L’Italia può utilizzare a suo vantaggio il primo elemento chimico della tavola periodica, nonché il più leggero, per raggiungere i target di decarbonizzazione e per creare nuove forme di competitività industriale, facendo leva sul proprio potenziale manifatturiero e sulle proprie competenze nella filiera del gas naturale.
Lo fanno intendere chiaramente i dati emersi dallo studio «H2 Italy 2050: una filiera nazionale dell’idrogeno per la crescita e la decarbonizzazione dell’Italia», realizzato dal gruppo professionale The European House – Ambrosetti in collaborazione con la società di infrastrutture energetiche Snam per esaminare, per la prima volta, le potenzialità della filiera italiana dell’idrogeno.
Partendo dalla posizione geografica e dalla forza del settore manifatturiero, la ricerca si basa su un modello quantitativo innovativo che analizza la crescita della filiera e la decarbonizzazione del nostro Paese.
I risultati dello studio sono promettenti: l’industria italiana delle tecnologie per l’idrogeno e le filiere collegate potrebbero ambire a un incremento del valore della produzione cumulato nel periodo 2020-2050 compreso tra 890 e 1.500 miliardi di euro. L’aumento nella produzione permetterebbe, a sua volta, di creare un impatto occupazionale compreso tra 320mila e 540mila posti di lavoro al 2050. Di più, grazie allo sfruttamento dell’idrogeno nei consumi finali, l’Italia potrebbe apportare un contributo fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici. Al 2050, infatti, si stima una penetrazione potenziale del 23% dell’idrogeno nei consumi finali, che può portato un taglio nelle emissioni di C02 del 28% rispetto all’anno base 2018.
I contenuti dello studio sono stati presentati oggi, 5 settembre, nell’ambito del Forum di The European House – Ambrosetti, in una conferenza stampa cui hanno preso parte Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo di The European House – Ambrosetti, Marco Alverà, Amministratore Delegato di Snam, ed Esko Aho, già primo ministro della Finlandia ed esperto di innovazione, in rappresentanza dell’Advisory Board della ricerca, di cui fanno parte anche Steve Angel, Ceo di Linde, Suzanne Heywood, Chairman and Acting Ceo di CNH Industrial, Francesco Profumo, Presidente di Compagnia di San Paolo, e Paolo Borzatta, Board Member di The European House – Ambrosetti.
«Come emerge dallo studio – commenta l’Amministratore Delegato di Snam Marco Alverà – grazie alla posizione geografica, alla forza del settore manifatturiero ed energetico e a una capillare rete di trasporto gas, il nostro Paese ha le potenzialità per diventare un hub continentale dell’idrogeno verde e un ponte infrastrutturale con il Nord Africa, assumendo un ruolo importante nella Hydrogen Strategy presentata dalla Commissione europea lo scorso 8 luglio. Ciò ci consentirebbe di raggiungere più facilmente gli obiettivi di neutralità climatica al 2050 e di sviluppare una nuova filiera industriale in grado di creare crescita e posti di lavoro, con un valore della produzione cumulato che nei prossimi 30 anni può avvicinarsi ai 1.500 miliardi di euro».
«La transizione energetica è un percorso che tutti gli Stati europei devono perseguire con rigore e costanza per poter combattere il cambiamento climatico e lasciare in eredità alle prossime generazioni un mondo libero dalle fonti fossili – dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – I Paesi europei devono però anche porsi l’obiettivo di diventare leader nel mondo sulla ricerca e produzione delle tecnologie innovative che possono abilitare e accelerare la transizione energetica nel continente. I risultati dell’analisi mettono in evidenza un posizionamento altamente competitivo dell’Italia nella produzione di alcune tecnologie chiave dell’idrogeno, ad esempio quelle per la produzione di idrogeno rinnovabile, quelle meccaniche e quelle termiche, in grado di abilitare importanti impatti in termini di produzione industriale e nuova occupazione».
