Cosa direste di un amministratore di condominio che convocasse l’assemblea per deliberare su importanti lavori di ristrutturazione, o su qualsiasi altra cosa, venerdì 14 agosto? Penso non ci sia un italiano, per quanto sprovveduto, che non capirebbe immediatamente di trovarsi davanti a un tentativo di farlo fesso, per non dire di peggio.
Ma quando si tratta di politica, partiti e democrazia, evidentemente, prevale l’idea che si parli sempre di casa degli altri, e dunque ben venga lo storico risultato della pseudovotazione su Rousseau, tenutasi per l’appunto ieri, venerdì 14 agosto, che ha dato via libera a entrambe le proposte (ma tu pensa) sottoposte alla deliberazione ferragostana: possibilità di ricandidarsi anche dopo due mandati (sì al «mandato zero», nella neolingua grillina, la cui grammatica non ammette la possibilità di dire la verità neanche volendo) e via libera alle alleanze con i partiti tradizionali, cioè con il Pd (cioè esattamente quello che il M5s aveva già fatto in Umbria nella scorsa tornata e deciso di fare in Liguria nella prossima, a conferma della tesi). Risultati accolti con entusiasmo dal segretario del Pd, Nicola Zingaretti. Evviva la democrazia.
Per una volta, però, non è di Zingaretti che vorrei parlare. Bensì di tutti gli altri esponenti del Pd, o almeno di quelli, non pochi, che in questi giorni si affannano a spiegarci perché votare sì al referendum grillino sul taglio dei parlamentari, pur senza avere ottenuto nessuno dei famosi «correttivi» da loro stessi fino a ieri giudicati indispensabili, sarebbe non solo necessario, ma anche giusto, per non dire bellissimo. Anzi, proprio il non plus ultra del riformismo.
Intendiamoci, non ce l’ho con loro. Come si dice in questi casi, ho tanti amici del Pd. Molti di coloro che s’impegnano in simili contorsionismi logici sono persone che conosco, stimo e apprezzo davvero (soprattutto quando non parlano di politica, almeno negli ultimi tempi). Ma con tutto l’affetto, se una cosa mi è diventata proprio insopportabile è vedere questo stuolo di parlamentari, ministri e sottosegretari, che di secondo lavoro fanno generalmente i professori universitari, gli avvocati o i commercialisti in qualche grande studio, esibire quella faccia contrita, quell’espressione dolente, quel misto di cupa rassegnazione e stoica accettazione del proprio destino di chi si accinge al supremo sacrificio, naturalmente per il nostro bene, in nome del superiore interesse nazionale. Ecco, no. Almeno questo ce lo dovete risparmiare.
Dopo avere passato decenni a menarcela con l’alto senso di responsabilità che imponeva agli uni di riformare la Costituzione con Matteo Renzi e agli altri di difenderla da una simile riforma, ora vi va benissimo, agli uni e agli altri, quel taglio che tutti quanti fino a ieri avevate giustamente giudicato un pericolo per l’equilibrio dei poteri e la stessa democrazia in Italia (senza i suddetti «correttivi»). Voi per primi ci avevate spiegato che tutte le garanzie poste dalla Costituzione a difesa delle regole, delle autorità terze e indipendenti, dell’equilibrio dei poteri — i quorum per l’elezione del Capo dello stato e dei membri della Consulta, o per cambiare la stessa Costituzione — si sarebbero paurosamente indebolite o sarebbero semplicemente venute meno, all’indomani del taglio, senza opportuni interventi costituzionali e sulla legge elettorale. Ora ci dite invece che quegli interventi si possono fare dopo, che non c’è fretta, e che comunque la riforma va votata anche così.
Tornando all’amministratore di condominio del nostro esempio, è come se si fosse deciso di costruire subito la scala e rimandare la ringhiera (per di più, a una data imprecisata). È evidente a chiunque non creda alle favole, alle promesse di Luigi Di Maio e ai responsi della piattaforma Rousseau — insomma: a chiunque — che qui lo spirito di sacrificio non c’entra nulla. Perché non siete voi, cari onorevoli professori, ministri e sottosegretari illustrissimi, che vi state sacrificando per il bene del paese.
Voi siete quelli che alla possibilità di restare al governo con il Movimento 5 stelle hanno sacrificato la politica economica del governo (confermando quota cento e reddito di cittadinanza così com’erano), i diritti fondamentali delle persone violati dai decreti sicurezza, dagli accordi con la Libia e dalla riforma della prescrizione (senza toccarli neanche con un fiore), nonché l’Ilva, lo ius soli e ora persino la Costituzione. In breve, ogni punto di principio o di programma per cui vi siete battuti fino a ieri. E allora non prendiamoci in giro: questo governo e questa maggioranza, con tutte le scelte sopra ricordate, non rappresenta e non ha mai rappresentato, per voi, un’interminabile serie di sacrifici in nome di superiori esigenze. La verità è che vi piace abbastanza.