro è vitale».
Elena Berardi, Hr international business partner Quaker Houghton, sottolinea le criticità sul campo che le aziende incontrano rispetto a questa verità. «Mi riconosco in questo scenario. La più grande difficoltà sta nel riuscire a trovare sul mercato del lavoro le figure che cerchiamo. In più abbiamo due grandi sfide: il nostro orizzonte temporale delle assunzioni è di circa cinque anni. Sappiamo che oltre questo limite le persone cambiano per migliorare la propria preparazione. E poi la retention, cioè la capacità di attrarre e tenere le risorse proponendo un ambiente lavorativo accattivante e tecnologicamente innovativo. C’è poi un aspetto di genere: sono molto rare le donne in questi ambiti tecnologici. È un problema di orientamento e culturale».
«Quello di cui sono fortemente convinto è che noi aziende dobbiamo imparare a crescere talenti più che cercarli», sottolinea Luca Ritondale, responsabile sviluppo organizzativo e gestione risorse umane Sinelec – Gavio Group, «troppo spesso cerchiamo sul mercato le risorse quando potremmo costruircele. Ma per farlo bisogna puntare e sviluppare la formazione dei lavoratori. La creazione di una Academy interna è la chiave di volta della competitività del futuro di ogni realtà imprenditoriale».