Fuori orarioGli europei non hanno il diritto di disconnettersi dal lavoro

E-mail, telefonate, WhatsApp del capo inviati nel weekend, in vacanza o la sera dopo cena sono diventati la normalità. In Italia dal 2017 c’è una legge sullo smartworking ma pochi la conoscono e non chiarisce quando si può davvero staccare

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Non tutti gli europei hanno il diritto di disconnettersi dal lavoro. E-mail, telefonate, WhatsApp, riunioni speciali via zoom e skype fuori dall’orario di ufficio fino a vent’anni fa erano una rarità, e non solo perché non c’erano gli smartphone. Oggi è diventata la norma secondo un report pubblicato dal Servizio Ricerca del Parlamento europeo. Sempre più manager e datori di lavoro contattano abitualmente i dipendenti durante il fine settimana, in vacanza o la sera dopo cena. 

Alcune volte i dipendenti sono obbligati per contratto a essere sempre disponibili, soprattutto se il loro lavoro non si basa sul timbrare il cartellino ma sul raggiungere degli obiettivi prefissati con l’azienda.

Spesso invece sono gli stessi lavoratori a scegliere da soli di concedere qualsiasi momento della loro vita privata al loro capo. Essere rapidi è associato a una maggiore produttività ed è considerata una condizione necessaria per avere almeno un avanzamento di carriera nella maggior parte dei luoghi di lavoro, come dimostra uno studio dell’Institut der deutschen Wirtschaft

Il fenomeno del lavoro fuori orario si è allargato durante la pandemia quando molti dipendenti hanno cominciato a lavorare da casa, rendendo però sempre più labile il confine tra vita professionale e vita privata. Secondo il sondaggio online “Living, Working and COVID-19” condotto nell’aprile 2020 da Eurofound, l’agenzia europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, il 37% degli intervistati ha iniziato a lavorare da casa durante il lockdown. 

In teoria quando il lavoro da casa diventa smartworking l’assenza di vincoli di tempo e di spazio basato sul raggiungere degli obiettivi permette al dipendente di essere produttivo, resiliente e soddisfatto. In pratica, si tratta molto spesso di telelavoro. Tradotto: comportarsi a casa come in ufficio, rimanendo sempre incollati alla sedia durante tutte le ore di lavoro canoniche. Il rischio è che il capo non potendo controllare il dipendente, si prenda la libertà di chiedere una mansione fuori orario, forse convinto che il lavoro non pesi stando a casa. 

In alcuni casi estremi si arriva anche a un paradosso: se i dipendenti hanno un telefono o una mail aziendale, il datore di lavoro può anche monitorare con il gps la posizione, la routine quotidiana e gli spostamenti. 

Eppure è dall’800 che i datori di lavoro hanno capito che limitare l’orario di lavoro a meno di dieci ore aumentava la produttività e diminuiva gli incidenti in fabbrica. Oggi la maggior parte degli Stati membri ha fissato per legge l’orario di lavoro normale a 40 ore settimanali, e che non possa superare nell’arco della settimana 48 ore. Lasciando ai contratti collettivi la possibilità addirittura di scendere. 

Ma quando si tratta di telelavoro non tutti i Paesi europei tutelano il diritto alla disconnessione. Eurofound ha diviso gli Stati membri tra chi non ha alcuna legge sul telelavoro (Cipro, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Lettonia e Svezia), chi ha una legislazione generale del settore  (Austria, Bulgaria, Estonia, Germania, Grecia, Croazia, Ungheria, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Romania, Slovenia e Slovacchia), chi ha un approccio “promuovente”  sull’uso del telelavoro, con disposizioni che ne identificano potenziali vantaggi ma non i suoi potenziali svantaggi (Repubblica Ceca, Lituania, Polonia e Portogallo) e infine chi ha adottato un approccio equilibrato di promozione e protezione con una legislazione specifica che introduce un quadro giuridico per il diritto di disconnessione (Belgio, Francia, Italia e Spagna). 

Italia
Sì, il nostro Paese è tra i più avanzati in tema di smartworking, ma in pochi conoscono la legge 81 del 2017 che all’articolo 19 permette al dipendente di interrompere la comunicazione digitale nel corso della giornata, mettendosi d’accordo col datore di lavoro. 

C’è anche un altro problema. La legge italiana non chiarisce quando debba essere presa questa pausa, se durante l’orario di lavoro o al di fuori, non dà un limite preciso, non definisce dei ritmi alternati, lascia tutto nell’accordo tra dipendente e datore che può essere viziato dalla posizione di forza del capo e dalla volontà del lavoratore di non essere licenziato o mobbizzato. 

Francia
La Francia è considerata la pioniera dell’Unione europea nel riconoscere legalmente il diritto di disconnessione. La Corte Suprema francese ha ordinato alla Rentokil Initial, una società britannica di controllo dei parassiti, di pagare 60mila euro a uno dei suoi ex dipendenti residente in Francia per avergli richiesto di essere costantemente reperibile. 

Il governo francese prima nel 2013 e poi nel 2016 ha definito per legge in modo chiaro i periodi in cui si possono spegnere i cellulari aziendali e in cui non si può rispondere alle mail di lavoro. Anche se si applica solo alle aziende con più di 50 dipendenti. 

Germania
In Germania invece ancora non esiste una legislazione specifica, ma alcune aziende tedesche come Volkswagen, BMW e Puma hanno imposto volontariamente restrizioni su quando i manager possono inviare e-mail ai dipendenti al di fuori dell’orario di lavoro. 

Anche il ministero del lavoro tedesco ha cercato di incoraggiare altri datori di lavoro a seguire l’esempio vietando ai propri funzionari di comunicare con i dipendenti fuori dall’orario di lavoro e impedendo ai dirigenti di intraprendere azioni disciplinari sui sottoposti che scelgono di spegne il cellulare o non rispondo fuori dall’ufficio. 

Al momento non esiste una direttiva europea sul tema, anche se la Commissione europea potrebbe basarsi su due articoli del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il 153 e il 154 che garantiscono il diritto ad avere un bilanciamento sano tra il lavoro e la vita privata.

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