C’è stato anche un momento Marchese del Grillo, personaggio più trumpiano di altri. Un momento “io so’ io e voi non siete un caz”. Uno dei pochi passaggi in cui Donald Trump sembrava credere in quel che diceva: «Noi siamo qui e loro no», e loro sono i democratici, i media nemici, tutti i perplessi perché il presidente degli Stati Uniti ha usato la Casa Bianca – e molto altro – per la sua propaganda elettorale. “Loro” è poi Joe Biden. Trump lo ha nominato 41 volte. Ha cercato di trasformare queste elezioni da referendum su di lui in scelta tra lui e Biden.
La noia e le suburbane
Ha parlato per settanta minuti, è sembrato più noioso che bugiardo (i fact-checker segnalano oltre venti dichiarazioni false, dalla sanità alla sicurezza nazionale); più noioso che estremista di destra.
Ma ai suprematisti, agli elettori un po’ razzisti che hanno bisogno di un segnale per scatenare l’inferno, forse basta.
Era servito a Kenosha dove un ragazzino bianco è andato a sparare armato insieme alla mamma, è servito a Charlottesville, eccetera. E l’importante era essere noioso. Normalizzare il suo essere Trump, cattiveria e reati commessi inclusi.
Forse ci riuscirà, forse farà paura a qualche conservatore perplesso che non sapeva se sostenerlo, a qualcuna delle solite mamme suburbane; queste elezioni potrebbero venire decise da un gruppetto di indecisi se votare o no, in quattro stati, Wisconsin, Florida, Pennsylvania e Michigan. E l’incredibile convention repubblicana sarà servita a qualcosa.
Le bugie attaccano l’anima
Il miglior discorso l’ha fatto Stephen Colbert, oramai il Ferruccio Parri dei comici, al Late Show. Ha detto di non guardare più la convention. Di non volere più «assoggettarsi alle loro bugie, che si appiccano alla tua anima come catrame».
Oltre al catrame sulle anime, si teme ora il Covid sul South Lawn. Il prato della Casa Bianca era stato attrezzato con sedie bianche da reality sui matrimoni, nelle file dietro c’erano gli ospiti speaker di colore, un po’ di donne, un po’ di personaggi invitati per dare alle famose suburbane una parvenza di non-razzismo e sessismo, e il permesso di rivotare Trump.
In prima fila c’erano i vecchi maschi bianchi ricchi che contano nell’amministrazione Trump, più Rudy Giuliani che si asciugava il sudore sul braccio della fidanzata.
Sono stati gli unici testati, in quanto vicini al presidente. Uno solo, il segretario alla Salute, Alex Azar, portava una mascherina. Per gli altri valeva la roulette russa a cui Trump sta facendo giocare l’America. Con risultati dubbi, sono morti più americani durante la convention che negli attentati dell’11 settembre.
La noia del presidente
Però Trump ha promesso, «schiaccerò il virus», ha assicurato che ci sarà un vaccino entro l’anno, eccetera. E ha ripetuto tutti i talking points recitati in questi giorni da tutti, come usa alle convention ma stavolta di più: paura paura paura violenza gente che spara ai poliziotti Joe Biden abolirà i sobborghi l’economia è fenomenale la nostra risposta alla pandemia è stata straordinaria Joe Biden vi toglierà le armi i liberal mandano i figli alle scuole private l’agenda di Biden è made in China Biden è pazzo schiavo di Crazy Bernie Sanders e i radicali e gli anarchici smantelleranno l’America che io renderò di nuovo un grande Paese manifatturiero e creerò 10 milioni di posti di lavoro in 10 mesi (sì, è un Berlusconi esagerato, ma molto molto peggio).
Il suo pubblico pre-Covid ha molto applaudito. Un tenore ha cantato varie cose, tra cui God Bless America e l’Ave Maria di Schubert. La famiglia Trump ha assistito e nessuno parlava con nessun altro. Melania e Ivanka si sono guardate malissimo, anche la fidanzata urlante di Don jr., Kimberly Guilfoyle, nuova diva dei meme, pareva a disagio.
Nelle prime file, tra vecchi capitalisti e vecchi repubblicani, si ostentava buon umore. Forse perché il presidente arancione gli ha fatto avere grandi tagli fiscali e bellissime deregulation. O perché il partito non esiste più, è stato sostituito da culto autoritario della personalità senza diritto al mugugno.
E Trump è bolso, ridicolo, e impaurito; e impopolare, la maggioranza lo detesta. Ma ha tuttora dalla sua parte più del 40 per cento degli americani, e negli stati in bilico potrebbe ancora vincere. Anche se questa convention, al netto delle continue reazioni agitate dei media, al netto della normalizzazione di alcuni media che lo trattano come un presidente normale, non è andata troppo bene.
Magari ha convinto qualcuno che Biden è responsabile degli scontri a Kenosha, magari non è andata così bene. Lo stesso Trump, durante il suo discorso, sembrava nervoso, e annoiato da se stesso.
Il resto della serata
Prima di Trump ha parlato il suo enabler-in-chief, il leader del Senato Mitch McConnell. Non amato dalla base trumpiana, ha avuto pochissimo tempo. Poi è intervenuto Tom Cotton, giovane senatore dell’Arkansas e pretoriano di Trump, unanimemente considerato un “un fascista suprematista bianco col collo a matita”.
Ha detto che Biden non voleva uccidere bin Laden e ha riempito di soldi gli ayatollah. C’è stato l’atteso intervento di Ivanka Trump, in scollo tondo nero modello Daenerys di Game of Thrones che fa aperitivo con uno trovato su Tinder. Si è proclamata «figlia orgogliosa del people’s president», presidente del popolo, forse ispirandosi alla people’s Princess Diana Spencer.
Ha auspicato uno sforzo bipartisan per guarire le ferite razziali. Ha comunicato «Washington non ha cambiato Donald Trump. È Donald Trump che ha cambiato Washington». E in effetti.
Intanto, in tv, la consigliera dimissionaria ma non troppo Kellyanne Conway informava: «Più regnano il caos e l’anarchia e il vandalismo e la violenza, più diventa chiara la scelta su cosa sia meglio per la sicurezza, la legge e l’ordine».
Discorsi stracchi e Covid a parte, sembra questa la linea del partito repubblicano trumpiano. O trumpiano e basta, oramai.