L’idrogeno, grazie alle sue caratteristiche intrinseche, può essere considerato un vettore energetico indispensabile per il futuro decarbonizzato, in stretta sinergia e complementarietà con il vettore elettrico. Questo perché consente di decarbonizzare gli usi finali generando emissioni nulle ed essendo prodotto con processi a zero emissioni climalteranti.
In tal modo l’idrogeno può accelerare, in maniera complementare con altre tecnologie, i processi di decarbonizzazione, soprattutto nei settori che ancora oggi contribuiscono maggiormente alle emissioni climalteranti, dall’industria pesante al trasporto pesante e a lunga percorrenza, dal trasporto ferroviario non elettrificato fino al residenziale, per il quale vengono esaminati vari tipi di impieghi in particolare nel riscaldamento. Inoltre, questo elemento chimico è in grado di offrire vantaggi all’intero sistema energetico, garantendone flessibilità e resilienza, appianando i picchi di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e sostenendo in questo modo la crescente diffusione di rinnovabili non programmabili anche grazie alla capacità distintiva di fungere da elemento di congiunzione tra il settore del gas e quello dell’energia elettrica.
Il trasporto, lo stoccaggio e il suo utilizzo presentano molte sinergie con il settore del gas naturale: le attuali infrastrutture gas sono allora da intendersi come un acceleratore che può permettere una più rapida penetrazione e un posizionamento da first-mover per l’Italia e le proprie filiere. L’idrogeno, infatti, possiede il vantaggio di poter essere trasportato facilmente attraverso la rete del gas esistente, che in Italia è particolarmente estesa e capillare rispetto agli altri Paesi europei. Inoltre, lo sviluppo delle tecnologie per la produzione di idrogeno verde e la crescente disponibilità di energia elettrica rinnovabile permetteranno di avere nei prossimi anni una curva di prezzo fortemente discendente per la produzione di idrogeno, il quale raggiungerà livelli di costo competitivi rispetto alle altre alternative.
Non è tutto. L’Italia potrà giocare anche un ruolo da protagonista nella riconversione tecnologica e nel consolidamento della filiera dell’idrogeno nei prossimi anni in virtù di un posizionamento forte in alcuni settori come quello della produzione di tecnologie termiche per l’idrogeno (primo produttore in Europa, con una quota di mercato del 24%), tecnologie meccaniche per l’idrogeno (secondo produttore in Europa, con una quota di mercato del 19%) e tecnologie per la produzione di idrogeno rinnovabile (secondo produttore in Europa, con una quota di mercato del 25%). Per poter beneficiare del potenziale di sviluppo della filiera, l’Italia ha bisogno di investire in ricerca e realizzare un ulteriore salto tecnologico.
Nei diversi scenari di sviluppo ipotizzati, è stato stimato che nel nostro Paese si potrebbe attivare un valore della produzione delle tecnologie afferenti alla filiera dell’idrogeno compreso tra 64 e 111 miliardi di Euro al 2050, grazie anche alle attività di fornitura e subfornitura e all’effetto indotto sui consumi.
Per valorizzare le molteplici opportunità offerte e trarne i massimi benefici, lo studio suggerisce di dotarsi di un piano basato su sei azioni. Elaborare una visione e una strategia di lungo termine; creare un ecosistema dell’innovazione e accelerare lo sviluppo di una filiera industriale dedicata attraverso la riconversione dell’industria esistente e l’attrazione di nuovi investimenti; supportare la produzione di idrogeno decarbonizzato su scala nazionale; promuovere un’ampia diffusione dell’idrogeno nei consumi finali; incentivare lo sviluppo di competenze specialistiche sia per le nuove figure professionali sia per accompagnare la transizione di quelle esistenti. Infine, sensibilizzare l’opinione pubblica e il mondo dell’impresa sui benefici derivanti dall’impiego di questo vettore.