Referendum populistiIl surrealismo del Sì, il realismo del No

Non ci sarà maggior rapidità perché il voto non cambierà le funzioni delle due camere identiche che continueranno così il loro estenutante ping-pong. Con i collegi giganteschi aumenterà invece la distanza tra i cittadini e le istituzioni, interi territori resteranno senza rappresentanza. Mentre le campagne elettorali saranno enormemente più costose

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Tra le argomentazioni usate per sostenere il Sì al referendum per il taglio dei parlamentari, quella di Andrea Romano su Il Foglio fa sinceramente torto alla sua fervida intelligenza.

La sua argomentazione principale è infatti la seguente:; “Immaginare di fermare o capovolgere la retorica antiparlamentare opponendole il ritratto irrealistico di una democrazia perfettamente funzionante (1), e quindi niente affatto bisognosa di essere migliorata e rafforzata (2), è un’aspirazione forse nobile ma destinata certamente a essere travolta dalle cose. E corrisponde al fondo a quella “vocazione minoritaria” che troppe volte ha afflitto e menomato il riformismo italiano (3)”.

Sono tre affermazioni surreali. La prima attribuisce a chi si oppone al taglio selvaggio dei parlamentari l’idea vivere nel migliore dei mondi possibili, come fossimo dei novelli Panglosse intenti a istruire il giovane Candide e afferma che chi si oppone alla controriforma populista propone una visione “irrealistica di una democrazia perfettamente funzionante”. Non è affatto così: tra i promotori del No, molti sono stati sostenitori di importanti riforme istituzionali promosse da diversi leader progressisti come Massimo D’Alema e Matteo Renzi, i due che si sono spinti più avanti su quel piano.

Non è questa la sede per discutere le differenze e le consonanze tra i due progetti (maggiori le seconde delle prime), né le ragioni della loro sconfitta: il tradimento di Berlusconi le accomuna, ma non basta a spiegare perché questa vocazione riformista sia risultata minoritaria. La sinistra democratica, in tutte le sue articolazioni, ha sempre (giustamente) sostenuto che le nostre istituzioni hanno numerosi difetti e proposto le vie per correggerli.

Quindi la domanda giusta, e qui veniamo al secondo argomento del surrealismo istituzionale di Romano, è: il taglio dei parlamentari va o no nella direzione giusta, cioè di rendere più efficiente la nostra democrazia? Introduce maggiore velocità, avvicina di più i cittadini alle istituzioni? Migliore la qualità della rappresentanza? No, no e no!

Non ci sarà nessuna maggior rapidità perché le funzioni delle due camere restano identiche e il fatto che ci saranno meno parlamentari non cambia affatto l’estenuante ping-pong tra i due rami del parlamento.

Aumenterà la distanza tra i cittadini e le istituzioni perché ci saranno collegi giganteschi, e interi territori resteranno senza rappresentanz .

Aumenterà il peso degli interessi perché le campagne elettorali saranno enormemente più costose.

Peggiorerà la qualità della rappresentanza, perché a questi parlamentari eletti in collegi giganteschi, senza alcun rapporto con il territorio, con alle spalle ricchi e potenti finanziatori, la cui candidatura sarà decisa dai capipartito, saranno fedeli al capo piuttosto che ai propri elettori.

Orbene, caro Andrea, sai dirmi quali di queste affermazioni sia falsa? Quali dei correttivi (sottoscritti e mai realizzati) siano stati introdotti per correggere queste distorsioni del processo democratico, tali da indurre il Pd a cambiare il voto negativo espresso in tre votazioni?

C’è una nuova legge elettorale proporzionale? No.

Ci sono nuove norme costituzionali che correggano gli effetti negativi del taglio selvaggio? No.

C’è un modo diverso di selezionare la classe dirigente politica? No

E allora che senso ha per il Pd la fedeltà a un patto che non  è stato rispettato dal M5S? La tua risposta è questa: «Oggi quel patto deve essere rispettato, a partire da una nuova legge elettorale». Quindi il Pd dovrebbe votare a favore di una modifica che, senza riforma elettorale proporzionale,  ha giudicato “pericolosa per la democrazia” (l’hanno detto Goffredo Bettini e Nicola Zingaretti) senza che via sia neppure l’ombra di una nuova legge elettorale proporzionale?  Chi tra di noi, a questo punto è Panglosse? Chi è che si accontenta di vaghe promesse ritenendo di vivere nel migliore dei mondi possibili dove i virtuosi alleati approveranno illuminate riforme?

L’argomento che schierarsi per il No sia il frutto di una vocazione minoritaria se portato all’estremo limite, finisce con il giustificare ogni cedimento agli argomenti populisti in nome di una malintesa idea di realpolitik, sicché un’alleanza nata in base all’emergenza democratica (fermare il Salvini dei “pieni poteri”) finisce col  crearne una ugualmente pericolosa: una deriva oligarchica e qualunquista che svilisce il ruolo del parlamento e delle istituzioni nel momento in cui ce ne sarebbe più bisogno.

Ora certamente vedremo scatenarsi la canea qualunquista per l’episodio dei cinque parlamentari (tonti o disonesti, o tutt’e due le cose insieme) che hanno richiesto e ottenuto il bonus.  Per la stima che ho di te spero che non  ti unirai a questa “ola” sconsiderata e selvaggia. Giustificare il taglio della rappresentanza con simili episodi sarebbe come tagliarsi  una mano perché abbiamo un dito rotto.

E quanto ai riformisti e alla loro storia, sai meglio me, che il No a questo referendum è figlio delle culture democratiche confluite nel Pd (liberaldemocratica, cattolico democratica, socialista) che hanno dato l’anima alla nostra Costituzione. E il Si, invece, avvicina pericolosamente il Pd al populismo volgare e tonitruante del M5S.

Dunque cercheremo di vincere la battaglia del No anche per evitare che  da quel balcone da cui fu annunciata l’abolizione della povertà  i populisti possano esibire lo scalpo della democrazia parlamentare.

Dal sito “Democraticiperilno.it”

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