Due in scena, lei è Movì, lui è Pidì, nomignoli dietro i quali non si nasconde nessuno. Come loro anche la scena è nuda, coperta giusto giusto da qualcosa come le foglie: il bonus ristrutturazione e interni, il bonus arredo, i bonus loci e luci, due bonus monopattino parcheggiati, un bonus vacanza o forse avventura.
Pidì — … questa tua depilazione a coda di rondine…
Movì — … ti piace? In falegnameria la coda di rondine è un incastro…
Pidì — … è per me?
Movì — Adesso è per te… io ci metto la coda in quel che faccio… e per avere addosso qualcosa anche quando addosso non ho nulla… è come un gioiello, no?
Pidì — Un gioiello?
Movì — Indiscreto… secondo te cosa mi significano le spille sui vestiti, gli anelli alle dita, i bracciali ai polsi, le collane al collo, le cavigliere…
Pidì — Sarebbero?
Movì — Rimandi, allusioni… la mia coda di rondine lavora al contrario, allude a un gioiello… e non è più indiscreta, anzi… è discreta, delicata, direi riservata, poetica… la vita è una lotta tra sinonimi e contrari…
Pidì — Questa storia…
Movì — … la rondine?
Pidì — No, l’altra, i tagli…
Movì — … i tagli?…
Pidì — … dei parlamentari…
Movì — Ti porti il lavoro a letto?
Pidì — Piuttosto tu… tu e il tuo movimento…
Movì — … quale?… questo?…
Pidì — … no, l’altro…
Movì — Lascialo perdere l’altro… in questo c’è uno scopo… l’altro è un continuo preliminare…
Pidì — Che porterà?
Movì — A una calmante insoddisfazione… Il taglio è una fissa maschile, una missione: che la propria impotenza diventi l’impotenza di tutti… Ah, gli uomini in movimento!… Togliersi il pensiero… è un pensiero, no?
Pidì — Cosa?…
Movì — Questo… tagliamo?…
Pidì — Non scherzare…
Movì — Cioè non commettiamo errori? Ma commettere errori è la tua tenerezza…
Pidì — La tua qual è?
Movì — Farteli commettere…
Pidì — Ne sto commettendo?
Movì — Parecchi… con me ti senti o no un po’ traditore, o del tutto? Non vedevi l’ora, eh, di perdere il tuo rigore morale e di ritrovarlo altrove? Chi stai tradendo? Cosa? Non voglio saperlo, sono superficiale in questo. Il bello è che nemmeno tu vuoi saperlo… quindi, secondo errore: ti faccio diventare superficiale, con un velo di polvere ipocrita sulla tua superficie, niente più ideologia, la questione è questione di pelle, non più questione in accezione gramsciana…
Pidì — Gramsciana?…
Movì — Ridillo… gramsciana… hai già cambiato pronuncia… l’eccitazione fa cadere il significato, eleva il suono al rango del senso… la tua inflessione è oscena… anche di una certa volgarità, una densa volgarità, non ti pare?… turgida, succosa… tipo così…
Pidì — Cosa fai?
Movì — Lasciami fare…
Pidì — Ma così mi…
Movì — Così ti… sì, certo, così…
Pidì — Oddio… Oh, ca…
Movì — Ecco, appunto… papale papale… i sinonimi si incontreranno coi contrari, il sacro col profano… finché non ci sarà più nulla di sacro nel tuo profano… e vale anche al contrario… Io mi incontro finalmente con un uomo, ossia con la parte avversa, rigorosa, e gli faccio perdere il suo rigore…
Pidì — Sei troppo giovane…
Movì — Ma cosa dici? Dillo meglio: sono tanto giovane… il troppo è per te… Col pensiero sai tradire chiunque, con le parole soltanto te stesso… sta’ attento… a un certo punto si vede, si sente… lo dici proprio…
Pidì — Tu no?
Movì — Io non tradisco, io sperimento… sei tu che non sei più troppo giovane, non io… hai conosciuto la sperimentazione e il laboratorio quando erano una cosa seria, severa, tosta… non più… adesso si butta là, ci si butta qua e là… si dice una cosa, la si fa lavorare finché conviene che lavori a quel mondo, scompigliando… poi magari si fa l’inversione quando quella cosa è diventata regola del gioco… ma la vera regola è che nessuna regola lo diventi, vado anch’io al cinema… questo, perché? Per farti diventare scemo… come adesso…
Pidì — Mi stai facendo…
Movì — … esatto, è quel che sto facendo… sei tu che non puoi fare altro… io non faccio che altro… e non puoi resistermi perché io lo faccio con disperazione, per disperazione… non ho margini miei e mi afferro ai tuoi ultimi… è disperatamente eccitante…
Pidì — … sei davvero così disperata?
Movì — Dispero in te, e questo ti rende così bassamente utensile…intendo nelle parti basse delle tue cadute… hai il manico, l’avevi, sì, certo, ma è in mano a me… aspettiamo la goccia che faccia traboccare il tuo calice amaro… piddino è un vezzeggiativo…
Pidì — … il tuo movimento…
Movì — … il mio movimento è partito e tu non mi fermi, anzi non vuoi ch’io mi fermi… io che mi muovo, questo è il mio movimento, volvente, avvolgente, in svolte e giravolte e capriole, il mio movimento aggirante…
Pidì — … ma gli uomini del tuo movimento…
Movì — … chi ha detto uomini? Hai presente le punizioni a due metri dall’area grande? I nostri uomini li usiamo per fare la barriera. Li hai mai osservati bene? Hai mai osservato le loro braccia pendule, hanno tutti le braccia pendule, le mani aperte a palmo interno, come i calciatori che formano la barriera, hanno un sesso solo per proteggerlo dai tiri a mezza altezza… e non sono nemmeno calciatori, però temono le punizioni… stiamo già utilizzando le sagome ossia loro stessi calati nello stampo del ruolo…
Pidì — … pupazzi che temono le punizioni…
Movì — … già… l’amore ormai non lo fanno che le donne… occhio a noi donne… per noi l’amore è strategia, una cosa di più lunga portata, di più largo respiro, di secondo mandato… per l’uomo è tattica, un episodio… l’uomo teme la punizione, però l’ama se a favore… simula per ottenerla… non gli restano che i tatticismi e i ballottaggi, i rimbalzi delle palle, la deviazione, l’autogol dell’avversario, rimediare un miserabile tiro piazzato dal limite dell’area di rigore… ah, il rigore!… c’era se per me, non ci sarà più per te… a voi vi roviniamo col Var, la nostra tecnologia a comando… tatticismi e ballottaggio, questo siete… così come la chiacchiera politica in televisione è tutta copertine e promozione… te l’ho detto, conosco i classici del cinema… e andiamo…
Pidì — Che dici, vengo con te?
Movì — Non so, fai tu… vedi, però, d’entrare almeno nell’inquadratura, nel quadro politico, nel nostro tableau vivant… scandaloso, è ovvio…
È un estratto da un’operetta contemporanea di fantasia, ossia settecentesca, con canzoncine, balletti, scenette, scenate, cambi di scena, e molti letti, sfatti e da rifare e, qua e là, nudità, anche orrende. L’ho scritta io. Io sono Vito Taburno, sia in passato sia prossimamente.