Una storia di successo di imprenditoria sociale al femminile. Così si sarebbe potuta definire fino a ieri Progetto Quid, il brand di moda etica e sostenibile dell’impresa sociale Quid, che crea capi di abbigliamento e accessori in edizione limitata.
«Le nostre collezioni prendono vita da eccedenze di tessuti messe a disposizione dalle più prestigiose aziende di moda e del settore tessile», spiega la fondatrice e presidente Anna Fiscale, laureata in Economia e Scienze Politiche e appassionata di moda, da sempre attenta al tema delle pari opportunità e dell’empowerment femminile. «Ogni capo è reso unico grazie al lavoro di persone – soprattutto donne – con trascorsi di fragilità, che trovano qui un’occasione di riscatto», spiega. Delle 120 persone che compongono l’azienda, il 90% è composto da donne.
«Quid, in latino, significa “qualcosa in più”. Credo che questo progetto abbia davvero qualcosa in più», continua Fiscale, «e a parlare per noi sono i risultati». Progetto Quid vanta infatti la collaborazione di noti brand del mondo del fashion come Calzedonia, Ferragamo, Elena Mirò e anche aziende di cosmetica e design impegnate nella sostenibilità tra cui Ikea, L’Oreal, Unilever e NaturaSì. «Calzedonia è stato il nostro primo supporter, grazie al patron Sandro Veronesi che non solo ha donato tessuto per creare accessori, ma ha anche finanziato il progetto con 15mila euro», sottolinea la presidente.
Nel 2014 arriva un grande riconoscimento: il premio europeo “Innovazione sociale” e negli anni successivi l’azienda apre negozi a Milano, Genova, Verona, Bassano del Grappa, Vallese, Mestre e Bologna. Una cavalcata che sembra inarrestabile. «Abbiamo chiuso il 2019 con un fatturato che supera i 3 milioni di euro», aggiunge la presidente, «e nel futuro volevamo sviluppare il nostro canale e-commerce, far nascere altri negozi e consolidare partnership con le aziende».
Volevano perché a cambiare tutto è arrivata la pandemia del Covid19. «Il 24 marzo abbiamo fermato le nostre macchine da cucire. Nel rispetto di quanto richiestoci dal governo, il nostro laboratorio è rimasto chiuso fino al 7 Aprile», racconta Fiscale. «A inizio marzo, quando l’emergenza era ancora sul nascere, abbiamo chiuso tutti e nove i nostri negozi».
Un colpo durissimo che però a Quid decidono di affrontare come sempre, a testa alta: «Se l’emergenza ha fermato le nostre macchine, non ha però fermato il nostro sguardo sul futuro», sottolinea orgogliosa la fondatrice.
Un futuro punteggiato di sfide che vengono trasformate in opportunità. La principale è immaginare una produzione diversa e che abbia mercato. Quale? La più intuitiva. «Nel nostro piccolo stiamo anche noi cercando di fare la differenza», spiega Fiscale, «abbiamo prototipato diversi modelli di mascherina protettiva riutilizzabile in tessuto anti-microbico e anti-goccia, sviluppandone due».
Per un primo modello sviluppato in rete con altre cooperative e distribuito a partire dai primi giorni di aprile, Quid riceve ordini per oltre 350mila pezzi da parte di enti pubblici, enti assistenziali e dalla grande distribuzione.
Non si tratta di una semplice riorganizzazione. Quid ha dovuto trasformarsi, nel senso più industriale del termine. «Se da un lato convertire la nostra produzione è stato necessario ai fini di poter garantire a Quid una continuità nei mesi futuri, dall’altro ci richiede di sostenere costi di approvvigionamento, di ricerca e di sviluppo importanti. Abbiamo comunque voluto rendere l’iniziativa significativa, nella logica “dell’unione fa la forza” collaborando con altre cooperative sparse su tutta la penisola. Sono numerose infatti le realtà sociali italiane che stanno riconvertendo e reinventando la loro produzione per far fronte alla situazione attuale. Quid ha creato uno “starter pack” per la produzione dei primi campioni e un tutorial per le istruzioni di imballaggio. Le altre cooperative hanno aderito al progetto e si sono attivate per iniziare la produzione e in, in sinergia, rispondere alle richieste del mercato. Le macchine tessili hanno ricominciato a funzionare», chiarisce la presidente.
Un’attenzione e una cura al dettaglio che dai vestiti di moda è passata immutata alla produzioni di protezioni sanitarie. A testimoniarlo ci pensa direttamente l’Istituto Superiore di Sanità, che ha certificato uno dei modelli.
È nata così Co-ver, la mascherina protettiva riutilizzabile certificata da filiera interamente Made-in-Italy prototipata da Quid, che potrà essere messa in vendita come dpi (Dispositivo di protezione individuale) di tipo I in deroga.
«L’impegno», continua Fiscale, «è stato anche quello di creare prototipi di mascherine differenti da altre già in commercio e autorizzate dall’Istituto Superiore di Sanità anche per modelli riutilizzabili, riducendo l’impatto ambientale dei modelli usa-e-getta. Va infatti tenuto presente che se il fabbisogno nazionale è di 90 milioni di maschere/mese, l’impatto ambientale sarà molto elevato. Abbiamo raggiunto questo obiettivo con le mascherine Co-ver».